Выбрать главу

«Sì» disse senza molta convinzione. «Sì. Non dobbiamo dimenticarlo.»

Carver troncò il collegamento. Lui ripose di nuovo l’attrezzatura e la guardò scivolare e sparire nel nascondiglio.

La seconda operazione in programma sulla sua agenda era una lunga permanenza sotto la doccia molecolare. L’attrito calmante delle particelle molecolari danzanti non solo asportò il sudiciume della notte passata in prigionia, ma liberò anche il suo corpo dai veleni della fatica, lasciandolo più pronto ad affrontare i nuovi tranelli dei Medlinesi.

Poi venne la prima colazione. Indossò un uniforme fresca di bucato e scese da basso, al ristorante dell’albergo, dove fece un pasto di stile terrestre, a base di succo di frutta, panini caldi, pancetta affumicata e caffè. Nonostante l’appetito, il cibo gli sembrò completamente insipido. Gli acidi corrosivi della paura inibivano il suo apparato digerente.

Tornò in camera, si chiuse dentro e si gettò, stanco, sul letto. Era sfinito e profondamente turbato.

Superuomini pensò.

Tirava fuori quell’argomento per la centesima volta, da due ore a quella parte…

Conveniva ai Medlinesi allevare e nutrire un potenziale conquistatore galattico?

No, no, mille volte no!

I Terrestri erano già abbastanza pericolosi così, e non era proprio il caso di accentuarne la forza e le facoltà. Benché nella galassia la supremazia restasse ancora divisa, come prima, tra Darruu e Medlin — la lama a doppio taglio che spaccava in due l’universo da millenni — i Terrestri, in quei trecento anni di contatto con le altre specie galattiche più antiche, avevano fatto passi da gigante verso le possibilità di raggiungere un posto importante nell’economia universale.

Trecento anni non erano che un breve momento nella storia galattica. Ce n’erano voluti dieci volte tanti perché Darruu riuscisse a espandersi e a creare delle colonie. La fase attiva del conflitto darruu-medlinese si era protratta durante tutto il periodo in cui la civiltà della Terra era in corso di formazione. La fase attuale — ovvero inattiva — era iniziata quando i Terrestri usavano ancora veicoli a trazione animale per i trasporti.

Eppure solo tre secoli erano trascorsi da quando la prima nave terrestre aveva superato la barriera della luce, e già gli uomini avevano fondato colonie fino a metà galassia, spingendosi fino alle oscure propaggini dell’ammasso di stelle. I Corpi di Espansione Interstellare, a cui lui, sotto le spoglie di Abner Harris, fingeva di appartenere, avevano installato colonie della Terra, indiscriminatamente, su tutti i mondi deserti e abitabili della galassia che non fossero già stati rivendicati da Darruu e da Medlin… Compresi alcuni che questi due antichi pianeti avevano dichiarato inabitabili per le specie che respiravano ossigeno.

E i Medlinesi, gli antichi nemici del suo popolo, la razza che gli avevano sempre insegnato a considerare come l’incarnazione del male, aiutavano i Terrestri ad attuare un piano di sviluppo che li avrebbe portati assai più in là di dove erano mai giunti gli abitanti di Darruu o dello stesso Medlin.

Ridicolo pensò.

Nessuna razza, coscientemente, agevola, coltiva e incrementa con entusiasmo la propria distruzione, neppure una razza di stupidi. E i Medlinesi erano tutt’altro che stupidi.

Comunque, non certo stupidi al punto da lasciarmi libero fidandosi solo della mia promessa di trasformarmi in traditore e di collaborare con loro pensò.

E scosse la testa, sconcertato.

Dopo un poco si alzò, prese la preziosa fiaschetta di vino di Darruu, la stappò e versò una piccola quantità di quel nettare in un bicchiere. Lo tenne stretto nella mano per un momento interminabile, scaldandolo, per poterne sentire l’aroma.

Infine lo portò alle labbra e si concesse una sorsata, quasi con rimorso. In un primo momento, gustare il vino scuro e vellutato del suo mondo natale lo calmò un poco, ma poi la dolorosa nostalgia di casa divenne insopportabile.

Chiuse gli occhi e si raffigurò le vigne di Moruum Tiira, che maturavano lentamente nelle nebbie purpuree dell’estate. Era nato nel paese del vino. Ricordava le cantine della casa di suo nonno, con le botti vecchie di un secolo e più, allineate in lunghe file polverose. Solo in occasioni particolari da quelle botti si prelevava il vino. Il giorno in cui lui era diventato maggiorenne, gli avevano permesso di assaggiare un vino pigiato: in quel periodo i Terrestri erano ancora legati al loro pianeta. Nel giorno della potatura dell’albero piantato alla sua nascita, il nonno gli aveva fatto assaggiare l’acquavite purissima e bruciante che distillava lui stesso. E quando era stato ammesso nei ranghi dei Servi dello Spirito… solo allora il vino era fluito liberamente. Vino vecchio, vino nuovo. Una notte felice che non avrebbe scordato mai.

Ora, su Darruu, i grappoli pendevano, pesanti, dalle viti: gonfi di zucchero, maturi, quasi pronti a fermentare. Presto sarebbe stato il tempo della vendemmia. Qualche settimana dopo, le prime bottiglie di vino nuovo avrebbero raggiunto le botteghe, e a Moruum Tiira si sarebbero tenuti i riti del rendimento di grazie, col vino che scorreva come acqua in lode dello Spirito che aveva concesso il dono dell’estate, mentre le donne si sarebbero concesse a tutti senza restrizione e l’allegria avrebbe regnato dappertutto.

Per la prima volta lui non avrebbe gustato il vino nuovo quando aveva ancora l’aroma della giovinezza. Su Darruu certo stavano riunendosi per pronunciare il verdetto sulla produzione dell’annata. Ma l’’avrebbero fatto senza di lui. Lui non avrebbe preso parte all’allegria generale, quell’anno, e forse mai più avrebbe gustato le gioie della vendemmia. Altri ne avrebbero approfittato al posto suo. Mentre io mi trovo qui, su un pianeta straniero, vestito di una strana pelle e invischiato nelle trame dei perfidi Medlinesi pensò.

Aggrottò la fronte e mandò giù un altro sorso per calmare la pena che gli stringeva il cuore.

6

Una giornata interminabile, di inattività logorante per i nervi, ebbe inizio.

Harris attese per tutta la mattina un messaggio di Carver, ma non ricevette niente. Neanche gli agenti di Medlin si erano messi in contatto con lui. Verso mezzogiorno percorse il corridoio fino alla camera di Beth Baldwin, ma quando suonò, nessuno andò ad aprire.

Scese nell’atrio dell’ingresso e si recò al bureau. «Vorrei lasciare un messaggio per la signorina Baldwin» disse.

«Che stanza, signore?»

«Cinque-otto-due-zero.»

L’impiegato controllò il quadro. «Spiacente, signore. La camera è libera dalle prime ore di oggi.»

Harris tamburellò nervosamente con le dita sul piano della scrivania, pensando con tristezza che cominciava a trovare naturali perfino i gesti che nei Terrestri tradivano irritazione e impazienza. «Ha lasciato per caso il suo nuovo indirizzo?»

Un’altra occhiata al quadro.

«No, signore. Mi spiace.»

Harris sospirò. «Va bene. Grazie, comunque.»

Se ne andò. Pensò che era logico che lei avesse troncato ogni legame a quel modo. Era rimasta in albergo quel tanto che bastava per entrare in contatto con lui. A missione compiuta, era sparita senza lasciare tracce.

Pensò con rammarico che, dopo tutto, gli sarebbe piaciuto poter fare quell’esperimento biologico con lei. Un pensiero perverso, perché Beth — sotto l’involucro di carne — era un’abitante di Medlin. Ma per quanto lei fosse medlinese, il corpo di lui, di Harris, adesso era sintonizzato sulla Terra e l’intero sistema ghiandolare aveva subito modifiche e adattamenti. Per questo sarebbe stata un’esperienza interessante.

Be’, non era più il caso di pensarci. Tanto meglio, comunque. Unirsi a un nemico era sempre un delitto contro lo Spirito, a prescindere dal tipo di corpo di cui si era rivestiti.