— La fai sembrare una cosa piuttosto definitiva.
— Be’… Ormai ho sfruttato completamente le risorse del trattamento S-S. Ho l’impressione di sentire le mie molle che si scaricano. Forse resisteranno ancora a un paio di cariche, e forse no. Ad ogni modo voglio rivedere la Grecia, e mi sento come se fosse la mia ultima possibilità.
— Sono sicuro che ti sbagli, comunque ci troveremo domani al Garden Altar verso le otto per cena, tutti quanti.
— Ottimo. Ti vedo lì.
— Ricevuto.
— Arrivederci, Conrad.
— Arrivederci.
Uscii a farmi un bagno e a spalmarmi un po’ di pomate, e indossai dei vestiti puliti. Sentivo ancora dolore in diversi punti, ma per lo meno adesso ero pulito. Poi andai a scovare il vegano, che aveva appena finito di fare le stesse cose, e lo fissai con lo sguardo accigliato.
— Mi corregga se ho torto — affermai decisamente, — ma una delle ragioni per cui voleva che dirigessi questo tour è che io ho un alto potenziale di sopravvivenza. È esatto?
— È esatto.
— Sinora ho fatto del mio meglio per non farlo restare semplicemente potenziale, cercando d’impiegarlo in modo attivo per garantire il benessere generale.
— Era quello che stava facendo quando ha attaccato quel mucchio di zampe con una testa sola?
Feci per afferrargli la gola; poi ci ripensai e lasciai ricadere la mano. Fui ricompensato da un lampo di paura che gli riempì gli occhi e gli torse gli angoli della bocca. Fece un passo indietro.
— Per adesso chiudo un occhio — gli confidai. — Sono qui solo per portarla dove vuole andare, e badare che lei torni con la pelle ancora attaccata al corpo. Stamattina lei mi ha causato un piccolo problema, rendendosi disponibile come colazione per un boadrillo. Per cui cerchi di ricordarsi che nessuno va all’inferno per accendersi una sigaretta. Quando vuole andare a fare due passi da solo, si assicuri almeno di trovarsi in un posto sicuro. — Il suo sguardo vacillò. Girò gli occhi da un’altra parte.
— E se non è sicuro — continuai, — si tiri dietro una scorta armata, dato che rifiuta di portare armi con sé. Questo è quanto ho da dirle. Se non vuole cooperare, me lo dica subito: posso andarmene e trovarle un’altra guida. Lorel mi ha già suggerito di farlo, ad ogni modo. E allora, cosa mi risponde? — chiesi.
— Lorel l’ha detto davvero?
— Sì.
— Quant’è straordinario… Comunque sì, certamente, terrò conto della sua richiesta. Capisco che è prudente.
— Ottimo. Ha detto che voleva visitare di nuovo la Valle delle Regine nel pomeriggio. L’accompagnerà Rameses. Io non mi sento di farlo. Ripartiamo domani mattina alle dieci. Si faccia trovare pronto.
Poi me ne andai, aspettando che dicesse qualcosa; anche una sola parola.
Non disse niente.
Con gran fortuna dei sopravvissuti e delle generazioni a venire, la Scozia non era uscita troppo malconcia dai Tre Giorni. Tirai fuori un contenitore di ghiaccio dal frigorifero e una bottiglia di soda dalla tenda della mensa. Accesi il condizionatore a fianco della mia branda, sturai una bottiglia da un litro della mia riserva privata, e passai il resto del pomeriggio a riflettere sulla futilità delle fatiche umane.
La sera tardi, dopo che la sbornia mi fu passata in maniera abbastanza accettabile ed ebbi messo qualcosa sotto i denti, mi armai e uscii a prendere un po’ d’aria fresca.
Cominciai a udire delle voci mentre m’avvicinavo al limite orientale del perimetro di sicurezza, così mi accucciai nell’oscurità, appoggiando la schiena contro una grande roccia, e cercai di origliare. Avevo riconosciuto i vibranti diminuendo della voce di Myshtigo, e volevo sentire quello che stava dicendo.
Ma non potevo.
Erano un po’ troppo distanti, e l’acustica dei deserti non è sempre la migliore di questo mondo. Stavo lì seduto tutto teso con la parte di me che era in ascolto, e successe come succede certe volte:
Ero seduto su una coperta a fianco di Ellen, e il mio braccio era attorno alle sue spalle. Il mio braccio blu…
Tutto svanì appena mi opposi all’idea d’essere un vegano, anche in una realizzazione pseudotelepatica di desiderio, e mi ritrovai di nuovo appoggiato alla mia roccia.
Ma ero solo, ed Ellen sembrava più morbida della roccia, ed ero ancora curioso.
Così mi ritrovai ancora là, ad osservare…
— … non si può vedere da qui — stavo dicendo, — ma Vega è una stella di prima grandezza, situata in quella che la tua gente chiama costellazione della Lira.
— Com’è su Taler? — chiese Ellen.
Ci fu una lunga pausa. Poi:
— Le cose più significative sono talora quelle più difficili da descrivere. A volte, però, è un problema comunicare qualcosa per cui non esiste l’elemento corrispondente nella persona con cui si parla. Taler è diverso dalla Terra. Non ci sono deserti. Tutto il pianeta è coperto dalla vegetazione. Ma… Lasciami prendere questo fiore dai tuoi capelli. Ecco. Guardalo. Cosa vedi?
— Un bel fiore bianco. È per questo che l’ho colto e me lo sono infilato nei capelli.
— Ma non è un bel fiore bianco. Non per me, ad ogni modo. I tuoi occhi percepiscono la luce che ha una lunghezza d’onda all’incirca tra le 4000 e 7200 unità angstrom. Gli occhi dei vegani vedono più a fondo nell’ultravioletto, fino alle 3000 unità. Siamo ciechi a quello che voi chiamate «rosso», ma in questo fiore «bianco» io vedo due colori per cui non esiste un nome nel vostro linguaggio. Il mio corpo è coperto da disegni che tu non puoi vedere, ma abbastanza simili a quelli degli altri appartenenti alla mia famiglia da permettere ad un qualsiasi vegano che conosca la gens degli Shtigo di indovinare la mia famiglia e la mia provincia anche al nostro primo incontro. Alcuni dei nostri dipinti sembrano piuttosto sgargianti agli occhi dei terrestri, oppure gli paiono d’un solo colore — blu, di solito — perché certe sottigliezze sono invisibili per loro. Quasi tutta la nostra musica ti sembrerebbe piena di pause di silenzio, pause che in realtà contengono una precisa melodia. Le nostre città sono proporzionate e disposte logicamente. Assorbono la luce del giorno e la mantengono di notte. Sono posti pieni di movimenti lenti e di suoni piacevoli. Per me significano un mucchio di cose, ma non so come descriverle ad un… essere umano.
— Ma la gente, la gente della Terra, voglio dire, vive sui vostri mondi…
— Ma non li vedono o li sentono o li assaporano nel nostro stesso modo. C’è un abisso che possiamo apprezzare e capire, ma ci è impossibile superarlo. È per questo che non posso dirti come è Taler. Per te sarebbe un mondo differente da quello che è per me.
— Comunque mi piacerebbe vederlo. Molto. Penso addirittura che mi piacerebbe viverci.
— Non credo che saresti felice, là.
— Perché no?
— Perché gli immigranti non-vegani restano immigranti non-vegani. Qui tu non appartieni a una casta bassa. So che non usate questo termine, ma la realtà è questa. Il personale del tuo Ufficio e le loro famiglie sono la casta più elevata del pianeta. Poi vengono le persone ricche e influenti che non appartengono all’Ufficio, e poi quelli che lavorano per i ricchi che non appartengono all’Ufficio, seguiti da tutti coloro che si procurano da vivere direttamente dalla terra; e infine, più in basso di tutti, stanno quegli infelici che abitano i Vecchi Posti. Qui tu sei sulla cima. Su Taler saresti nel fondo.
— Perché deve essere così? — chiese lei.
— Perché tu vedi un fiore bianco. — Glielo restituì.
Ci fu un lungo silenzio e una brezza fredda.
— Comunque sono felice che tu sia venuto qui — disse lei.
— È un posto interessante.
— Lieta che ti piaccia.