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Fredric Brown

Incubo di Vargas

1. Cadavere a cinque vite

Tutto ebbe inizio come un semplice caso di omicidio. Questo era già un guaio in se stesso, perché era il primo omicidio che si verificava nei cinque anni da che Rod Caquer era tenente di polizia nel Settore Tre di Callisto.

Il Settore Tre era orgoglioso di quel record, o almeno lo era stato finché quel record era andato a pallino.

Ma prima che la faccenda venisse chiusa, nessuno sarebbe stato più felice di Rod Caquer se quel caso fosse rimasto appunto un semplice caso di omicidio… senza ripercussioni cosmiche.

Tutto cominciò quando il cicalino di Rod Caquer gli fece alzare lo sguardo verso il videoschermo, su cui era comparsa l’immagine di Barr Maxon, Reggente del Settore Tre.

— Buongiorno, Reggente. — disse Caquer in tono allegro. — Bel discorso quello che lei ha tenuto ieri sera al…

Maxon gli tagliò la frase a metà. — Grazie, Caquer, — rispose. — Lei conosce Willem Deem?

— Il proprietario del negozio di libri e bobine? Si, abbastanza.

— È morto, — annunciò Maxon. — Sembra che si tratti di un delitto. Sarà meglio che lei corra là.

La sua immagine sparì dallo schermo prima che Caquer potesse fargli delle domande. Ma tanto le domande potevano aspettare. Adesso era già in piedi e si stava affibbiando la daga.

Un delitto su Callisto? Non sembrava davvero possibile, ma se era davvero successo, allora doveva sbrigarsi ad arrivare sul luogo. Di corsa, se voleva avere il tempo di dare un’occhiata al corpo prima che lo portassero all’inceneritore.

Su Callisto i corpi non vengono mai conservati per più di un’ora dopo la morte a causa delle spore di hylra che, sia pure in minute quantità, sono sempre presenti in quell’atmosfera così rarefatta. Naturalmente queste spore sono innocue per i tessuti vivi, ma accelerano tremendamente il ritmo di putrefazione di qualsiasi materia animale morta.

Quando il tenente Caquer arrivò, senza fiato, al negozio di libri e bobine, dalla porta stava uscendo il dottor Skidder, il Medico Capo.

Il medico indicò col pollice qualcosa alle sue spalle. — Meglio che si sbrighi se vuole dare un’occhiata, — disse a Caquer. — Lo stanno portando via dal retro. Ma ho esaminato…

Caquer gli passò davanti di corsa e raggiunse gli uomini in uniforme bianca del Servizio Sanitario proprio sulla porta posteriore del negozio.

— Salve, ragazzi, lasciatemi dare un’occhiata, — gridò Caquer mentre tirava indietro il lenzuolo che copriva la cosa stesa sulla barella.

La vista del cadavere gli diede un leggero voltastomaco, ma non c’erano dubbi sull’identità del cadavere né sulla causa della morte. Purtroppo aveva sperato invano, contro ogni ragionevole speranza, che si potesse trattare di una morte accidentale, dopo tutto. Ma quel cranio era stato spaccato in due fino alle sopracciglia… un colpo inferto da un uomo molto forte con una pesante daga.

— Meglio che ci lasci andare, tenente. È già passata quasi un’ora da quando l’hanno trovato.

Il naso di Caquer confermò quelle parole e il tenente ricoprì rapidamente il corpo con il lenzuolo, mentre gli uomini del Servizio Sanitario lo trasferivano a bordo del lucente furgoncino bianco parcheggiato appena fuori della porta.

Il tenente ritornò nel negozio, pensieroso, e si guardò attorno. Tutto sembrava in ordine. Le lunghe scansie di merci cellofanate erano in perfetto ordine. La fila di cabine sull’altro lato, alcune munite di ingranditore per i clienti dei libri e altri di proiettori per coloro che erano interessati ai microfilm, erano tutte vuote e silenziose.

Davanti alla porta si era raccolta una piccola folla di curiosi, ma Brager, uno dei poliziotti, li stava tenendo alla larga.

— Ehi, Brager, — disse Caquer e l’agente entrò nel negozio chiudendo dietro di sé la porta.

— Sì, tenente?

— Lei ne sa niente? Chi l’ha trovato, e quando, e così via?

— L’ho trovato io, quasi un’ora fa. Stavo passando di qua durante il giro di pattuglia quando ho sentito lo sparo.

Caquer lo guardò senza espressione.

— Lo sparo? — ripeté.

— Sì. Sono corso dentro e l’ho visto steso a terra, morto. Non c’era nessun altro nel negozio. Io sapevo che non era uscito nessuno dall’entrata principale così sono corso sul retro, ma anche dalla porta posteriore non ho visto nessuno. Così sono tornato indietro e ho telefonato.

— A chi? Perché non mi hai chiamato immediatamente, Brager?

— Mi spiace, tenente, ma ero così agitato che ho premuto il pulsante sbagliato e ho chiamato il Reggente. Gli ho detto che qualcuno aveva sparato a Deem e lui mi ha detto di rimanere di guardia, che avrebbe pensato lui a chiamare il medico, e quelli del Servizio Sanitario e lei.

In quell’ordine? si chiese Caquer. Evidentemente sì, perché lui era stato l’ultimo ad arrivare.

Ma lasciò perdere quella questione per qualcosa di più importante… il fatto di Brager che aveva sentito uno sparo. Questo non aveva senso, a meno che… no, anche quello era assurdo. Se qualcuno aveva sparato a Willem Deem, il Medico non gli avrebbe certo spaccato in due il cranio per fargli l’autopsia.

— Come sarebbe a dire che ha sentito uno sparo, Brager? — chiese Caquer. — Si riferisce proprio a un’arma esplosiva di vecchio tipo?

— Sì, — rispose Brager. — Non ha visto il cadavere? Un foro proprio sopra il cuore. Un foro di pallottola, direi. Non ne avevo mai visto uno prima d’ora. Non sapevo che ci fosse un’arma da fuoco su Callisto. Le avevano messe al bando ancora prima dei disintegratori.

Caquer fece un lento cenno d’assenso.

— Lei… lei non ha visto segni di altre… uh… ferite? — insistette.

— Per la Terra, no! Perché avrebbero dovuto esserci altre ferite? Un foro dritto nel cuore di un uomo è più che sufficiente per ucciderlo, non trova?

— Dov’è andato il dottor Skidder quando è uscito di qui? — indagò Caquer. — Gliel’ha detto?

— Sì, ha detto che lei avrebbe voluto vedere il suo rapporto, perciò sarebbe tornato in ufficio e avrebbe aspettato che lei lo raggiungesse o gli telefonasse. Cosa vuole fare, tenente?

Caquer rifletté un attimo.

— Vada alla porta accanto e usi il visifono di là, Brager… questo serve a me, — disse alla fine Caquer. — Si procuri altri tre uomini e poi voi quattro passate al setaccio questo isolato e interrogate tutti.

— Vuol dire che vuole sapere se hanno visto qualcuno correre fuori dal retro, se hanno sentito uno sparo eccetera eccetera? — chiese Brager.

— Sì. E anche tutto quello che possono sapere su Deem, o su chi poteva avere una ragione per… sparargli.

Brager salutò e uscì.

Caquer si collegò col dottor Skidder. — Pronto, dottore, — disse. — Mi dica tutto.

— Niente di più di quello che si vedeva subito a occhio, Rod. Disintegratore, naturalmente. A distanza ravvicinata.

Il tenente Rod Caquer cercò di non cadere. — Me lo ripeta, dottore.

— Che le prende, — brontolò Skidder. — Mai visto un morto da disintegratore prima d’ora? Ma forse no, Rod, lei è troppo giovane. Ma cinquant’anni fa, quando io ero ancora studente, di tanto in tanto ce n’era qualcuno.

— Com’è che è morto?

Il dottor Skidder apparve sorpreso. — Oh, ma allora non ha fatto in tempo a raggiungere gli uomini del Servizio Sanitario. Un colpo alla spalla sinistra, ha bruciato tutta la pelle e la carne, carbonizzando l’osso. In effetti la morte è sopraggiunta per chock… il colpo in se stesso non aveva raggiunto una zona vitale. Non che la bruciatura non sarebbe stata fatale, però. Ma lo chock ha provocato una morte istantanea.

I sogni sono proprio così, sì disse Caquer.

In sogno le cose avvengono senza una logica, pensò, ma adesso io non sto sognando. Questa è la realtà.