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La bomba ingrandiva. Adesso Rodrigo riusciva a vedere l'antenna parabolica girata verso l'invisibile Mercurio. Lungo il raggio emesso dall'antenna, l'immagine dello scooter che si avvicinava era stata inviata da almeno tre minuti, alla velocità della luce. Ancora due minuti e poi sarebbe arrivata su Mercurio.

Cosa avrebbero fatto gli hermiani vedendola? Ovviamente sarebbero rimasti costernati. Si sarebbero subito resi conto che la bomba era stata raggiunta alcuni minuti prima che loro ne venissero informati. Forse, l'addetto all'osservazione avrebbe avvertito i suoi superiori, e così sarebbe passato altro tempo. Ma anche nella peggiore delle ipotesi, considerando che l'incaricato di turno avesse la facoltà di premere il pulsante per far esplodere immediatamente la bomba, il segnale sarebbe arrivato non prima di cinque minuti.

Sebbene Rodrigo non fosse disposto a scommetterci (i Cosmocristiani non scommettevano e non praticavano giochi d'azzardo), era però sicuro che non ci sarebbe stata una reazione istantanea. Gli hermiani ci avrebbero pensato due volte prima di distruggere un ricognitore proveniente dalla Endeavour, anche se sospettavano i motivi del suo viaggio. Prima, avrebbero tentato in qualche modo di mettersi in contatto… e così sarebbe passato qualche altro minuto.

Ma c'era una ulteriore ragione valida, per supporre che non avrebbero fatto esplodere subito la bomba. Perché sprecare tanti megaton per un piccolo scooter? Esplodendo a cinquanta chilometri dal bersaglio prefisso non gli avrebbe arrecato il minimo danno. Dovevano muoverla, avvicinarla di più, prima… Oh, aveva tutto il tempo che gli occorreva, e anche di più. Ma doveva continuare a comportarsi come se l'impulso che avrebbe dato il via alla detonazione stesse arrivando nel minor tempo possibile, cioè cinque minuti.

Quando lo scooter fu a poche centinaia di metri dal missile, Rodrigo riconobbe i particolari che aveva studiato sulle foto scattate dalla Endeavour. Quella che era stata una serie di immagini diventò solido metallo e plastica. Non era più un'astronave, ma la dura realtà.

La bomba era un cilindro lungo una decina di metri con un diametro di tre, per singolare coincidenza erano pressappoco le stesse proporzioni di Rama. Era collegata al telaio del veicolo portante da un graticcio aperto. Per qualche motivo, dovuto probabilmente alla posizione interna della massa, era collocata ad angolo retto rispetto all'asse del veicolo portante, così da somigliare in modo sinistramente appropriato a una testa di martello. E infatti era un martello, tanto potente da poter schiacciare un mondo.

Dalle due estremità della bomba correva lungo il fianco del cilindro un grosso intreccio di cavi che, attraverso il graticcio, sparivano all'interno del veicolo. Lì dentro, infatti, c'erano tutti i comandi e i sistemi di comunicazione. Sulla bomba vera e propria non c'erano antenne. A Rodrigo sarebbe bastato tagliare quei due fasci di cavi, e poi sarebbe rimasta solo una massa di metallo inerte e innocuo.

Sebbene fosse esattamente quello che si era aspettato, gli sembrava fin troppo facile. Guardò l'ora: ancora trenta secondi prima che gli hermiani (posto che lo scooter fosse stato avvistato appena oltrepassato l'orlo di Rama) venissero a sapere della sua esistenza. Quindi poteva contare su cinque minuti sicuri di lavoro ininterrotto, e, con una probabilità del novanta per cento, anche su qualcuno di più.

Appena lo scooter si fu fermato, Rodrigo lo agganciò al telaio del missile. Fu un'operazione rapida, che gli portò via solo dieci secondi. Aveva già scelto gli utensili e si districò dal sedile di guida un po' impacciato dalla pesante tuta rigida anti-radiazioni.

La prima cosa che si trovò davanti fu una targhetta di metallo con incisa questa iscrizione:

Ministero
dell'energia e della tecnica
Sezione D
47 Sunset Boulevard
Vulcanopolis, 17464
Per informazioni
rivolgersi a Henry K. Jones

Rodrigo pensò che fra pochi minuti il signor Jones avrebbe avuto parecchio da fare. Mentre tagliava il primo fascio di cavi, Rodrigo non si soffermò a pensare che il suo gesto avrebbe potuto scatenare un inferno. Se la bomba era innescata in modo da esplodere in caso di sabotaggio, non avrebbe nemmeno avuto il tempo di accorgersene. Guardò l'ora. Era passato solo un minuto, quindi era in anticipo sull'orario. Adesso doveva mettere fuori uso quelli che correvano lungo la fiancata opposta, e poi avrebbe potuto tornarsene a casa sotto gli occhi furibondi degli hermiani, delusi e impotenti.

Stava per attaccare il secondo fascio quando avvertì una leggera vibrazione sul metallo che stava toccando. Sorpreso, si voltò a guardare.

Si erano accesi i razzi che controllavano l'assetto del missile e dagli ugelli usciva la caratteristica vampata violacea. La bomba stava apprestandosi a partire.

Il messaggio di Mercurio era breve, ma agghiacciante. Arrivò due minuti dopo che Rodrigo era scomparso oltre la curva di Rama.

Al Comandante della Endeavour dal Controllo Spaziale di Mercurio - Avete un'ora di tempo dal momento in cui avrete ricevuto questo messaggio, per allontanarvi da Rama. Consigliamo la massima accelerazione nel senso della rotazione dell'asse. Confermate di aver ricevuto — Fine del messaggio.

Norton lo lesse, dapprima con incredulità, poi con rabbia. Provò l'impulso puerile di rispondere che tutto l'equipaggio era all'interno di Rama e che ci sarebbero volute ore per completare il rientro di tutti gli uomini a bordo della Endeavour. Ma non avrebbe ottenuto niente… salvo, forse, mettere alla prova i nervi e la cocciutaggine degli hermiani.

Ma come mai avevano deciso di agire parecchi giorni prima del perielio? Si chiese se la pressione sempre crescente dell'opinione pubblica non cominciasse a diventare eccessiva, per cui avevano deciso di mettere l'umanità davanti a un fatto compiuto. Come spiegazione, era alquanto improbabile, perché tanta sensibilità non si confaceva al carattere degli hermiani.

Non aveva modo di richiamare Rodrigo, perché in quel momento le comunicazioni radio con lo scooter erano bloccate dalla massa di Rama, e avrebbero potuto riprendere solo quando fosse stato di nuovo visibile. E cioè a missione compiuta… o fallita.

Non gli restava che aspettare. Disponeva ancora di cinquanta minuti abbondanti. Intanto doveva decidere cosa rispondere a Mercurio: avrebbe ignorato il messaggio, lasciando l'iniziativa agli hermiani.

Quando la bomba cominciò a muoversi, la prima sensazione di Rodrigo non fu la paura, ma qualcosa di molto più sconvolgente. Era sua ferma convinzione che l'universo operasse secondo leggi ben definite, a cui nemmeno Dio poteva disobbedire… figuriamoci poi gli hermiani. Nessun messaggio poteva viaggiare a una velocità superiore a quella della luce, e lui aveva un vantaggio di cinque minuti su Mercurio.

Quindi, non poteva trattarsi che di una coincidenza, fantastica e forse mortale, ma solo una coincidenza. Per caso, era stavo inviato un segnale alla bomba più o meno nello stesso momento in cui lui aveva lasciata la Endeavour, e mentre lui aveva coperto una distanza di cinquanta chilometri, il messaggio ne aveva superati ottanta milioni.

O forse si trattava solo di una variazione automatica di assetto, che serviva a controbilanciare il surriscaldamento di qualche apparecchiatura del veicolo portante. In alcuni punti, la temperatura della superficie esterna si avvicinava ai millecinquecento gradi, e lui aveva fatto tutto il possibile per rimanere sempre nelle zone d'ombra.

I retrorazzi si accesero una seconda volta, per controllare la rotazione impartita dalla prima spinta. No, qui non si trattava di un semplice aggiustamento termico. La bomba si stava orientando per puntare verso Rama. Inutile chiedersene il perché, in quel momento. Ma c'era una cosa che giocava a suo favore. Il missile era un congegno a bassa accelerazione, il massimo che poteva raggiungere era un decimo di g. Poteva restarci aggrappato.