Lucas Martino la vedeva però sotto un aspetto diverso, anche se per qualche tempo non riuscì a spiegarsene il perché. Ma non pensò mai che un laboratorio simile potesse esistere nelle altre scuole del mondo. Era la sua aula di fisica, e le lezioni le faceva il suo professore, nel suo laboratorio. Era il luogo, e doveva essere così; si trovava al posto giusto, e tutto, nell'universo, doveva trovarsi al posto giusto, e in caso contrario, doveva avvicinarsi a esso. E così, quando vi entrava, ogni giorno, si guardava intorno e si avviava al suo posto con un'aria di soddisfazione assoluta e di possesso. In questo modo, Starke lo giudicò un allievo promettente.
Lucas Martino non poteva ignorare un fatto, anche il più banale. Non era in grado di giudicarlo; si limitava a registrarlo, a metterlo da parte, come poteva mettere da parte un pezzo di macchinario trovato sul banco di un'officina, sicuro che un giorno avrebbe trovato qualche altro pezzo al quale il primo si adattava, e insieme avrebbero formato un tutto unico e funzionante. Inoltre, tutto ciò che vedeva veniva da lui giudicato un fatto. Non formulava giudizi, così nulla per lui era banale o privo d'importanza. Tutto ciò che aveva visto e udito in vita sua si trovava registrato in qualche angolo della sua mente. La sua memoria non era fotografica… non gli interessava un'immagine statica del passato… ma comprendeva tutto. Gli altri dicevano che la sua mente era una miniera di strane nozioni. E lui cercava sempre di unire queste cose, per vedere quale meccanismo ne potesse risultare.
In aula, era silenzioso, e rispondeva solo se interrogato. Aveva l'abitudine di dipendere soltanto da se stesso per la soluzione dei suoi problemi, e porre domande di sua spontanea volontà ad altri, per chiedere aiuto… perfino a Starke… gli sembrava assurdo. Era abituato a un ordine naturale delle cose, in cui le risposte fornite erano pochissime. Chiedere aiuto a Starke di aiutarlo, con il suo bagaglio di fatti registrati, gli sembrava sconveniente.
Di conseguenza, i suoi voti registravano balzi e cali imprevedibili. Come tutti i corsi scientifici negli istituti superiori, il corso di fisica di Starke avrebbe dovuto insegnare soltanto la parte principale di una vasta base teorica. Gli allievi dovevano imparare a memoria le leggi e le formule più semplici, come tanti mattoni tolti da una costruzione nebulosa e forse utile. Non ci si attendeva… né ora, né in seguito… che essi potessero sviluppare qualcosa di autonomo, sfruttando quella base. Lucas Martino non riuscì a comprenderlo. L'idea sarebbe stata spiacevole. Lui sapeva che Starke forniva degli indizi, e che lui era ritenuto capace di sviluppare da solo l'intero disegno.
E così a volte arrivava a vedere l'inevitabile conclusione di una lezione dopo le prime frasi, e balzava alla conclusione di un esperimento prima che Starke avesse terminato di sistemare gli apparecchi. Una cosa dopo l'altra, tutto allora andava al giusto posto, e otteneva una struttura distinguibile, uscita dal limbo nebbioso delle idee non sviluppate, degli indizi e dei dati frammentari. Quando ciò accadeva, Martino sperimentava quello che altri avrebbero chiamato “un colpo di genio”.
Ma c'erano delle altre volte, nelle quali le cose sembravano andare a posto, ma solo apparentemente, e allora lui si infilava in un vicolo cieco, alla ricerca di un errore inesplicabile, e compiva degli errori addirittura ridicoli, che nessun altro avrebbe potuto neppure immaginare.
E in questi casi, faticosamente ripercorreva la catena di fatti che lo aveva condotto verso l'errore, esaminandoli uno per volta, alla ricerca del particolare che lo aveva sviato, e a volte riusciva, ritrovando la strada giusta. Ma, quando gli era capitato di costruire una struttura, gli era impossibile dimenticarla del tutto. E così un'altra parte della sua mente era un magazzino pieno di idee interessanti… teorie pazzesche, ma che erano parse solide, in un primo momento. Non sarebbe mai stato, in effetti, un ricercatore ortodosso.
Nel frattempo, Martino continuava a raccogliere fatti.
Starke era ormai un veterano dell'insegnamento. Aveva avuto dei momenti di notorietà, in giovinezza, ma ormai era passato molto tempo, e il ricordo non gli portava più alcun rimpianto. Né trovava l'argomento degno di conversazione. Aveva scoperto molte cose su di sé, e le aveva applicate, nel corso della sua vita.
E aveva trovato interessante Lucas Martino. Si era sentito in dovere di stabilire un legame con il ragazzo. Prima di trovare l'opportunità di parlargli, dovette aspettare diverse settimane, e pur facendo questo, fu costretto a provocarla personalmente. Si comportò goffamente, perché le relazioni sociali non erano il suo forte. Essendo un tipo pratico, non vedeva alcuna utilità nello stabilire relazioni con persone che non rispettava, e lui rispettava pochissime persone.
Lucas stava terminando un'esercitazione, in fondo all'aula, quando Starke si alzò dalla cattedra, attese che gli altri allievi fossero usciti, e si avvicinò al ragazzo.
«Martino…»
Lucas sollevò lo sguardo, sorpreso.
«Sì, signor Starke?»
«Ehm… non appartieni al Circolo della Fisica, vero?»
«No, signore.» Il Circolo della Fisica era un altro pretesto per pubblicare una foto sull'annuario scolastico.
«Be'… Pensavo di fare eseguire degli esperimenti particolari, ai membri del circolo. Non nelle ore di lezione. Dimostrazioni, ricerche, magari. Pensavo che questo potesse interessare tutti gli altri studenti.» Era una costruzione creata sul momento, e Starke si sorprese di fronte alla sua prontezza. «Che ne diresti di partecipare?»
Lucas scosse il capo.
«Mi dispiace, signor Starke. Non ho tempo libero, con la squadra di rugby e il lavoro serale.»
Di solito, Starke non avrebbe ulteriormente insistito, Invece, quella volta disse:
«Andiamo, Martino. Frank Del Bello gioca anche lui nella squadra, eppure appartiene al circolo.»
Chissà perché, Lucas si sentì come se Starke gli stesse toccando un nervo scoperto. Dopotutto, per quanto ne sapeva, la lezione di fisica era importante come le altre, e non aveva nulla di particolare. Malgrado ciò, reagì rapidamente e violentemente:
«Temo che le volgarizzazioni della scienza non mi interessino, signor Starke.» Lasciò immediatamente perdere il fatto che gli veniva offerto: seguire il nuovo programma di Starke, e appartenere al circolo, sembravano due cose diverse. Ma a lui non interessavano le belle disquisizioni dimostrative. Si rendeva conto benissimo del fatto che Starke voleva qualcosa di completamente diverso, e sapeva che, giunto a questo punto, avrebbe insistito, spiegandosi più chiaramente. Così aggiunse: «Non credo che dimostrare, con un semplice esperimento fatto con oggetti comunissimi, il principio della fissione nucleare sia una cosa che abbia a che fare con la fisica. Mi spiace.»
Il momento fu imbarazzante per entrambi. Starke non era abituato a essere interrotto, quando aveva iniziato qualcosa. Lucas Martino viveva di fatti, e i fatti offerti da quella circostanza gli lasciavano una sola posizione da assumere, a suo giudizio. Si trattava, veramente, di un conflitto di volontà, che si studiavano a vicenda, sapendo che lo scontro avrebbe potuto essere violento, se non fossero riuscite a trovare un punto neutrale nel quale incontrarsi.
«Che ne pensi, tu, della fisica, Martino?»
Lucas imboccò la via di scampo che gli veniva offerta, felice; e si accorse che era una via molto più lunga del previsto.