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Tacqui.

— Ti ho visto molte volte, altero nella tua Uniforme Nera, a bere rum come fosse acqua, sicuro di qualcosa di cui non parli mai, arrogante della tua forza. Ti butteresti a corpo morto a lottare contro qualunque cosa si muova, non è vero?

— Non contro le formiche rosse o i calabroni.

— Hai un qualche piano generale di cui noi non sappiamo niente? Diccelo, e ti aiuteremo a realizzarlo.

— È un’idea tua che io sia Karaghiosis. Ti ho spiegato perché Hasan mi ha chiamato con quel nome. Phil conosceva Karaghiosis, e tu conosci Phil. Ti ha mai detto qualcosa del genere?

— Sai che no. È amico tuo, e non tradirebbe mai la tua fiducia.

— Oltre al nome con cui m’ha chiamato Hasan, esiste qualche altra prova della mia presunta identità?

— Non esiste alcuna descrizione registrata di Karaghiosis. Sei stato piuttosto preciso.

— Allora è tutto a posto. Vattene, e non disturbarmi più.

— No. Per favore.

— Hasan ha cercato d’uccidermi.

— Sì. Deve aver pensato che era più facile ucciderti che tenerti fuori dai piedi. Dopo tutto sa più cose di te, di quante ne sappiamo noi.

— Allora perché mi ha salvato dal boadrillo, oggi?

— Preferirei non dirtelo.

— Allora vattene.

— No, te lo dirò. L’assagai era l’unica cosa a portata di mano. Non è ancora molto abile nel maneggiarla. Non stava cercando di colpire il boadrillo.

— Oh.

— Ma non stava nemmeno mirando a te. Quella bestia s’agitava troppo. Hasan voleva uccidere il vegano, e avrebbe semplicemente detto che aveva cercato di salvarvi tutti e due con l’unica cosa a disposizione; e che era successo un terribile incidente. Sfortunatamente, il terribile incidente non è successo. Ha sbagliato il colpo.

— Perché non ha lasciato uccidere il vegano dal boadrillo?

— Perché tu avevi già messo le mani sulla bestia. Hasan temeva che tu potessi ancora salvarlo. Ha paura delle tue mani.

— Lieto di saperlo. E continuerà a provarci, anche se rifiuto di cooperare?

— Ho paura di sì.

— È una cosa molto spiacevole, mia cara, perché io non lo permetterò.

— Non lo fermerai. E noi non gli diremo di smetterla. Anche se tu sei Karaghiosis, e ferito, e la mia disperazione per te riempie l’orizzonte, Hasan non si lascerà fermare né da te né da me. Hasan è l’assassino. Non ha mai fallito.

— Nemmeno io.

— Sì che hai fallito. Proprio adesso, tradendo la Radpol e la Terra e tutto ciò che significa qualcosa.

— Resto sempre della mia opinione, donna. Riprendi la tua strada.

— Non posso.

— Perché mai?

— Se non lo sai, allora Karaghiosis è davvero il pazzo, il buffone, il personaggio d’un gioco d’ombre.

— Un uomo di nome Thomas Carlyle ha parlato una volta di eroi e di eroismo. Anche lui era pazzo. Credeva che esistessero creature del genere. L’eroismo è solo una questione di circostanze e d’opportunismo.

— A volte c’entrano anche gli ideali.

— Cos’è un ideale? Lo spettro d’uno spettro, niente di più.

— Non dirmi cose del genere, per piacere.

— Devo; sono vere.

— Menti, Karaghiosis.

— No, ma se lo faccio, è per il meglio, ragazza.

— Sono vecchia abbastanza da essere la bisnonna di chiunque tranne te, e così non chiamarmi «ragazza». Lo sai che i miei capelli sono una parrucca?

— Sì.

— Lo sai che una volta ho contratto una malattia vegana, e che è per questo che devo portare una parrucca?

— No. Mi dispiace molto. Non lo sapevo.

— Quand’ero giovane, molto tempo fa, lavoravo in un locale per vegani. Ero una ragazza di piacere. Non ho mai dimenticato l’ansimare dei loro orribili polmoni contro il mio corpo, o il tocco di quella loro pelle del colore dei cadaveri. Li odio, Karaghiosis, in un modo che solo un individuo come te può capire, uno che ha provato tutti i veri grandi odii.

— Mi spiace, Diane, mi spiace che tu senta ancora la ferita. Ma non sono pronto a muovermi. Non fatemi fretta.

— Allora sei Karaghiosis?

— Sì.

— Sono soddisfatta; almeno in parte.

— Ma il vegano vivrà.

— Vedremo.

— Sì, vedremo. Buonanotte.

— Buonanotte, Conrad.

E mi alzai, e la lasciai lì, e tornai alla mia tenda. Più tardi, di notte, venne da me. Si sollevarono i lembi della tenda e le coperte del letto, e lei fu lì. E quando avrò dimenticato tutto di lei, il rosso della sua parrucca e la piccola «v» capovolta tra gli occhi, e le sue mascelle serrate, e il suo parlare a denti stretti, e tutto il manierismo dei suoi gesti, e il suo corpo caldo come il cuore d’una stella, e il suo strano interessamento per l’uomo che ero stato una volta, ricorderò sempre questo: che venne da me quando ne avevo bisogno, che era calda, morbida, e che venne da me…

La mattina seguente, dopo colazione, ero in cerca di Myshtigo, ma fu lui a trovarmi per primo. Ero giù al fiume, e stavo parlando con gli uomini che dovevano prendere in consegna la feluca.

— Conrad — disse lui dolcemente, — posso parlarle?

Annuii e feci cenno in direzione d’una gola scavata dal fiume.

— Facciamo due passi da questa parte. Qui ho finito.

C’incamminammo.

Dopo un minuto disse: — Lei sa che sul mio mondo esistono diversi sistemi di disciplina mentale, sistemi che talora producono capacità extra-sensoriali…

— Così ho sentito raccontare — asserii.

— Diversi vegani, prima o poi, provano a sperimentarli. Alcuni hanno un’abilità naturale per queste cose; molti no. Ma quasi tutti, comunque, hanno la capacità di accorgersi quando i processi extra-sensoriali entrano in azione.

— Sì?

— Io non sono telepatico, ma so che lei possiede questa abilità perché l’ha usata con me la notte scorsa. Ho potuto sentirlo. È una dote piuttosto rara tra la sua gente, sicché non me l’ero aspettata e non avevo preso nessuna misura per prevenirla. Inoltre, lei m’ha colto nel momento più adatto. Di conseguenza la mia mente le era completamente aperta. Devo sapere quanto lei abbia appreso.

E così sembrava che ci fosse davvero un elemento extra-sensoriale connesso con le mie visioni pseudo-telepatiche. Di solito contenevano soltanto le apparenti percezioni immediate del soggetto, e la possibilità di dare un’occhiata ai pensieri e alle sensazioni connesse con le parole da lui pronunciate: ma qui di solito mi sbagliavo. La domanda di Myshtigo significava semplicemente che lui non sapeva quanto a fondo fossi andato; avevo sentito dire che certi sonda-mente professionisti vegani potevano arrivare addirittura al subconscio. Così decisi di bluffare.

— Ho dedotto che lei non sta scrivendo un semplice libro di viaggio — dissi.

Lui non ribatté.

— Sfortunatamente, non sono l’unico al corrente della cosa — continuai, — e questo la mette in una situazione abbastanza pericolosa.

— Perché? — chiese d’improvviso.

— Forse la fraintendono — azzardai.

Scosse la testa.

— Chi sono?

— Spiacente.

— Ma devo saperlo.

— Spiacente di nuovo. Se vuole andarsene, posso riportarla al Porto oggi stesso.

— No, non posso farlo. Devo continuare. Come devo comportarmi?

— Mi dica qualcosa di più, e le darò qualche suggerimento.

— No, lei sa già troppo… Allora questa deve essere la vera ragione della presenza di Dos Santos — aggiunse rapidamente. — È un moderato. L’ala attivista della Radpol deve avere saputo qualcosa della faccenda e, come dice lei, ha… frainteso. Lui sa il pericolo che corro. Forse dovrei andare da lui…