«Dove, colonnello?»
«Spaceways Hotel… e sono soltanto maggiore» disse lui, riprendendo a recitare la sua parte. «Grazie per la promozione.»
«Non c’è di che, maggiore.»
I potenti motori rombarono. L’elicottero si sollevò e cercò il suo livello, seguendo le istruzioni del computer centrale sepolto nelle viscere della città. Harris chiuse gli occhi e si abbandonò contro il cuscino, che aveva un odore leggermente aspro. Il velivolo era vecchio, in cattivo stato. Harris ascoltò il mormorio indistinto della voce del calcolatore.
Non aveva mai pensato che una città potesse essere così grande. Su Darruu, la popolazione degli agglomerati urbani era limitata, da una legge antichissima, a tre milioni di persone, e nessuna città superava quel numero di abitanti. Naturalmente, poiché tutti gli agglomerati urbani erano vecchi di millenni, ciò dimostrava che l’incremento demografico si era ben stabilizzato. Negli ultimi millecinquecento anni, nessuna città nuova era stata fondata sul pianeta, e quelle già esistenti avevano raggiunto il numero di abitanti prestabilito. Chi voleva trasferirsi da un centro urbano a un altro doveva ottenere una licenza. Non era molto difficile ottenerla, perché c’era sempre un certo numero di persone che andavano e venivano, così il limite della popolazione non superava mai i tre milioni.
Ma se si voleva mettere al mondo un figlio, era un altro conto. Le nascite dovevano osservare un certo rapporto rispetto ai decessi. E la morte arrivava tardi, su Darruu. C’erano coppie costrette a sprecare in attesa inutile tutto il loro periodo di fertilità senza riuscire a ottenere la licenza di procreare a causa di un aumento della longevità.
Comunque, questo non riguardava Aar Khiilom. In quanto Servo dello Spirito, non aveva il diritto di riprodursi. Era un sacrificio liberamente scelto.
Non aveva obiezioni particolari su questo sistema demografico. Secondo lui era buono. Dava stabilità al pianeta, incoraggiava l’emigrazione verso i mondi-colonia ed evitava che gli agglomerati urbani crescessero alla rinfusa come quello che vedeva ora sotto di sé. Provava un senso di ripugnanza, guardando dagli oblò dell’elitassì la città sottostante; la città sconfinata; la città di venti, trenta e forse anche cinquanta milioni di abitanti; la città che si protendeva in lunghe file grigie fino all’orizzonte.
Trovava inconcepibile che una metropoli fosse così grande, e che si potesse volare per cinquanta minuti in elitassì senza uscirne. E non l’aveva neppure percorsa da un’estremità all’altra. No. Era semplicemente andato da una propaggine a sud-est, a un punto vicino al cuore della città stessa… e ci aveva impiegato quasi un’ora, percorrendo quindi centinaia di chilometri.
Ora stavano scendendo.
L’elitassì sorvolava in cerchi sempre più stretti la rampa di atterraggio dello Spaceways Hotel. Harris pagò il pilota, entrò immediatamente nell’albergo e salì in camera sua.
Azionò il comunicatore a breve raggio e attese fino a quando la voce metallica dell’altoparlante disse in codice: «Qui Carver.»
«Parla Harris.»
«Siete fuggito?»
«Be’, non proprio. Mi hanno liberato spontaneamente.»
«Come avete fatto?»
«È una storia lunga. Siete riuscito a localizzare l’edificio dove mi tenevano rinchiuso?»
«Sì. Perché vi hanno lasciato andare?» insisté Carver.
Harris rise. «In seguito alle loro insistenze, ho promesso di diventare agente segreto di Medlin. La mia prima missione» continuò in tono ameno, «è di assassinarvi.»
La risata che uscì dall’altoparlante non era del tutto allegra. «È una barzelletta?» chiese Carver.
«È la verità.»
«Avete acconsentito ad assassinarmi?»
«Prima voi, poi gli altri.»
Carver fece una pausa. «E va bene, Harris» disse poi. «Riferitemi dettagliatamente quello che vi è successo dopo che ci siamo incontrati al club stanotte.»
«Sono tornato all’albergo. Sono andato nella camera di Beth Baldwin con l’intenzione di farla fuori, ma lei era pronta e mi aspettava. È venuta ad aprirmi con un annientatore in pugno.»
«Cosa?»
«Gli agenti di Medlin sanno tutto, Carver. Proprio tutto. Sono sempre avanti a noi in ogni cosa. Ho strappato l’arma alla ragazza, ma lei aveva una stordi-pistola e mi ha tramortito. Ha detto che mi aveva seguito fin dall’inizio, che sapeva la ragione per cui mi trovavo lì da lei e che era al corrente di ogni particolare della missione darruuese sulla Terra. Ci dev’essere stata una fuga di notizie, Carver.»
«Impossibile.»
«Davvero? Sentite: sanno in quanti siamo. Beth mi ha detto chiaro e tondo che ci sono solamente dieci agenti di Darruu sulla Terra.»
«Ha tirato a indovinare.»
«Può darsi. Però sapeva il mio nome. Sapeva il mio nome, Carver! Mi ha chiamato Aar Khiilom! Anche in questo ha tirato a indovinare?»
L’altro rimase in silenzio.
«Carver? Non vi sento più.»
«Questo non può proprio averlo indovinato» disse lui, perplesso. «Non esistono documenti che possano avervi tradito.»
«Ve l’ho già detto. Sanno tutto. Sanno anche dell’interruzione del circuito della memoria.»
«Impossibile. È assolutamente impossibile che possano sapere una cosa simile.»
Harris cominciava a seccarsi. Cercò di dominarsi e chiese col tono più calmo che gli riuscì di ottenere: «Avete deciso di non credermi?»
«Vi credo, ma non capisco.»
«E pensate che io ci capisca qualcosa, invece?»
«Va bene. Che altro è accaduto stanotte?»
«Dopo avermi stordito, mi ha portato al quartier generale di Medlin. È un edificio sotterraneo, all’altra estremità della città. Quando mi sono riavuto, mi ha presentato altri due collaboratori. Un medlinese travestito di nome Coburn e un terrestre di dimensioni gigantesche che dice di chiamarsi David Wrynn.»
«Coburn è sul nostro elenco» confermò Carver. «È dei servizi segreti di Medlin. Invece non so niente di quel Wrynn. Probabilmente è davvero un terrestre.»
«Poi la ragazza ha cominciato a raccontarmi la storia fantastica di una specie di Super-Terrestri che loro vogliono aiutare a crescere.» Harris riferì in breve quello che gli aveva detto Beth sulla sedicente specie di mutanti. «Mi hanno chiesto di aiutarli in questa nobile causa.»
«E avete accettato?»
«Ma certo! Solo così mi hanno lasciato andare e mi hanno affidato la prima missione.»
«Che sarebbe?»
«Eliminare tutti gli agenti di Darruu esistenti sulla Terra, voi per primo.»
«Gli altri sono ben sparpagliati» disse Carver.
«Non ne dubito. Ma a quanto pare i Medlinesi sanno perfettamente dove si trovano. Conoscono ogni fase dell’operazione, da cima a fondo. Meglio appurare da dove sono uscite tutte queste informazioni segrete, Carver. Uno dei vostri uomini ci ha tradito.»
Carver rimase in silenzio per un poco. «C’è una cosa sola da fare ora» disse poi. «Accelerare l’attuazione del programma e colpire subito. La sorpresa può forse compensare la posizione di svantaggio in cui siamo venuti a trovarci. Assalteremo il quartier generale medlinese e uccideremo tutti quelli che potremo. Credete che si fidino davvero di voi?»
«Difficile dirlo. Sono propenso a credere che non si fidino per niente e che mi stiano usando come esca in una trappola molto complicata.»
«È probabile. Be’, abboccheremo all’esca. Solo che non potranno manipolarci a loro piacere, una volta che ci avranno preso.»
«Non sottovalutateli, Carver.»
«No. Ma non dobbiamo neanche sottovalutare la nostra forza. Non sottovalutate voi stesso, Harris. Ricordate che siamo Servi dello Spirito. Non conta niente, questo? Che cosa sono in fin dei conti un centinaio di Medlinesi se paragonati a noi?»
Harris chiuse gli occhi. Il suo corpo moriva di fame, e in quel momento — dopo avere constatato da vicino quali fossero le facoltà dei Medlinesi — non si sentiva così imbevuto del sacro fervore religioso che animava Carver.