Avevo visto l’inutilità del Ritorno. Non sarebbero tornati, non sarebbero mai tornati. La Terra sarebbe morta. Ero entrato nel Parco e avevo suonato quest’ultima canzone che avevo imparato dal vento, e forse anche dalle stelle. Il giorno seguente, la grande imbarcazione di Karaghiosis aveva avuto un incidente nella baia del Pireo.
Si sedettero sull’erba. Di tanto in tanto uno di loro si toccava gli occhi con un gesto elaborato. Mi erano tutti attorno, e ascoltavano.
Non so per quanto tempo suonai. Quando ebbi finito, abbassai il flauto e rimasi seduto. Dopo un po’, uno di loro si sporse in avanti e toccò il flauto e ritirò velocemente la mano. Mi guardò.
— Andate — dissi, ma sembrarono non capire.
Così levai la siringa e suonai di nuovo le ultime note.
La Terra sta morendo, morendo. Presto sarà morta… Tornate a casa, la festa è finita. È tardi, è tardi, così tardi…
Il più grande di loro scosse il capo.
Andatevene, andatevene, andatevene ora. Apprezzate il silenzio. Dopo il più ridicolo gambitto della vita, apprezzate il silenzio.
Cosa speravano di ottenere gli dèi? Nulla. Era soltanto un gioco. Andatevene, andatevene, andatevene ora. È tardi, è tardi, così tardi…
Erano ancora seduti; allora mi rizzai in piedi e battei le mani e urlai: — Andate! — e m’allontanai in fretta.
Radunai i miei compagni e tornammo sulla strada.
Da Lamia a Volos corrono circa sessantacinque chilometri, compresa la deviazione per evitare il Posto Caldo. Il primo giorno percorremmo circa un quinto della distanza totale. Quella notte ci accampammo in una radura a fianco della strada, e Diane mi venne vicino e mi disse: — Allora?
— «Allora» cosa?
— Ho appena chiamato Atene. Nulla. La Radpol tace. Voglio la tua decisione adesso.
— Sei spaventosamente decisa. Perché non possiamo aspettare ancora un po’?
— Abbiamo già aspettato troppo. Se decidesse di terminare il viaggio prima del previsto? Questo posto è perfetto. È talmente facile che accada qualche incidente… Sai quello che la Radpol dirà: le stesse cose che ha già detto, e significheranno la medesima cosa: Uccidete!
— Anche la mia risposta è la stessa di prima: No.
Sbatté rapidamente le palpebre e abbassò la testa.
— Per favore ripensaci.
— No.
— Allora fai almeno questo: dimenticati di tutta la faccenda. Lavatene le mani. Accetta l’offerta di Lorel e procuraci un’altra guida. Puoi far tutto e andartene via in mattinata.
— No.
— Allora vuoi proteggere Myshtigo sul serio?
— Sì.
— Non voglio vederti ferito, o peggio.
— Nemmeno io godo troppo all’idea. Puoi risparmiare un mucchio di guai a tutti e due annullando l’ordine.
— Non posso farlo.
— Dos Santos fa quello che gli dici.
— Non è un problema d’ordine amministrativo! Maledizione! Vorrei non averti mai incontrato!
— Mi spiace.
— È in gioco la Terra, e tu stai dalla parte sbagliata.
— Io credo che ci stia tu.
— Cosa intendi fare?
— Non posso convincerti, dunque non mi resta altro che fermarti.
— Non puoi far sparire il Segretario della Radpol e sua moglie senza far nascere un incidente. Siamo figure politiche troppo note.
— Questo lo so.
— Sicché non puoi fare niente a Don, e non credo che faresti qualcosa a me.
— Hai ragione.
— Resta Hasan.
— Hai ancora ragione.
— E Hasan è… Hasan. Cosa farai?
— Perché non gli dai il foglio di congedo e mi risparmi un mucchio di guai?
— Non lo farò.
— Non che lo credessi.
Tornò a guardarmi. I suoi occhi erano umidi, ma il viso e la voce non erano cambiati.
— Se ci accorgessimo che tu avevi ragione e noi torto — disse, — mi spiacerebbe.
— Anche a me — dissi. — Molto, molto.
Quella notte m’appostai ad un tiro di coltello da Myshtigo, ma non accadde nulla. Il mattino seguente fu privo d’eventi, come quasi tutto il pomeriggio.
— Myshtigo — dissi, quando ci fermammo per fotografare una collina — perché non se ne torna a casa? Perché non torna a Taler? Perché non torna da qualsiasi parte? Perché non se ne va? Perché non scrive qualche altro libro? Più ci allontaniamo dalla civiltà, più debole diventa il mio potere di protezione.
— Mi ha dato un’automatica, si ricorda? — replicò.
Finse di schiacciare un grilletto con la destra.
— D’accordo. Pensavo solo di dover fare un ultimo tentativo.
— È una capra quella che se ne sta sul ramo più basso di quell’albero, non è vero?
— Già. Sono matte per quei piccoli frutti verdi che pendono dai rami.
— Voglio una foto anche di quello. È un olivo, no?
— Sì.
— Bene. Volevo sapere come intitolare la fotografia. «Capra che mangia frutti verdi su un olivo» — dettò. — Questa sarà la didascalia.
— Perfetto. Faccia la foto intanto che può.
Se soltanto non fosse stato così privo di comunicativa, così estraneo, così incurante del proprio benessere! Lo odiavo. Non riuscivo a capirlo. Non parlava, a meno che si trattasse di chiedere informazioni o di rispondere a una domanda. E quando rispondeva a una domanda, era compito, elusivo, beffardo, o tutte e tre le cose assieme. Era presuntuoso, affettato, blu, e insopportabile. Mi faceva pensare a tutta quanta la gens degli Shtigo, con la loro filosofia, filantropia, e abilità giornalistica Non mi piaceva, semplicemente.
Ma parlai con Hasan quella sera, dopo avergli tenuto addosso un occhio (quello blu) per tutto il giorno.
Stava seduto accanto al fuoco, e sembrava una figura di Delacroix. Ellen e Dos Santos erano seduti lì vicino, a bere caffè. Rispolverai il mio arabo e m’avvicinai.
— Salve.
— Salve.
— Oggi non hai tentato d’ucciderlo.
— No.
— Domani, forse?
Scrollò le spalle.
— Hasan. Guardami.
Mi guardò.
— T’hanno pagato per uccidere l’amico blu.
Scrollò di nuovo le spalle.
— Non c’è bisogno che tu neghi, o ammetta. Lo so già. Non posso permetterti di farlo. Rendi a Dos Santos il denaro che hai ricevuto, e riprendi la tua strada. Posso procurarti una Lancia per domattina. Ti porterà in qualunque posto tu voglia andare.
— Ma io sono felice qui, Karagee.
— Smetterai subito di essere felice se succede qualcosa al blu.
— Io sono una guardia del corpo, Karagee.
— No, Hasan. Tu sei figlio d’un cammello dispeptico.
— Cos’è un «dispeptico», Karagee?
— Non conosco la parola araba, e tu non capiresti quella greca. Aspetta, troverò un altro insulto. Sei un codardo e un mangiacarogne e un imboscato, perché sei mezzo sciacallo e mezzo scimmia.
— Potrebbe essere vero, Karagee, perché mio padre m’ha detto che sono nato per essere scorticato vivo e fatto a pezzi.
— Perché mai?
— Perché ho mancato di rispetto al Demonio.
— Oh?
— Sì. Erano demoni quelli per cui hai suonato ieri? Avevano le corna, gli zoccoli…
— No, non erano demoni. Erano i figli nati-Caldi di genitori sfortunati che li hanno lasciati a morire nella natura selvaggia. Ma sono sopravvissuti, perché la natura è la loro vera casa.
— Ah! E io avevo sperato che fossero demoni. Ma penso ancora che lo fossero, perché uno di loro m’ha guardato mentre li pregavo per ottenere il perdono.
— Il perdono? Di cosa?
Uno sguardo distante nacque nei suoi occhi.