Alla stazione di polizia, il tenente Caquer trovò il tenente Borgesen sull’orlo di un colpo apoplettico.
Borgesen fissò Caquer.
— Lei! — esclamò. Poi aggiunse in tono piagnucoloso: — Il mondo è tutto quanto impazzito. Senta, è stato Brager a scoprire William Deem, no? Alle dieci di ieri mattina? Ed è rimasto di guardia mentre lei, Skidder e quelli del Servizio Sanitario eravate là, non è così?
— Sì, e allora? — chiese Caquer.
L’espressione di Bergesen mostrò quanto fosse turbato da quegli avvenimenti.
— Niente, assolutamente niente, solo che Brager era da ieri mattina in ospedale, dalle nove alle undici, per farsi curare una caviglia slogata. Quindi non poteva essere nel negozio di Deem. Ci sono sette tra medici, infermieri e personale vario pronti a giurare che a quell’ora Brager era in ospedale.
Caquer corrugò la fronte.
— Oggi quando mi ha aiutato a perquisire il negozio di Deem, zoppicava, infatti, — disse. — Che dice Brager?
— Dice che era là, voglio dire nel negozio di Deem, e che ha scoperto il corpo del libraio. Noi però abbiamo scoperto il contrario del tutto accidentalmente… sempre che sia il contrario. Rod, mi sento impazzire. E pensare che avevo la possibilità di fare il pompiere o lo spaziale e mi sono scelto questo divino mestiere. Ha scoperto qualcosa di nuovo?
— Può darsi. Ma prima voglio chiederle una cosa, Borg. Riguardo quei nove imbecilli che sono stati arrestati. Qualcuno ha cercato di identificarli…
— Quelli, — lo interruppe Borgesen. — Li ho lasciati andare.
Caquer fissò assolutamente sbalordito il viso sanguigno del tenente di notturna.
— Li ha lasciati andare? — ripeté. — Ma non poteva farlo legalmente. Erano state elevate delle cause contro di loro. Senza un processo non poteva metterli in libertà.
— Balle. L’ho fatto e me ne assumerò la responsabilità. Senta, Rod, loro avevano ragione, non è vero?
— Cosa?
— Certo. La gente ha il diritto di venire messa al corrente di quanto succede nel Settore Due. Bisogna farli scendere di qualche pianerottolo quei palloni gonfiati e noi siamo gli unici che possono farlo. Il quartier generale di Callisto dovrebbe essere qui. Ascolti, Rod, un Callisto unito potrebbe impadronirsi anche di Ganimede.
— Borg, hanno trasmesso qualcosa per televisione stasera? Qualcuno ha fatto qualche discorso che lei ha ascoltato?
— Certo, non l’ha sentito? Il nostro amico Skidder. Deve averlo fatto mentre lei veniva qui perché tutti gli apparecchi televisivi si sono accesi automaticamente… era una trasmissione generale.
— Ed è stato suggerito qualcosa in particolare, Borg? Qualcosa riguardo il Settore Due e Ganimede, roba del genere?
— Certo, c’è una riunione generale domattina alle dieci. In piazza. Dovremmo andarci tutti; ci sarà anche lei, vero?
— Sì, — rispose il tenente Caquer. — Temo di sì. Adesso devo scappare, Borg.
6. Un viso troppo familiare
Rod Caquer sapeva cosa era successo adesso. E l’ultima cosa che voleva fare era di rimanere alla stazione di polizia ad ascoltare Borgesen che parlava sotto l’influenza di quella che sembrava appunto una Ruota di Vargas. Nient’altro, assolutamente nient’altro avrebbe potuto indurre il tenente Borgesen a parlare così come aveva parlato. Sì, il professor Gordon aveva proprio fatto centro. Nient’altro avrebbe potuto provocare quei risultati.
Caquer camminò alla cieca in quella notte rischiarata solo dalla massa di Giove, passando davanti all’edificio in cui si trovava il suo appartamento. Non voleva andarci.
Le strade della Città Settore Tre sembravano affollate per essere un’ora così tarda. Tarda? Gettò un’occhiata all’orologio e fischiò leggermente. Non era più sera ormai. Erano le due del mattino e di norma le strade avrebbero dovuto essere assolutamente deserte.
Ma stasera non lo erano. La gente vagava per le vie, da sola o a gruppi, e tutti camminavano in un silenzio soprannaturale. Si sentiva uno scalpiccio di piedi, ma neanche un mormorio di voce. Neppure…
Sussurri! Qualcosa in quelle strade e in quella gente fece ricordare a Rod Caquer il suo sogno della notte prima. Solo adesso capì che non era un sogno. Né lui aveva camminato da sonnambulo, almeno come si intende normalmente.
Si era vestito. Era scivolato fuori di casa. Anche le luci dei lampioni erano spente e questo significava che gli addetti avevano disertato i loro posti. Come gli altri, anche loro vagavano tra la folla.
— Uccidi… Uccidi… uccidi… tu li odi… — Un brivido scese giù per la spina dorsale di Caquer quando si rese conto cosa significasse il fatto che il sogno della notte precedente fosse stato realtà. Questo era un fatto al cui confronto perdeva perfino di significato l’assassinio di un piccolo proprietario di un negozio di libri e bobine.
Questo era qualcosa che stava afferrando tutta una città, qualcosa che poteva sconvolgere un mondo, qualcosa che poteva condurre a un incredibile terrore e a un carnaio su una scala quale mai si era conosciuta da dopo il ventiquattresimo secolo. E tutto aveva avuto inizio con un semplice caso di omicidio!
In fondo alla strada, Rod Caquer udì la voce di un uomo che arringava la folla. Una voce frenetica, stridula per il fanatismo; allora corse fino all’angolo e giratolo si trovò ai bordi di una massa di gente che premeva attorno a un uomo che parlava dall’alto di una fuga di gradini.
— …e io vi dico che domani è il giorno. Adesso abbiamo perfino il Reggente dalla nostra parte e non sarà necessario deporlo. Ci sono uomini che stasera lavoreranno tutta notte per preparare le cose e dopo la riunione in piazza di domattina, noi…
— Ehi! — gridò Rod Cauquer. L’uomo smise di parlare e si volse per guardare in direzione di Rod, e anche la folla si voltò lentamente, quasi all’unisono, per fissarlo.
— Lei è in…
Poi Caquer si accorse che il suo era solo un futile gesto.
Non fu il fatto che l’uomo si avventasse verso di lui che lo convinse di questo. Non temeva la violenza. Anzi l’avrebbe accolta anche con sollievo come una liberazione da quel terrore soprannaturale, avrebbe accolto con piacere l’occasione di distribuire piattonate attorno a sé con la daga.
Ma dietro l’oratore c’era un uomo in uniforme… Brager. E Caquer ricordò in quel momento che anche Borgesen, ora a capo della stazione di polizia, stava dall’altra parte. Come avrebbe potuto arrestare l’oratore quando poi Borgesen, forte della sua autorità, si sarebbe rifiutato di convalidare l’arresto? E a che sarebbe servito dare il via a dei disordini che potevano costare cari a persone innocenti che non agivano di volontà propria, ma sotto l’insidiosa influenza che gli aveva descritto il professor Gordon?
Con la mano sulla spada, rinculò. Nessuno lo seguì. Come automi si voltarono tutti verso l’oratore che riprese l’arringa, come se non fosse mai stato interrotto. L’agente Brager non si era mosso, non aveva neppure guardato nella direzione del suo collega superiore in grado. Lui solo tra tutti non si era voltato sentendo il grido di sfida di Caquer.
Il tenente Caquer si affrettò ad avviarsi nella direzione in cui stava andando quando aveva sentito l’oratore. Così sarebbe arrivato in centro. Avrebbe trovato un locale aperto dove usare un visifono e avrebbe chiamato il Coordinatore di Settore. Questo era un caso di emergenza.
Certo chi aveva la Ruota di Vargas non aveva ancora esteso la propria attività al di là dei confini del Settore Tre.
Il tenente trovò un ristorante notturno, aperto ma deserto. La luce era accesa, ma non c’erano in giro camerieri, né c’era il cassiere dietro il registratore. Allora entrò nella cabina del visifono e premette il pulsante per avere il centralino delle chiamate interurbane. Quasi immediatamente sullo schermo comparve l’operatrice.