Il che significava che a Ellen ne restavano solo due. Santa donna.
L’idiota aveva smesso di maciullare Hasan.
Cercò di togliersi di torno la torcia. Gridò. Cercò di togliersi di torno la torcia. Si coprì gli occhi. Rotolò sul suolo.
Hasan lo osservava, sanguinando, respirando pesantemente…
La torcia bruciava, l’Uomo Morto gridava…
Infine Hasan si mosse.
Si rialzò ed afferrò una delle grosse viti che pendevano dall’albero.
Tirò. Gli resistette. Tirò più forte.
La vite cedette.
I suoi movimenti si fecero più sicuri, mentre s’attorcigliava i capi del rampicante alle mani.
La torcia crepitò: si affievolì, poi tornò luminosa…
Hasan s’inginocchiò a fianco dell’Uomo Morto, e con un gesto rapido gli tese la vite attorno alla gola.
La torcia crepitò di nuovo.
Hasan strinse forte.
L’Uomo Morto s’alzò per combattere.
Hasan strinse di più la vite.
L’idiota l’afferrò per la vita.
I grandi muscoli dell’Assassino si gonfiarono a dismisura. Sul suo viso il sudore si mischiava al sangue.
L’Uomo Morto sollevò Hasan.
Lui strinse più forte.
L’idiota, col viso ormai non più bianco ma cianotico, e le vene sporgenti come cordoni sulla fronte e sul collo, sollevò Hasan dal suolo.
Come io avevo levato in alto il golem così l’Uomo Morto sollevò Hasan, mentre la vite s’affondava ancora di più nel suo collo e lui chiamava a raccolta tutte le sue forze inumane.
La folla piagnucolava e cantava in maniera incoerente. Il rullo dei tamburi, che aveva raggiunto un ritmo frenetico, continuò senza soste. E poi sentii di nuovo l’ululato del mio cane, ancora molto distante.
La torcia cominciò a spegnersi.
L’Uomo Morto oscillò.
… Poi, in un grande spasimo, scagliò Hasan lontano da sé.
La vite si staccò dalla sua gola, quando si liberò della presa di Hasan.
Hasan fece una capriola e atterrò in ginocchio. Restò in quella posizione.
L’Uomo Morto si mosse verso di lui.
Poi il suo passo vacillò.
Cominciò a scuotersi tutto. Emise un gorgoglio, e si toccò la gola. Il suo viso si fece più scuro. Arrivò ondeggiando all’albero e tese una mano in avanti. Restò lì appoggiato, ansimante. Poi sembrò soffocare. La mano gli scivolò lungo il tronco, e lui cadde per terra. Riuscì a tirarsi su di nuovo, accovacciandosi sui talloni.
Hasan si tirò in piedi e recuperò la vite nel punto dove era caduta.
Avanzò contro l’idiota.
Questa volta la sua stretta fu insostenibile.
L’Uomo Morto cadde, e non si alzò più.
Fu come aver spento una radio che suonava a tutto volume: Click…
E poi un grande silenzio. Era successo tutto troppo in fretta. E tenera era la notte, davvero, mentre io mi tendevo in avanti e spezzavo il collo dello spadaccino al mio fianco e gli rubavo l’arma. Mi girai quindi sulla sinistra, e tagliai la testa dell’altra guardia più vicina.
Poi fu come se avessero di nuovo girato l’interruttore, e mi ritrovassi ancora con la radio a tutto volume; ma c’erano solo scariche stavolta. La bellezza della notte era stata straziata, distrutta.
Myshtigo abbatté il suo uomo con un pugno violento, e ne colpì un altro negli stinchi. George piazzò un calcio veloce nell’inguine del tipo che gli stava vicino.
Dos Santos, non abbastanza veloce, o forse solo sfortunato, si prese due brutte ferite, sul collo e sulla spalla.
La folla s’alzò in piedi d’un colpo, come i fiori di certi film accelerati che si vedono sbocciare improvvisamente sul terreno.
E avanzò contro di noi.
Ellen gettò il mantello di Hasan sulla testa dello spadaccino che intendeva sventrare suo marito. Poi il maggior poeta della Terra piazzò un pietrone sul cappuccio del mantello, rovinando indubbiamente la sua dose di karma, ma senza preoccuparsene troppo.
Ormai Hasan aveva raggiunto il nostro gruppetto, usando la mano per parare la discesa d’una lama, colpendola sul lato con una mossa di karaté che credevo persa per sempre a questo mondo. Poi anche Hasan ebbe una spada, dopo un altro rapido movimento, e si dette da fare con la sua consueta abilità.
Uccidemmo o mettemmo fuori uso tutte le nostre guardie prima che la folla fosse a metà strada da noi, e Diane, prendendo esempio da Ellen, scagliò le sue tre torce al magnesio contro quella massa di cannibali.
Poi ci mettemmo a correre. Ellen e Parrucca Rossa sorreggevano Dos Santos, che barcollava un po’.
Ma i Kouretes ci avevano chiuso la strada e stavamo correndo verso nord, in una direzione tangente rispetto alla nostra meta.
— Non possiamo farcela, Karagee — gridò Hasan.
— Lo so.
— … A meno che tu e io non li teniamo impegnati mentre gli altri vanno avanti.
— D’accordo. Dove?
— Alla fossa del barbecue, dove gli alberi s’infoltiscono attorno al sentiero. C’è una strettoia. Non riusciranno a colpirci tutti assieme.
— Bene! — Mi girai verso gli altri. — Ci avete sentiti? Correte ai cavalli! Phil vi guiderà! Hasan e io li terremo fermi finché potremo!
Parrucca Rossa girò la testa e cominciò a dire qualcosa.
— Non metterti a discutere! Andate! Volete crepare o salvarvi?
Volevano salvarsi. Scapparono.
Hasan ed io ci girammo, vicini ormai alla fossa del barbecue, ed attendemmo. Gli altri continuarono la fuga, sparendo nel bosco, dirigendosi verso il villaggio e il recinto dei cavalli. La folla continuò ad avanzare, diritta su Hasan e me.
La prima ondata ci raggiunse, e cominciammo ad uccidere. Ci trovavamo in un punto a forma di V, dove il sentiero sbucava dal bosco nella pianura. Sulla sinistra avevamo la fossa del barbecue; sulla destra un fitto gruppo d’alberi. Ne avevamo uccisi tre, e diversi altri stavano sanguinando, quando si ritirarono, si fermarono, poi presero ad aggirarci.
Allora ci mettemmo schiena contro schiena e continuammo a farli fuori non appena si avvicinavano.
— Se uno di loro ha una pistola siamo morti, Karagee.
— Lo so.
Un altro semi-uomo cadde sotto la mia spada. Hasan ne lanciò uno, urlante, nella fossa.
Poi ci furono addosso. Una lama entrò nella mia guardia e mi colpì sulla spalla. Un’altra mi carezzò la coscia.
— Tornate indietro, pazzi! Ho detto di ritirarvi, mostri!
Al che obbedirono, allontanandosi aldilà della portata delle nostre spade.
L’uomo che aveva parlato era alto un metro e sessantacinque. La sua mascella si muoveva come quella d’una marionetta, quasi avesse un paio di cardini, e i suoi denti si aprivano e si chiudevano con uno schiocco, e sembravano tanti pezzi del gioco del domino: neri, con qualche puntino bianco qua e là.
— Sì, Procuste — sentii dire ad uno.
— Prendete le reti! Catturateli vivi! Non avvicinatevi! Ci sono già costati troppo!
Moreby era al suo fianco, e piagnucolava.
— … Non sapevo, mio signore!
— Zitto, stregone dei miei stivali! Ci sei già costato un dio e molti uomini!
— Dobbiamo scappare? — chiese Hasan.
— No, ma tieniti pronto a tagliare le reti.
— Non è bene che ci vogliano vivi — decise.
— Ne abbiamo spediti parecchi all’inferno, per spianarci la strada — ribattei, — e siamo ancora qui a stringere le nostre spade. Cosa vuoi di più?
— Se corriamo via potremo prendercene altri due, forse quattro. Se aspettiamo, c’intrappoleranno e moriremo senza averli uccisi.
— E cosa te ne importa, una volta che sei morto? Aspettiamo. Finché restiamo vivi ci sono sempre delle possibilità. C’è sempre la speranza che succeda qualcosa di inaspettato a nostro favore.