Выбрать главу

Seguì una lunga pausa, e infine Norton trasmise: — Il mio contatore non funziona bene.

Un lento sorriso si diffuse sulla faccia di Mercer: — Supera il cinquanta per cento, non è così?

— Sì. Cosa significa?

— Che possiamo toglierci subito le maschere. Non è una bella cosa?

— Mah… mi sembra fin troppo bella per essere vera — ribatté Norton imitando il tono sempre dubbioso di Mercer. Non occorreva dire di più. Come tutti gli spaziali, Norton dubitava delle cose che sembrano troppo belle per essere vere.

Mercer socchiuse il visore del casco, e annusò cauto. Per la prima volta, a quell'altezza, l'aria era perfettamente respirabile. L'odore stantio di chiuso era scomparso, e così pure l'eccessiva aridità che in passato aveva provocato, in molti, disturbi respiratori. L'umidità era salita dell'ottanta per cento. Merito di tutto questo era indubbiamente lo scioglimento dei ghiacci. L'aria era calda e afosa, come in una sera estiva o su una costa tropicale, ma non sgradevole. Il clima all'interno di Rama aveva subito un mutamento enorme, negli ultimi giorni.

Perché? L'aumento dell'umidità non era un problema, invece era più difficile da spiegare quello dell'ossigeno. Mentre iniziavano la discesa, Mercer cominciò a fare una serie di calcoli mentali. Quando entrarono nello strato di nuvole non era ancora arrivato a un risultato soddisfacente.

Il passaggio fu brusco e sconvolgente. Un momento prima scivolavano rapidi sulla ringhiera nell'aria limpida, e subito dopo si erano trovati immersi in una nebbia bianca che riduceva la visibilità a pochi metri. Mercer frenò così rapidamente che per poco Calvert non andò a sbattergli contro facendolo ruzzolare dalla ringhiera.

— Rallentate — disse Mercer ai compagni, — e accorciate le distanze in modo che possiamo sempre tenerci d'occhio. E non accelerate, perché può darsi che debba frenare ancora di colpo.

Continuarono a scivolare in silenzio nella nebbia. Calvert riusciva appena a intravedere Mercer come un'ombra indistinta dieci metri dietro di lui. In un certo senso era ancora peggio della discesa al buio, perché allora c'era sempre il riflettore a illuminare il percorso, mentre adesso era come trovarsi in mezzo a un banco di nebbia in alto mare.

A un tratto, Mercer si fermò di nuovo, e quando gli altri lo ebbero raggiunto, bisbigliò: — Non sentite qualcosa?

— Sì — disse Myron dopo un istante. — Mi pare il rumore del vento.

Calvert non era altrettanto sicuro. Tese le orecchie, girando la testa per tentare di localizzare la direzione del leggero mormorio che avevano sentito nella nebbia, ma abbandonò ben presto l'inutile tentativo.

Quando furono arrivati al quinto livello, il rumore, che era cresciuto con intensità regolare, diventò nostalgicamente familiare. — Non lo riconoscete? — chiese Myron.

Avrebbero dovuto identificarlo già da tempo, ma era un rumore che nessuno di loro aveva pensato di sentire lontano dalla Terra. Nella nebbia, da un punto tuttora imprecisato, veniva il rombo di una cascata.

Pochi attimi dopo lo strato di nebbia finì, bruscamente come era cominciato e il gruppo si trovò nella luce abbagliante del giorno ramano, resa ancora più vivida dal riflesso delle nuvole basse.

Si fermarono alla quinta e penultima piattaforma per riferire che erano usciti dalla nebbia e per esaminare attentamcnte il panorama. Per quanto potevano vedere, nella pianura tutto era rimasto immutato, ma sulla volta a nord Rama aveva prodotto un'altra meraviglia.

Quella era dunque l'origine del rumore che avevano sentito. A tre o quattro chilometri di distanza, precipitando da un punto nascosto fra le nuvole, c'era una cascata che rimasero a guardare attoniti, in silenzio, rifiutandosi di credere ai propri occhi. La logica insegna che su un mondo rotante nessun oggetto può cadere in linea retta, ma c'era qualcosa di orrendamente innaturale in una cascata d'acqua curva che si piegava di lato per finire a parecchi chilometri dal punto immediatamente sottostante a quello da dove cadeva.

— Se Galileo fosse nato qui — disse Mercer — sarebbe impazzito cercando di enunciare le leggi della dinamica.

— Io credevo di conoscerle — replicò Calvert, — ma mi sembra lo stesso di impazzire. E tu non ti senti sconvolto, professore?

— Perché mai? — ribatté Myron. — È una dimostrazione perfetta dell'effetto di Coriolis. Vorrei che i miei studenti potessero vederla.

Mercer stava fissando pensosamente la fascia del Mare Cilindrico.

— Avete notato l'acqua? — chiese poi.

— Davvero! Non è più azzurra. Sembra verde pisello, no? Cosa significa?

— Penso che Laura definirebbe questo mare un brodo organico. Prima era in letargo, e adesso si è svegliato.

— In due giorni! Ma sulla Terra ci sono voluti milioni di anni!

— Trecentosettantacinque milioni, secondo le ultime valutazioni. Ecco dunque da dove viene l'ossigeno! Rama è passato attraverso lo stadio anaerobico e ha prodotto vegetali fotosintetici nel giro di quarantott'ore… Chissà cosa produrrà domani?

22

Arrivati ai piedi della scala ebbero un altro trauma. Sulle prime sembrava che qualcuno avesse devastato l'accampamento, rovesciando tutto e spargendo ovunque gli oggetti più disparati, ma dopo un breve esame si accorsero che non mancava niente: il solo colpevole di tutto quel caos era il vento. Prima di andarsene avevano fermato con corde tutti gli oggetti più leggeri, ma alcune dovevano essersi spezzate sotto l'impeto delle raffiche più violente. Impiegarono diversi giorni a raccogliere tutto. Per il resto niente era cambiato. Era tornato anche il silenzio opprimente di Rama, ora che gli effimeri temporali primaverili erano finiti. E al limite della pianura si stendeva un mare calmo in attesa della prima imbarcazione che lo solcasse da milioni e milioni di anni.

— Non dovremmo battezzare la barca con una bottiglia di champagne?

— Anche se ne avessimo, non permetterei mai uno spreco così criminale. E del resto è ormai troppo tardi. L'abbiamo già varata.

— Se non altro galleggia. Hai vinto la scommessa, Jimmy. Pagherò appena tornati sulla Terra.

— Però un nome bisogna darglielo. Cosa proponete?

Il soggetto di questi commenti poco lusinghieri si cullava attraccato all'ultimo gradino che lambiva il Mare Cilindrico. Era una piccola zattera, costruita con sei grossi contenitori vuoti tenuti insieme da un'intelaiatura di metallo. Per trasportare il materiale necessario al campo Alfa, costruirla e trainarla attraverso dieci chilometri di pianura dopo averla montata su ruote, tutto l'equipaggio aveva lavorato per parecchi giorni. Ma ne era valsa la pena. Le enigmatiche torri di New York che brillavano nella vivida luce al centro del mare, li avevano tentati fin dal primo momento. Erano sicuri che la città, o qualsiasi altra cosa potesse essere, era il cuore di Rama. Se non potevano riuscire ad altro dovevano almeno fare tutto il possibile per raggiungere New York.

— Come la battezziamo? Comandante, cosa proponete?

Norton rise, ma tornò subito serio: — Ho trovato il nome. Chiamatela Resolution.

— Perché?

— Si chiamava così una delle navi del capitano Cook. È un nome propizio. Mi auguro che le porti fortuna.

La sergente Barnes, responsabile principale del progetto ed esperta di navigazione sul mare, chiese tre volontari. Tutti i presenti alzarono la mano.

— Mi spiace, ma abbiamo solo quattro salvagente. Boris, Jimmy, Peter… voi siete abbastanza esperti di barche. Vediamo come se la cava questa.

Ruby Barnes era solo sergente della Flotta Spaziale, ma era l'unica a possedere un diploma di capitano di lungo corso, quindi non c'era niente di strano che il comando dell'imbarcazione fosse affidato a lei. Aveva attraversato il Pacifico a bordo di un trimarano, e cinque chilometri di mare calmo non dovevano presentare troppe difficoltà alla sua abilità di navigatrice.