Sul portone c’erano sia un picchiotto di ottone sia un campanello, e io optai per quest’ultimo. Come lo premetti echeggiò uno squillo nell’interno della casa. Aspettai, e poco dopo sentii un rumore di passi che si avvicinavano alla porta.
Poi una catena stridette e finalmente comparve una donna sui trentacinque anni, con l’espressione un po’ seccata. Ma questo non contava. E come potrebbe influire su una visione di assoluta bellezza che viene volteggiando verso di te sulle ali del mattino, mentre il sole fa avvampare di pagliuzze d’oro i suoi capelli? Sembrava che il bellissimo viso ovale fosse incastonato nell’oro. Non posso onestamente asserire che fosse la più bella donna che avessi mai visto. Però era una fra le più belle: su questo non ci sono dubbi.
— Be’? — disse lei, con voce un po’ roca. Ma nemmeno questo poteva guastare la sua bellezza. Nulla poteva guastarla.
Per un momento non riuscii a parlare e, per nascondere la mia confusione, mi misi a frugare nella borsa alla ricerca di una circolare che spiegava il motivo della mia visita. E perché tutti si persuadessero che avrebbero fatto un “saggio acquisto” la circolare invitava il potenziale cliente a sfogliare un volume di quella che, senz’ombra di dubbio, era la miglior enciclopedia del secolo. Ma, non so perché, non riuscivo a pensare agli affari. Quello che desideravo era continuare a guardarla.
Lei cominciava a perdere la pazienza, e stava per chiudere la porta, quando una voce maschile, brusca e acuta, chiamò dall’interno della casa, come se l’uomo non avesse sentito il campanello o volesse dire alla donna di non tardare tanto ad aprire.
Non riuscii ad afferrare le parole, ma lei sì, ne sono certo, perché assunse un’espressione allarmata e fece per sbattermi la porta in faccia.
Ci riuscì, ma non fu abbastanza svelta da impedirmi di sentire quel che diceva l’uomo che, la seconda volta, parlò con voce più chiara.
— Dove sei, donna? Sono sordo e mi sta calando la vista. Abbiamo tardato troppo. Loro sapranno quello che devono fare, ma noi dobbiamo raggiungere la caverna prima che sia troppo tardi.
Sono sicuro che qualunque altro commesso viaggiatore, al mio posto, si sarebbe ben guardato dal suonare il campanello un’altra volta e poi bussare, visto che nessuno apriva. Se ne sarebbe andato subito, mantenendo intatta quel po’ di dignità che gli restava.
Nel giro di un mese, un commesso viaggiatore assiste involontariamente a più di un litigio familiare ed è costretto a sentire parole che gli possono sembrare strane e prive di senso. Le capirebbe però se sapesse il motivo per cui è scoppiata la lite. Di regola ha abbastanza buon senso da rendersene conto, ed evita che quanto ha udito interferisca in qualche modo con il suo rapido e dignitoso congedo. Solo Charles Bellamy doveva allontanarsi dalla regola! Forse sono diverso anche sotto altri aspetti, perché non sono mai stato un tipo accomodante, e non sono capace di disinteressarmi delle cose che sembrano strane e misteriose, lasciando perdere invece di volerle approfondire.
Era probabile che si trattasse di un comunissimo bisticcio familiare, nonostante le strane parole e il brusco, inconfondibile esordio: “Dove sei, donna?” Quando un uomo nutre rancore nei riguardi di sua moglie può accusarla magari anche di farlo diventare cieco e sordo, ma non in quel modo brusco e frenetico, e col sottinteso che erano mali a cui si poteva ovviare… E che cosa voleva dire poi con quelle altre frasi: “Loro sapranno quello che devono fare, ma noi dobbiamo raggiungere la caverna prima che sia troppo tardi”?
Continuai a bussare per un minuto buono e infine rinunciai, persuaso, non so come, che la donna avrebbe riaperto la porta per spiegarsi o addirittura per scusarsi, se ne avesse avuto la possibilità. Non si sbatte la porta in faccia a un visitatore senza dargli alcuna spiegazione, specie quando questi ha ascoltato qualcosa su cui le malelingue cittadine potrebbero avere da spettegolare. Per lei non ero che un venditore di libri, e dare a un uomo, che ha il diritto di essere trattato con cortesia, l’equivalente di uno schiaffone, era una cosa alquanto sciocca da parte di gente appena arrivata in città.
Forse la necessità di calmare e rassicurare il marito era così urgente da impedirle di occuparsi d’altro? O non sapeva cosa dirmi per dare una spiegazione plausibile alle parole di suo marito che parevano le parole di un matto?
Mi voltai, e stavo attraversando il prato tremante d’ira e di delusione, quando vidi il gatto. Era un gattone che portava i segni di molte battaglie; non credo di aver mai visto un gatto così brutto. I suoi occhi verdi scintillavano al sole, e io avevo la sensazione che seguisse attentamente le mie mosse.
Questo, comunque, non mi fece né caldo né freddo… in principio. Un cane dall’aria feroce che ti osserva e brontola quando ti vede camminare su un prato che ritiene suo indiscusso dominio, non può essere ignorato. Ma sebbene anche i gatti possano essere pericolosi, a volte, è difficile che abbiano scatti d’ira a meno che non li si blocchi in un angolo o li si voglia prendere in braccio quando loro non vogliono essere coccolati.
Non mi preoccupai nemmeno quando, superato il cancello arrugginito, mi avviai sul marciapiede e vidi che il gatto mi seguiva. I gatti maltrattati vanno sempre alla ricerca di un nuovo padrone e seguono chiunque mostri di badare a loro. Non avevo motivo di pensare che quel gatto fosse maltrattato, salvo il fatto che la sua eccezionale bruttezza poteva aver indotto un padrone o una padrona — sia pur ben disposti — a essere un po’ bruschi con lui qualche volta. Ma non c’era assolutamente niente di insolito né di preoccupante nel vedersi seguiti da un gatto per un pezzo di strada. Infatti, una volta un gatto mi seguì fino a casa e mamma mi proibì di dargli un piattino di latte perché quando i gatti sentono di poter essere accettati si sistemano in casa come ospiti permanenti.
Ci mancava anche che quella brutta bestia, che mi seguiva a distanza, diventasse ospite permanente in casa mia. Perciò mi costrinsi a proseguire senza incoraggiarlo in alcun modo a seguirmi. Arrivato alla fine dell’isolato, quando attraversai per raggiungere il marciapiede opposto, avevo la sensazione che non fosse scomparso, ma persistetti nella decisione di non voltarmi per averne la conferma. Mi dissi che, se lo ignoravo, probabilmente sarebbe tornato a casa Oakham rassegnandosi a continuare a essere maltrattato, se non dalla sua padrona, da tutti i ragazzini del vicinato dotati di un carattere abbastanza crudele da divertirsi a dare la caccia — e a rendere la vita più difficile — a un gatto così grosso e così brutto.
Finalmente mi decisi a voltarmi, per una volta, e vidi che l’animale continuava a seguirmi. Ormai mi trovavo a tre isolati di distanza dalla casa Oakham e camminavo tanto in fretta che il gatto doveva aver corso per non lasciarsi distanziare. Questo mi colpì molto. Un gatto tanto deciso ad accompagnarmi a casa si comportava più come un cucciolo randagio che come un felino, fermandosi quando mi fermavo, e poi correndomi appresso con tutta la velocità consentita dalle sue zampe.
Affrettai ancora il passo, dicendomi che era divertente essere pedinato da un gattone in cerca di casa, e che non avevo da preoccuparmi. C’erano ben altre cose che mi davano da pensare, compresa la tesi che avrei dovuto finire al più tardi per novembre.
Ero appena arrivato all’angolo successivo quando fui colto da un senso di vertigine, che mi costrinse a fermarmi. Qualche volta mi capitano attacchi simili, ma mai uno così forte come quello che mi aveva colto di sorpresa in strada; era certo molto più preoccupante del gatto. Possibile che il dottor Crowles si fosse sbagliato quando, sottoponendomi a una visita di controllo, in giugno, mi aveva assicurato che ero in ottima forma?