Il corpo si rilassò. I veleni prodotti dalla tensione nervosa abbandonarono il suo organismo, col passare delle ore. Il primo spettacolo finì, e dallo schienale della poltroncina di fronte una voce lo avvertì che poteva procurarsi qualcosa da bere senza muoversi dal suo posto, infilando monete in varie fessure. Ma lui non aveva sete.
Dopo un po’, cominciò il secondo spettacolo. Era anche più stupido del primo, ma Harris lo guardò con interesse, affascinato dalla splendente vitalità delle immagini vivide, che sembravano tanto vere da poterle toccare. Infine ritrovò completamente la calma, e la parte razionale della sua mente riprese il sopravvento.
Gli hai fatto un bel servizio disse a se stesso, con disprezzo. Ora Carver saprà che hai tentato di ucciderlo e ti inseguirà. O ti tenderà un’imboscata quando meno te l’aspetti. Hai sprecato l’occasione buona.
Si aspettava qualche rimprovero del mutante telepate. Ma ci fu solo silenzio. Non lo aveva più sentito da quando, nel vicolo, era stato avvertito che quello era il momento di agire. Poi… più niente, come se non valesse la pena di mantenersi in contatto con lui.
Harris si alzò. Uscì dal teatro, fuori, nelle tenebre.
Era passata la mezzanotte, ormai. Le strade erano abbastanza tranquille. Camminò, guardingo, fino alla rampa degli elitassì.
«Spaceways Hotel» disse. E si sistemò per il lungo tragitto.
Quando scese dalla rampa e attraversò la strada per entrare nell’albergo, si guardò ancora intorno in tutte le direzioni.
Il segnale del comunicatore incorporato nella sua carne non si era fatto sentire da quando aveva lasciato Carver nel vicolo. Brutto segno. Perché Carver non aveva cercato di mettersi in contatto con lui per una spiegazione? Aveva semplicemente deciso di avvicinarlo ed eliminarlo senza una parola?
Sigillò la porta della sua stanza. Nessuno poteva entrare ora, a sua insaputa.
Prese la bottiglia di vino darruuese. Era quasi vuota, ormai. Ne aveva bevuto troppo la notte precedente. Con la mano che gli tremava un poco, se ne versò una piccola quantità e la sorseggiò come se fosse un elisir di lunga vita.
Il comunicatore chiamò.
Lui si affrettò a rispondere, nervosamente. Era Carver.
«Dove siete finito?» chiese Carver, con violenza. «Cosa è successo?»
«Ho avuto paura.»
«Paura? E vi sembra una parola che possa usare un Servo dello Spirito? Ditemi che cosa è successo.»
«Siete svenuto» improvvisò Harris. «Il robot vi ha portato fuori, nel vicolo. Ho creduto che vi avessero avvelenato o qualcosa del genere, e che i Medlinesi fossero vicini. Così mi è sembrato che la cosa migliore fosse darsela a gambe.»
«E piantarmi lì?»
«Non sarebbe servito alla causa di Darruu lasciarci catturare o uccidere entrambi» osservò Harris. Si stava rilassando rapidamente. Sembrava che Carver non sospettasse la causa reale dello svenimento. A meno che non stesse recitando.
«Dove siete, adesso?» chiese Carver.
«Nella mia camera, all’albergo.»
«Venite immediatamente in sede.»
«A quest’ora?»
«Immediatamente.»
Poi Carver soggiunse: «Il vostro comportamento è stato molto strano, maggiore. Molto strano davvero.»
«Ho ucciso cinque Medlinesi, stasera» replicò Harris. «Non posso riposarmi un po’?»
«Vi aspettiamo entro un’ora.» E Carver troncò il contatto.
Harris si strinse la testa fra le mani. Stava male. Aveva fatto troppe cose negli ultimi giorni, aveva percorso troppa strada. Voleva semplicemente riposare… riposare…
Ma non c’era requie per lui. Si alzò in piedi, sfinito. Il pensiero di attraversare la città per recarsi in quell’edificio roso dalle intemperie lo riempiva di cattivi presentimenti. Aveva la sensazione di andare verso la morte che lo aspettava nella stanza polverosa di un quartiere in piena decadenza.
Scese da basso e uscì dall’ascensore come un cadavere ambulante. Gli sembrava di avere trascorso tutta quella settimana salendo e scendendo dagli elitassì, sfrecciando da una parte della metropoli all’altra. Si sentiva sfinito e coi nervi a fior di pelle. Fece cenno al portiere di chiamargli un elicottero.
Una figura uscita da chissà dove gli si avvicinò, sussurrandogli piano: «Non ci siete riuscito, vero?»
Lui si girò di scatto, aspettandosi il colpo d’un assassino.
«Beth!»
Lei sorrise. Si era cambiata di nuovo, indossava la vestaglia seducente: era tornata ad essere la splendida creatura che lui aveva conosciuto il primo giorno del suo arrivo sulla Terra. La fissò. I loro sguardi s’incrociarono e lui rivide alcuni dei ricordi di Beth.
Arrossì. Era in possesso della sua personalità, conosceva i segreti più intimi della sua anima. Non aveva il coraggio di fissarla negli occhi.
«Avevate già in mano la pistola» disse la ragazza. «Che cosa è successo?»
«Mi è mancato il coraggio. Non ero pronto.»
«Forse vi abbiamo forzato troppo.»
«Forse.»
Un fattorino d’albergo si avvicinò. «L’elitassì aspetta sulla rampa, maggiore.»
Harris annuì e diede una moneta al ragazzo.
«Dove andate, ora?» chiese Beth.
«Da Carver. Mi ha chiamato.»
«Dove?»
«Al quartier generale darruuese. Fuori, tra le case più povere.»
«Siete armato?»
«Certo.»
«Vi uccideranno, Abner. Sospettano di voi. Ma prima devono accalappiarvi con uno stratagemma. Il dispositivo subsonico innestato nel vostro fianco vi protegge da ogni attacco. Nessuno può avvicinarsi a oltre un metro di distanza contro la vostra volontà. Così vi tendono un’imboscata. Ho pensato che vi facesse comodo saperlo.»
Lui annuì. «Me lo immaginavo.»
«Ancora una cosa» disse lei. «Una cosa importante.»
«Sì?»
«Abbiamo intercettato un messaggio. Altri dodici Darruuesi stanno viaggiando verso la Terra. Arriveranno scaglionati nei prossimi due mesi.»
«E con questo?»
«Il nostro compito diventerà più difficile. Dovremo acciuffarli appena arrivati… sradicarli. Non dobbiamo lasciarli attecchire qui. Potremo cominciare stanotte, però, se ci aiuterete.»
«Cercherò.»
Lei gli afferrò una mano, la trattenne un momento, la strinse. Harris ricambiò la stretta. Non provava più ripugnanza pensando che sotto a morbida pelle rosea stava a corteccia ruvida di una medlinese. Le aveva visto dentro, ormai, nell’intimo, e non poteva più odiarla.
«Attento» mormorò la ragazza. «Contiamo su di voi. Venite nella nostra sede, quando tutto sarà finito. Vi aspetteremo là.»
«Beth…»
Ma era troppo tardi. Lei era sparita, rapidamente come era apparsa. Harris sentì all’improvviso un pulsare doloroso sotto lo sterno, Pensò che i Medlinesi non lo avevano abbandonato. Non erano disgustati per la sua vigliaccheria, perché non aveva ucciso Carver quando gli era capitata l’occasione di farlo. Capivano — Beth, almeno, capiva — che una trasformazione simile non poteva verificarsi in un istante, che lui doveva annaspare verso la luce, avanzando a zig-zag nel buio.
Uscì e salì sull’elicottero. Diede l’indirizzo al pilota, poi si appoggiò allo schienale e attese che il velivolo si alzasse nell’aria.
A quell’ora il quartiere dove i Darruuesi avevano la loro sede era ancora più deserto del solito. Non si vedeva anima viva. Harris s’incamminò cautamente verso l’edificio malandato, aspettandosi da un momento all’altro un’imboscata. Il cuore gli batteva all’impazzata. Non era normale temere la propria gente… Pensò che non si era ancora abituato al pensiero di doversi difendere dai Servi dello Spirito.