George conosceva il suo mestiere, comunque, e aveva detto che il vegano mostrava i sintomi inconfondibili d’una malattia nervosa extraterrestre. Incurabile. Immancabilmente fatale.
E nemmeno Hasan poteva essere ritenuto responsabile del fatto.
«Eziologia sconosciuta» fu la diagnosi di George.
Così tutto era di nuovo in discussione.
George sapeva di Myshtigo sin dalla prima volta che l’aveva incontrato. Che cosa l’aveva messo sull’avviso? Phil gli aveva chiesto di osservare se il vegano presentasse i sintomi d’una malattia fatale.
Perché?
Diavolo, non l’aveva detto, e ormai non potevo più andarglielo a chiedere.
Avevo un problema.
O Myshtigo aveva finito il suo lavoro, oppure non gli restava abbastanza tempo per finirlo. Aveva detto d’averlo finito. Ma se non era vero, allora io avevo protetto per tutto quel tempo un uomo morto, senza scopo alcuno. Se l’aveva finito sul serio, dovevo conoscere i risultati, per decidere al più presto circa quel che rimaneva della sua vita.
La cena non fu d’alcun aiuto. Myshtigo aveva detto tutto quello che intendeva dire, e ignorò o evitò le nostre domande. Così, subito dopo il caffè, Parrucca Rossa ed io uscimmo a fumarci una sigaretta.
— Cos’è successo? — mi chiese.
— Non lo so. Credevo lo sapessi tu.
— No. E adesso?
— Dimmi tu.
— Lo uccidiamo?
— Forse sì. Ma prima, perché?
— Ha finito.
— Cosa? Cosa diavolo ha finito?
— E come faccio a saperlo?
— Maledizione! Devo saperlo! Devo sapere perché uccido qualcuno. Sono fatto così.
— Così, eh? Bene. Dopo tutto è ovvio, no? I vegani vogliono comprare di nuovo sulla Terra. Tornerà a fare un rapporto sui posti che gli interessano.
— E allora perché non li ha visitati tutti? Perché taglia corto dopo l’Egitto e la Grecia? Sabbia, rocce, giungle, e mostri assortiti: non ha visto altro. Roba poco incoraggiante per un acquisto.
— È spaventato, ecco perché, è contento d’essere ancora vivo. Poteva essere divorato da un boadrillo, o da un Kourete. Sta scappando.
— Bene. Allora lasciamolo scappare. Lasciamogli fare un rapporto negativo.
— Ma non può. Se vogliono comperare, non si fideranno d’un resoconto tanto incompleto. Manderanno qualcun altro, più resistente, per finirlo. Se uccidiamo Myshtigo sapranno che esistiamo ancora sul serio, che continuiamo a protestare, che siamo ancora noi.
— … E non teme per la propria vita — notai.
— No? E per cosa, allora?
— Non lo so. Ma devo scoprirlo.
— Come?
— Penso che glielo chiederò.
— Tu sei pazzo! — Lei si girò.
— A modo mio, o non se ne fa nulla — replicai.
— In qualsiasi modo, allora. Non importa. Abbiamo già perso.
La presi per le spalle e le baciai il collo. — Non ancora. Vedrai.
Lei rimase rigida.
— Torna a casa — disse; — è tardi. È troppo tardi.
Le obbedii. Tornai nel vecchio, caro edificio di Iakov Korones che ospitava sia Myshtigo che me, e dove s’era fermato anche Phil.
Mi fermai nella stanza funebre, nel posto dove Phil aveva dormito per l’ultima volta. Il suo Prometeo Liberato si trovava ancora sul tavolino, accanto ad una bottiglia vuota. Quando mi aveva chiamato in Egitto si sentiva già la fine addosso, e poi aveva avuto un attacco di cuore, e aveva passato un mucchio d’altri guai. Mi sembrava che dovesse aver lasciato un messaggio per un vecchio amico, su una faccenda del genere.
Così aprii l’inconsistente poema di Percy B. Shelley e lo sfogliai.
Stava scritto sulle pagine bianche alla fine del libro, in greco. Ma non greco moderno. Classico.
Suonava più o meno così:
Caro amico,
per quanto io aborra scrivere cose che non potrò rivedere, capisco che è meglio non fare tanto il prezioso con un messaggio. Non sto bene. George vuole che voli ad Atene. E domattina ci volerò. Ma prima, per quanto concerne la faccenda che hai tra le mani… Fa’ ripartire vivo il vegano dalla Terra, ad ogni costo. È importante.
È la cosa più importante di questo mondo. Avevo paura di parlartene prima, perché pensavo che Myshtigo fosse un telepate. È per questo che non vi ho seguiti durante tutto il viaggio, anche se mi sarebbe piaciuto moltissimo. È per questo che ho finto di odiarlo, per potergli stare lontano tutto il tempo che volevo. Ho deciso di raggiungervi solo dopo essere riuscito ad appurare che non è un telepate.
Sospettavo, data la presenza di Dos Santos, Diane e Hasan, che la Radpol volesse il suo sangue. Se era telepatico, ho immaginato che se ne sarebbe accorto in fretta e avrebbe pensato da solo a mettersi al sicuro. E se non lo era, avevo sempre molta fede nella tua abilità di difenderlo da qualsiasi cosa. Hasan compreso. Ma non volevo che lui sapesse che ero al corrente di tutto. Comunque ho cercato effettivamente di avvisarti, se ti ricordi.
Tatram Yshtigo, suo nonno, è una delle creature viventi più nobili e sensibili. È un filosofo, un grande scrittore, un amministratore altruistico di pubblici servizi. Lo conobbi durante la mia visita a Taler, qualcosa come trent’anni fa, e più tardi diventammo amici intimi. Da allora siamo sempre rimasti in contatto; e già da tempo m’aveva avvisato dei piani dell’Impero Vegano per quel che concerne la Terra. Ma mi ha anche costretto al segreto. Nemmeno Cort può sapere che io ne sono al corrente. Suo nonno perderebbe completamente la faccia, se la cosa saltasse fuori prima del tempo. I vegani si trovano in una posizione molto imbarazzante. I nostri emigrati si sono bellamente appoggiati, dal punto di vista economico e culturale, alla loro civiltà. D’altronde i vegani hanno capito (e con quale immediatezza!) durante i giorni della Ribellione Ritornista che esiste una popolazione indigena con una propria organizzazione, desiderosa di prendere nuovamente possesso del pianeta e di riportarlo al passato splendore. Anche ai vegani piacerebbe che questo accadesse. Non vogliono la Terra. E cosa se ne farebbero? Se volessero sfruttare la nostra gente, ce n’è di più su Taler che qui; e comunque non lo stanno facendo, almeno non su grande scala o per cattiveria. I nostri emigrati hanno preferito fermarsi sui loro pianeti a svolgere qualsiasi lavoro, piuttosto che tornare qui.
E questo cosa indica? Che il Ritornismo è un vicolo cieco. Nessuno ha intenzione di ritornare. È per questo che ho lasciato il partito. Immagino che anche tu lo abbia fatto per lo stesso motivo. Ai vegani piacerebbe molto lavarsi le mani del problema rappresentato dal nostro pianeta. Certo, vogliono visitarlo. Per loro è istruttivo, esemplare, e anche terribilmente spaventoso venire qui a vedere come si può ridurre un mondo! Ma era loro necessario trovare un modo per circuire il nostro governo di Taler. I Talenti non erano propriamente ansiosi di rinunciare all’unica cosa che giustifica la loro esistenza, e le tasse che ci impongono: l’Ufficio. Comunque, dopo parecchi negoziati e parecchi accomodamenti economici, compresa l’offerta della piena cittadinanza vegana ai nostri emigrati, sembrò che si fosse raggiunto un accordo. Il compimento del piano fu affidato alla gens degli Shtigo, in particolare a Tatram. E alla fine lui trovò il modo di restituire alla Terra una posizione autonoma, senza danneggiare la sua integrità culturale. È per questo che ha mandato suo nipote, Cort, a fare l’«ispezione».
Cort è una strana creatura: il suo vero talento è quello di recitare (tutti gli Shtigo ne sono piuttosto dotati), e gli piace posare. Sono sicuro che volesse recitare con molta cattiveria la parte dell’extraterrestre, ed è fuor di dubbio che l’ha fatto con tutta l’abilità necessaria. (Tatram mi avvisò anche che sarebbe stata l’ultima parte di Cort. Sta morendo di drinfan, che è incurabile; e credo proprio che questa sia la ragione per cui è stato scelto). Credimi, Konstantin Karaghiosis Korones Nomikos (e tutti gli altri nomi che non conosco), Conrad, quando ti dico che non sta ispezionando terreni da acquistare. Ma permettimi un ultimo gesto alla Byron. Prendi per buona la mia parola che lui debba vivere, e concedimi di mantenere la promessa e il segreto. Non te ne pentirai: quando saprai tutto.