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Finchley si strinse nelle spalle.

«È il nostro lavoro, no?» Prese qualcosa da mangiare, si versò una tazza di caffè, ormai freddo, e cominciò a masticare. «Certo, ammetto di sperare che questo non accada tutte le notti. Ma non riesco a comprendere le intenzioni del nostro uomo.»

Rogers giocherellò nervosamente con il tampone di carta assorbente che si trovava sulla scrivania.

«Dovremmo avere un altro rapporto da un momento all'altro. Forse ha fatto qualcosa.»

«Forse andrà a dormire ai giardini pubblici.»

«Se ci prova, sarà arrestato dalla polizia.»

«E in questo caso? Cosa faremo, se verrà arrestato dalla polizia? Se commetterà un'infrazione perseguibile civilmente?»

«Sarà un'altra complicazione.» Rogers scosse disperatamente il capo, stordito dalla stanchezza. «Ho preso contatti con il capo della polizia di New York. Abbiamo ottenuto una promessa di collaborazione, da quella parte. Ma sarebbe stato inutile diramare l'ordine generale di lasciarlo in pace. La notizia sarebbe trapelata. Abbiamo pensato che, se un'autopattuglia vedrà un uomo dalla testa metallica, avvertirà subito il commissariato di zona; e tutti i commissari hanno ricevuto ordini in merito. Ma se un poliziotto lo arresta per vagabondaggio senza chiedere precedentemente istruzioni, allora tutto potrà andare nel modo peggiore possibile. Potrebbe essere sistemato tutto in un momento, ma potrebbe anche darsi che venisse fatto un verbale, o qualcosa del genere. E allora, tra qualche anno, qualcuno potrebbe frugare tra gli archivi, e imbattersi nella notizia. Non possiamo controllare all'infinito gli editori.» Rogers sospirò. «Spero soltanto che questo accada tra qualche anno.» Abbassò gli occhi, fissando il piano della scrivania. «È un pasticcio. Il mondo non è mai stato preparato alla vista di un uomo senza volto.»

È vero, pensò. Con il solo fatto di essere vivo, mi ha messo in difficoltà dall'inizio. Eccoci qua… tutti noi, la Sicurezza, l'intero Governo delle Nazioni Alleate… impotenti ad agire, perché è impossibile eliminare il problema eliminando l'uomo. Giriamo tutti in circolo, cercando di trovare una risposta. E lui non ha ancora fatto nulla.

Per chissà quale ragione, Rogers pensò, “Commetti un delitto e il mondo sarà fatto di cristallo”. Emerson. Rogers grugnì.

Si udì lo squillo del telefono.

Rogers sollevò il ricevitore e ascoltò.

«Benissimo» disse alla fine «ritorna dal tuo compagno. Farò venire qualcuno a prendere quel foglio. Chiamami non appena il nostro uomo raggiunge la sua destinazione.» Riappese. «Si è mosso» disse a Finchley. «Ha cercato un indirizzo telefonico.»

«Immagini di chi sia?»

«Non ne sono certo…» Rogers aprì l'incartamento riguardante Martino.

«La ragazza» suggerì Finchley «quella che lui frequentava?»

«Può darsi. Se pensa di trovare aiuto. Ma perché ha cercato l'indirizzo? È sempre lo stesso, dal giorno in cui arrivò la partecipazione di matrimonio.»

«Sono passati quindici anni, Shawn. Potrebbe averlo dimenticato.»

«E potrebbe anche non averlo mai saputo.»

E nessuno garantiva che l'uomo fosse diretto all'indirizzo che aveva cercato sull'elenco telefonico. Avrebbe potuto averlo messo da parte, per qualche scopo futuro. Non potevano correre rischi. Tutto doveva essere sicuro. I fascicoli dell'elenco telefonico avrebbero dovuto essere esaminati. Avrebbe potuto esserci qualche indizio… una impronta digitale, se la mano fosse stata sporca, un segno di matita… qualsiasi cosa…

Sei fascicoli dell'elenco telefonico di New York. Dio solo sapeva quante pagine. E avrebbero dovuto controllarle una per una.

«Finch, i tuoi ragazzi devono procurarci sei fascicoli dell'elenco telefonico di New York dell'anno corrente. Usati. Dobbiamo sostituirli ad altri, che controlleremo ed esamineremo in laboratorio. Cerca di sbrigarti.»

Finchley annuì, e allungò la mano verso il telefono.

Un giovanotto stanco, evidentemente per aver compiuto un viaggio, con una valigia abbastanza voluminosa, entrò nella drogheria che si trovava all'angolo della Sesta Avenue con la Settima Strada Ovest.

«Dovrei fare una telefonata» disse al droghiere. «Dov'è il telefono?»

Il droghiere glielo indicò, e il giovanotto riuscì a malapena a entrare, con la sua valigia, nell'angusto spazio che si trovava dietro alle pile di merce. Lasciò cadere la valigia, e vi armeggiò intorno, e il rumore innervosì il droghiere. Ma si trattò di qualche istante.

Quando il giovanotto se ne andò, l'elenco telefonico del droghiere si trovava nella valigia, diretto ai laboratori dell'F.B.I., che avevano già esaminato, senza esito alcuno, il primo foglietto del blocco d'appunti.

Il fascicolo di Manhattan fu esaminato per primo, perché sembrava il più promettente. I tecnici non lo esaminarono pagina dopo pagina. Avevano un elenco dei numeri telefonici di Manhattan, compilato in base agli indirizzi degli abbonati, e così le ricerche partirono, in circoli sempre più ampi, dal negozio del droghiere. Un apparecchio automatico elaborò un elenco degli abbonati più vicini al centro della zona, in ordine alfabetico, e i tecnici cominciarono allora a lavorare sul fascicolo prelevato nella drogheria, servendosi del lavoro precedente per evitare intere colonne tra le quali sarebbe stato assolutamente improbabile trovare quella buona.

Rogers non aveva fornito ai tecnici il nome di Edith Chester, perché non sarebbe servito a niente. Quando i risultati fossero giunti, il loro uomo avrebbe già avuto modo di arrivare a casa della donna. Se era quella la sua destinazione. Inoltre, nulla dimostrava che l'uomo avesse cercato un solo indirizzo. In seguito, sarebbero stati esaminati tutti e sei i fascicoli, e probabilmente non ne sarebbe uscito nulla. Ma bisognava controllare, e in futuro chissà quante ricerche del genere sarebbero capitate.

Commetti un delitto, e il mondo sarà fatto di cristallo.

Edith Chester Hayes viveva in un appartamento sul retro, al secondo piano di un edificio piuttosto antico. Il logorio del tempo si era accanito sulle pareti della casa, costruita più di ottant'anni prima, e le esalazioni delle fabbriche avevano fatto svanire ogni traccia di colore, sostituendolo con un grigio nerastro uniforme e squallido. C'era una porta stretta che si apriva sulla strada, e nell'atrio una fioca lampada diffondeva una luce tenue. L'aspetto dell'edificio era poco incoraggiante.

Rogers lo guardò, dall'interno dell'automobile speciale dell'F.B.I.

«Dovrebbero demolire queste case» disse.

«Lo fanno» rispose Finchley. «Ma le case invecchiano troppo in fretta.» La sua voce era assente, come se lui stesse pensando ad altro con un'intensità tale da fargli quasi dimenticare il mondo esterno. Era seduto sul sedile posteriore della macchina, accanto a Rogers, e si strofinava lentamente la guancia con la mano destra. La sua attenzione non fu risvegliata neppure dall'arrivo di un agente di Rogers, il quale si avvicinò rapidamente alla macchina e si piegò verso il finestrino, dalla parte di Rogers.

«È di sopra, sul pianerottolo del secondo piano, signor Rogers» disse l'agente. «Da quindici minuti, da quando siamo arrivati. Non ha bussato a nessuna porta. Si limita a stare sul pianerottolo, appoggiato alla parete.»

«Non ha neppure suonato un campanello, giù?» domandò Rogers. «Come ha fatto a entrare nell'edificio?»

«In questi edifici non si chiude mai la porta d'ingresso, signor Rogers. Chiunque può entrare quando vuole.»

«Be', quanto tempo può restare lassù? Qualche inquilino lo vedrà, prima o poi. E qualcosa accadrà. E a che serve restare fermo sul pianerottolo?»

«Non saprei, signor Rogers. Nulla di quanto ha fatto durante la giornata ha avuto senso. Ma farà qualcosa prestissimo, magari scenderà dalle scale e ricomincerà a girare avanti e indietro.»

Rogers si chinò verso la parte anteriore della macchina, e posò una mano sulla spalla del tecnico dell'F.B.I. che portava una cuffia, ed era chino su un minuscolo apparecchio radioricevente.