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Lei gli guardava ancora i capelli biondi, e disse, come se la faccenda non la riguardasse, Se vuoi che resti facciamolo restare.

Lui stava dicendo, Potrei lavorare in cambio.

Va bene, dissi io, potrai restare finché non ti sarai ripreso.

Il cuore mi batteva forte. Un uomo, pensai. Un uomo. Come posso spiegarlo? Era come essere tornata giovane, ad averlo lì. Guardai Maude e vidi nei suoi occhi qualcosa del genere, fame e speranza, e pensai, Sei nostro adesso, Arnold, sei tutto nostro. Ti nutriremo, ci prenderemo cura di te, e se vorrai uscire ti lasceremo uscire, ma non ti lasceremo mai andare via.

Solo finché non si calmeranno le acque, stava dicendo.

Maude ebbe uno strano sorriso. Solo finché non si calmeranno le acque.

Bene, si mise a nevicare subito dopo buio, quel pomeriggio, perché quando ci svegliammo la casa era circondata. Dissi, Meno male che hai portato dentro la carne Maude, e lei guardò fuori, stava ancora cadendo la neve e non dava alcun segno di voler smettere, guardò fuori e disse, Immagino di sì.

Lui dormiva ancora, e dormì per tutto il giorno, e verso sera si trascinò da basso e sognò sopra un piatto del mio stufato di coniglio, io stavo lavando i piatti, e quando mi voltai lo stufato era sparito, i panini erano spariti e tutti gli avanzi nella pentola erano spariti, e per un momento ebbi paura, perché il cibo spariva troppo in fretta, poi arrivò Maude e mi sibilò, Si sta mangiando tutto, e io gli guardai le mani scure e il collo delicato e dissi, Non importa, Maude, è giovane e forte, e se restiamo senza cibo potrà uscire anche con la neve e cacciare. Quando ci voltammo di nuovo a guardare se n’era andato, fra un sogno e l’altro si era mangiato mezza torta poi era tornato a letto.

La mattina seguente si alzò prima che fosse giorno, e mentre stavamo seduti attorno al tavolo della cucina pensai a com’era bello avere un uomo in casa, potevo guardarlo e immaginare qualunque cosa volessi. Poi si alzò e disse, Sentite vorrei ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me, devo andare adesso e io dissi, Non puoi, e lui disse, Ho da fare, sono stato qui abbastanza, ma io gli dissi, Non puoi, e lo portai alla finestra. Il sole ormai si era alzato, e si vedeva la neve che arrivava quasi fino al davanzale della finestra come ogni inverno, e gli alberi erano tutti ricoperti, e si vedeva il sole che faceva scintillare la neve e io dissi, Com’è bella la neve, e lui alzò le spalle e disse, Immagino che dovrò aspettare finché non si liberi un po’. Gli toccai la spalla. Penso di sì. Non gli dissi che non sarebbe mai andato via, fino a primavera inoltrata; ma forse lui lo indovinò, comunque aveva un’aria così triste che gli diedi la tabacchiera d’argento di mio padre per consolarlo.

Divideva il suo tempo fra Maude e me, giocava con lei a tavola mulino e la faceva ridere tanto che lei gli diede i suoi orecchini con le perle e la spilla che papà le aveva portato da Quebec. Io gli diedi la spilla da cravatta coi diamanti di mio padre, perché gli piaceva molto, e per Natale gli regalammo i cammei e il bastone da passeggio di papà con l’impugnatura d’oro. Maude si prese il raffreddore l’ultimo giorno dell’anno, e così noi due passammo la sera insieme, io preparai del vino brulé e lui appese un po’ di gioielli della mamma al lampadario, e li faceva girare. Accendemmo le candele e la radio, che trasmetteva l’ultimo dell’anno a Times Square e la Festa da ballo di qualcuno, andai a versarmi un’altra tazza di vino e lui mise la sua mano sopra la mia mentre prendevo la bottiglia, e sapevo che una volta tanto le mie labbra erano rosse e il giorno seguente gli regalai il cappotto di papà col collo di pelo.

Immagino che Maude abbia sospettato che c’era qualcosa fra noi, perché aveva un’aria cupa e cattiva quando le portai il brodo, a pranzo, e disse, Dov’eri a colazione e io dissi, Maude è il primo dell’anno, avevo voglia di dormire di più, una volta tanto. Lei non mi stette neanche a sentire. Sei stata con lui. Pensai, se vuole credere una cosa del genere che lo creda pure, e feci gli occhi assonnati e dissi, Dovevamo inaugurare l’anno nuovo, non ti pare? In due giorni era già alzata, non ho mai visto nessuno uscire dal letto così in fretta dopo un’influenza. Immagino che non sopportasse l’idea di non poter vedere ogni tanto cosa facevamo. Poi mi ammalai io e mi accorsi che tortura doveva essere stata per lei, a non potersi muovere dal letto, chiamavo Maude in continuazione, e certe volte veniva, certe altre no, e quando finalmente veniva su le chiedevo, Maude dove sei stata e lei ridacchiava e non rispondeva. C’era sempre carne, arrosti e braciole e polli in fricassea, e quando le dicevo, Maude non ci resterà più niente, lei sorrideva e diceva, Voglio solo fargli vedere che ci so fare anch’io in cucina, e lui dice che sono molto più brava di te. Dopo un po’ mi alzai, dovevo farlo anche se mi sentivo debole e mi veniva da vomitare, dovevo scendere di sotto e tenerli d’occhio. Non appena mi alzai, preparai un arrosto di daino che avrebbe fatto venire l’acquolina in bocca a un morto, e da quel momento cominciammo a fare a gara l’una con l’altra in cucina. Una volta avevo in mano il manico della pentola, e lei arrivò e cercò di prendermela, dicendo, Lo servo io. Io dissi, Tu sei matta, Maude, l’ho cucinato io, e lei attraverso il vapore disse, Non ti servirà a niente, Lizzie, lui ama me, e io la spinsi da parte dicendo, Maledetta stupida, lui ama me e gli darò le mie ametiste per provarlo. Un paio di giorni dopo non riuscii più a trovarle da nessuna parte, e mi sembrò di sentire dei rumori nella stanza di dietro, e andai alla porta ma anche se erano lì non risposero, la porta era chiusa a chiave, e loro non risposero anche quando bussai. Così il giorno dopo lo portai nella mia stanza e chiudemmo la porta a chiave e gli raccontai una storia su ognuno dei miei gioielli, anche quelli di poco valore, e quando Maude bussò e cominciò a piagnucolare fuori dalla porta, noi rimanemmo in silenzio, e quando uscimmo e lei disse, Allora, Lizzie, cosa ci facevate là dentro, io ridacchiai e non dissi niente.

Non doveva farlo, eravamo tutti seduti attorno al tavolo dopo cena e lei mi guardò e disse, Sai una cosa, Arnold, io non mi avvicinerei troppo a Lizzie, ha degli attacchi. Arnold cercò di far finta che non gli importasse, ma quando Maude andò a letto io scesi per vedere come l’aveva presa. Lui era ancora in cucina, che tagliuzzava un pezzo di legno, e quando cercai di toccargli la mano si scostò.

Dissi, Non aver paura, mi capita molto di rado.

Lui disse, Non è questo che mi importa.

E allora cosa ti importa?

Non so, signorina Lizzie, credo che tu non hai fiducia in me.

Certo che ho fiducia in te, Arnold, non ti ho dato tutto?

Lui fece una faccia triste. Tutto tranne la fiducia.

Io ti devo molto, Arnold, mi fai sentire così giovane.

Lui mi sorrise. Sembri più giovane, signorina Lizzie, sei sempre più giovane ogni giorno che passa.

È merito tuo.

Se vuoi, ti potrei far diventare davvero giovane.

Sì, Arnold, sì.

Ma devo essere sicuro che tu hai fiducia in me.

Così gli feci vedere dove tenevamo i soldi. Ormai era mezzanotte passata, ed eravamo stanchi tutt’e due, disse, Domani, e lo lasciai andare a letto.

Non so cosa ci svegliò tutte e due, e ci fece alzare all’alba, ma andai a sbattere addosso a Maude, nel corridoio, e sembravamo due fantasmi, con le camicie da notte addosso. Scendemmo le scale insieme e c’era una luce in cucina, il posto dove tenevamo i soldi era aperto, vuoto, e filtrava la luce dalla porta della ghiacciaia. Mi ricordo che guardai dentro e pensai, la carne è quasi tutta finita. Aprimmo la porta ancora un po’, e lui era lì, aveva fatto una slitta, doveva essere sceso lì ogni notte, a lavorarci. Era piena di roba, la nostra roba, e aveva aperto la porta che dava fuori, aveva scavato una rampa nella neve e si stava allacciando delle scarpe da neve fatte da lui, ancora un minuto e se ne sarebbe andato.