Rodrigo, dopo essere sbarcato dall'astronave, si voltò indietro solo una volta. Vide che, secondo quanto deciso, si era sollevata lievemente, spostandosi dall'asse centrale e veniva dolcemente sospinta attraverso il disco rotante della Faccia Nord. Quando lui avrebbe raggiunto la bomba, la Endeavour si sarebbe trovata al riparo dietro lo spessore di Rama.
Quando Rodrigo ebbe percorso tutta la superficie della Faccia Nord e oltrepassato l'orlo di Rama, vide il missile che scintillava all'abbagliante luce del Sole. Rodrigo aveva già inserito i dati per la guida automatica, e in pochi secondi lo scooter ruotò sui suoi giroscopi e raggiunse la velocità massima. Sulle prime, Rodrigo si sentì opprimere dalla sensazione di peso, ma ci si adattò subito. Dopo tutto, all'interno di Rama, aveva sopportato una forza di gravità doppia, e sulla Terra, dov'era nato, l'attrazione gravitazionale era tre volte superiore.
L'enorme curva del cilindro lungo cinquanta chilometri si stava allontanando lentamente sotto di lui mentre lo scooter si avvicinava alla bomba. Tuttavia era impossibile calcolare le dimensioni di Rama perché era completamente liscio, e così uniforme che si riusciva appena a notare il suo moto rotatorio.
A cento secondi dal decollo si trovò a metà strada. La bomba era ancora troppo lontana per poterne distinguere i particolari, ma la sua lucentezza era aumentata sullo sfondo del cielo. Faceva uno strano effetto non vedere le stelle, nemmeno la luminosa Terra o l'accecante Venere. I filtri scuri che proteggevano gli occhi di Rodrigo dal bagliore mortale impedivano di vedere i corpi meno luminosi. Nessuno aveva volato così vicino al Sole come lui, in missione extraveicolare. Per fortuna era un periodo di attività solare ridotta.
A due minuti e dieci secondi, si accese il segnale di fine-spinta, il motore si spense e lo scooter compì una rotazione di 180°. Adesso stava rallentando, pur continuando a procedere a grandissima velocità. La bomba distava cinquanta chilometri. L'avrebbe raggiunta in due minuti. Aveva raggiunto una punta massima di millecinquecento chilometri orari, il che, per uno scooter spaziale, era pura follìa, e certo aveva battuto un altro record, oltre quello della vicinanza al Sole.
La bomba ingrandiva. Adesso Rodrigo riusciva a vedere l'antenna parabolica girata verso l'invisibile Mercurio. Lungo il raggio emesso dall'antenna, l'immagine dello scooter che si avvicinava era stata inviata da almeno tre minuti, alla velocità della luce. Ancora due minuti e poi sarebbe arrivata su Mercurio.
Cosa avrebbero fatto gli hermiani vedendola? Ovviamente sarebbero rimasti costernati. Si sarebbero subito resi conto che la bomba era stata raggiunta alcuni minuti prima che loro ne venissero informati. Forse, l'addetto all'osservazione avrebbe avvertito i suoi superiori, e così sarebbe passato altro tempo. Ma anche nella peggiore delle ipotesi, considerando che l'incaricato di turno avesse la facoltà di premere il pulsante per far esplodere immediatamente la bomba, il segnale sarebbe arrivato non prima di cinque minuti.
Sebbene Rodrigo non fosse disposto a scommetterci (i Cosmocristiani non scommettevano e non praticavano giochi d'azzardo), era però sicuro che non ci sarebbe stata una reazione istantanea. Gli hermiani ci avrebbero pensato due volte prima di distruggere un ricognitore proveniente dalla Endeavour, anche se sospettavano i motivi del suo viaggio. Prima, avrebbero tentato in qualche modo di mettersi in contatto… e così sarebbe passato qualche altro minuto.
Ma c'era una ulteriore ragione valida, per supporre che non avrebbero fatto esplodere subito la bomba. Perché sprecare tanti megaton per un piccolo scooter? Esplodendo a cinquanta chilometri dal bersaglio prefisso non gli avrebbe arrecato il minimo danno. Dovevano muoverla, avvicinarla di più, prima… Oh, aveva tutto il tempo che gli occorreva, e anche di più. Ma doveva continuare a comportarsi come se l'impulso che avrebbe dato il via alla detonazione stesse arrivando nel minor tempo possibile, cioè cinque minuti.
Quando lo scooter fu a poche centinaia di metri dal missile, Rodrigo riconobbe i particolari che aveva studiato sulle foto scattate dalla Endeavour. Quella che era stata una serie di immagini diventò solido metallo e plastica. Non era più un'astronave, ma la dura realtà.
La bomba era un cilindro lungo una decina di metri con un diametro di tre, per singolare coincidenza erano pressappoco le stesse proporzioni di Rama. Era collegata al telaio del veicolo portante da un graticcio aperto. Per qualche motivo, dovuto probabilmente alla posizione interna della massa, era collocata ad angolo retto rispetto all'asse del veicolo portante, così da somigliare in modo sinistramente appropriato a una testa di martello. E infatti era un martello, tanto potente da poter schiacciare un mondo.
Dalle due estremità della bomba correva lungo il fianco del cilindro un grosso intreccio di cavi che, attraverso il graticcio, sparivano all'interno del veicolo. Lì dentro, infatti, c'erano tutti i comandi e i sistemi di comunicazione. Sulla bomba vera e propria non c'erano antenne. A Rodrigo sarebbe bastato tagliare quei due fasci di cavi, e poi sarebbe rimasta solo una massa di metallo inerte e innocuo.
Sebbene fosse esattamente quello che si era aspettato, gli sembrava fin troppo facile. Guardò l'ora: ancora trenta secondi prima che gli hermiani (posto che lo scooter fosse stato avvistato appena oltrepassato l'orlo di Rama) venissero a sapere della sua esistenza. Quindi poteva contare su cinque minuti sicuri di lavoro ininterrotto, e, con una probabilità del novanta per cento, anche su qualcuno di più.
Appena lo scooter si fu fermato, Rodrigo lo agganciò al telaio del missile. Fu un'operazione rapida, che gli portò via solo dieci secondi. Aveva già scelto gli utensili e si districò dal sedile di guida un po' impacciato dalla pesante tuta rigida anti-radiazioni.
La prima cosa che si trovò davanti fu una targhetta di metallo con incisa questa iscrizione:
Rodrigo pensò che fra pochi minuti il signor Jones avrebbe avuto parecchio da fare. Mentre tagliava il primo fascio di cavi, Rodrigo non si soffermò a pensare che il suo gesto avrebbe potuto scatenare un inferno. Se la bomba era innescata in modo da esplodere in caso di sabotaggio, non avrebbe nemmeno avuto il tempo di accorgersene. Guardò l'ora. Era passato solo un minuto, quindi era in anticipo sull'orario. Adesso doveva mettere fuori uso quelli che correvano lungo la fiancata opposta, e poi avrebbe potuto tornarsene a casa sotto gli occhi furibondi degli hermiani, delusi e impotenti.
Stava per attaccare il secondo fascio quando avvertì una leggera vibrazione sul metallo che stava toccando. Sorpreso, si voltò a guardare.
Si erano accesi i razzi che controllavano l'assetto del missile e dagli ugelli usciva la caratteristica vampata violacea. La bomba stava apprestandosi a partire.
Il messaggio di Mercurio era breve, ma agghiacciante. Arrivò due minuti dopo che Rodrigo era scomparso oltre la curva di Rama.
Al Comandante della Endeavour dal Controllo Spaziale di Mercurio - Avete un'ora di tempo dal momento in cui avrete ricevuto questo messaggio, per allontanarvi da Rama. Consigliamo la massima accelerazione nel senso della rotazione dell'asse. Confermate di aver ricevuto — Fine del messaggio.
Norton lo lesse, dapprima con incredulità, poi con rabbia. Provò l'impulso puerile di rispondere che tutto l'equipaggio era all'interno di Rama e che ci sarebbero volute ore per completare il rientro di tutti gli uomini a bordo della Endeavour. Ma non avrebbe ottenuto niente… salvo, forse, mettere alla prova i nervi e la cocciutaggine degli hermiani.