Doveva essere stato l’odore della carne bruciata ad attirarla. Ed era grossa. Stesse dimensioni d’un elefante, come minimo.
Qual era la quarta fatica d’Ercole?
Il cinghiale d’Arcadia, accidenti.
D’improvviso desiderai che Ercole fosse ancora nei paraggi, per darci una mano.
Un maiale enorme… Un pecari, con zanne lunghe come il braccio d’un uomo… Piccoli occhi da porco, neri, che roteavano alla luce del fuoco, selvaggiamente…
Abbatteva gli alberi sul suo cammino.
Grugnì quando Hasan raccolse dalla pira un tizzone ardente e glielo ficcò contro il muso, tirandosi indietro subito dopo.
Fece anche uno scarto, il che mi diede il tempo d’afferrare il bastone di Giasone.
Corsi in avanti e lo centrai con quello nell’occhio sinistro. Allora fece un altro scarto, e squittí come una caldaia che perda.
… E Bortan gli era addosso, a mordergli le spalle.
Cercai di colpirlo per due volte alla gola, ma gli procurai solo ferite superficiali. La bestia si dimenò, scrollando le spalle contro le zanne del mastino, e riuscì a liberarsi di Bortan.
Hasan mi fu al fianco, con un altro tizzone in mano.
Poi ci caricò.
Ma dal fianco, dove non stavo guardando, George gli scaricò addosso una mitragliatrice. Hasan lanciò il tizzone. Bortan l’attaccò di nuovo, questa volta dal lato dov’era accecato.
… E tutto questo lo costrinse a deviare di nuovo nella sua carica, mandandolo a finire contro il carro ormai vuoto. Uccise tutti e due gli asini.
Allora gli corsi contro, ficcando il bastone sotto la sua zampa sinistra.
Il bastone si spezzò in due.
Bortan continuava a morderlo, e il suo ringhio era un rumore di tuono. Quando la Bestia riusciva a toccarlo con le zanne lui abbandonava la presa, s’allontanava un poco, e poi tornava all’attacco.
Ero sicuro che la punta d’acciaio della mia lancia affilata non si sarebbe spezzata. Ma l’avevo lasciata sulla Vanitie…
Hasan ed io lo circondammo, reggendo i rami più appuntiti e robusti che avevamo trovato. Continuammo a colpirlo, per farlo girare in cerchio. Bortan cercava d’azzannargli la gola, ma il grande muso prominente della Bestia era piegato verso il basso, e un occhio roteava e l’altro sanguinava, e le zanne s’agitavano avanti e indietro e su e giù come spade. I suoi zoccoli grossi come forme di pane scagliavano in aria zolle di terreno, mentre l’animale girava su se stesso in senso antiorario, cercando di ucciderci tutti quanti, alla luce arancione del fuoco che danzava graziosamente.
Alla fine si fermò e si girò (all’improvviso, per una bestia di quelle dimensioni), e colpì Bortan di spalle, scagliandolo a tre o quattro metri da me. Hasan lo colpi sulla schiena col suo bastone e io cercai di ficcargli il mio nell’occhio destro, ma lo mancai.
Poi il mostro si mosse contro Bortan, che si stava ancora rimettendo sulle zampe, la testa bassa, le zanne scintillanti.
Scagliai il bastone e saltai contro la Bestia mentre si lanciava sul mio cane. La fermai un attimo prima che sferrasse il colpo mortale con la testa già abbassata.
Le afferrai entrambe le zanne, e la sua testa era tanto piegata da arrivare quasi al suolo. Nulla poteva arrestare quella massa dirompente, capii, mentre facevo pressione in basso con tutta la mia forza.
Ma tentai, e forse ci riuscii anche, per un secondo…
Per lo meno, quando mi trovai scaraventato in aria con le mani ferite e sanguinanti, vidi che Bortan aveva fatto in tempo a levarsi di mezzo.
La caduta mi lasciò intontito, perché ero stato scagliato molto lontano e in alto; e udii un gigantesco grugnito da maiale impazzito. Hasan gridò e Bortan emise di nuovo il suo latrato di guerra a tutta gola.
… E il caldo lampo rosso di Zeus discese due volte dal cielo.
… E tutto fu tranquillo.
Mi rimisi lentamente in piedi.
Hasan stava a fianco della pira fiammeggiante, con un ramo infuocato in mano e in posizione di lancio.
Bortan fiutava quella massa di carne sussultante.
Cassandra stava dietro un cipresso, a fianco di uno dei due asini morti, con la schiena appoggiata al tronco dell’albero. Indossava pantaloni di pelle, una camicetta di lana azzurra, e aveva un debole sorriso sul volto, e il mio fucile per elefanti fumava ancora nella sua mano.
— Cassandra!
Lasciò ricadere il fucile, e si fece pallidissima. Ma l’avevo tra le braccia prima che l’arma toccasse il suolo.
— Più tardi ti chiederò un mucchio di cose — le dissi. — Non adesso. Niente, adesso. Sediamoci dietro questo albero e guardiamo il fuoco bruciare.
E così facemmo.
Un mese più tardi, Dos Santos fu espulso dalla Radpol. Da allora non ho più sentito nulla di lui e Diane. Voci affermano che abbiano abbandonato il Ritornismo, si siano trasferiti su Taler, e adesso vivano là. Spero che non sia vero, dopo quello che è successo negli ultimi cinque giorni. Non ho mai saputo tutta la storia di Parrucca Rossa, e immagino che non la saprò mai. Se avete fede in una persona, fede sul serio, voglio dire, e v’importa di lei, come a Diane importava di me, dovreste almeno fermarvi a vedere chi aveva ragione nella grande disputa finale, lei o voi. Diane non s’è fermata, e io mi chiedo se adesso ha dei rimorsi.
Comunque non credo proprio che la rivedrò mai più.
Subito dopo il riassestamento interno della Radpol, Hasan è tornato dal Monte Sindjar, s’è fermato qualche giorno al Porto, e poi s’è comperato una navicella e una mattina presto è partito, senza nemmeno dirci arrivederci o dare qualche indicazione sulla sua destinazione. Si presumeva che avesse trovato un nuovo impiego da qualche parte. Ma diversi giorni dopo scoppiò un uragano, e a Trinidad sentii dire che Hasan era stato sbattuto sulla costa del Brasile e aveva trovato morte per mano dei fieri guerrieri che ci vivono. Ho cercato di controllare la storia, ma non ci sono riuscito.
Comunque, due mesi più tardi, Ricardo Bonaventura, Presidente della Lega contro il Progresso, una diramazione minore della Radpol che era caduta in disgrazia ad Atene, morì d’un colpo apoplettico durante una riunione di partito. Si disse che le acciughe servite al rinfresco sapevano un po’ di veleno per conigli (una combinazione maledettamente letale, m’assicura George); e il giorno seguente il nuovo Capitano delle Guardie di Palazzo svanì misteriosamente, assieme ad una Lancia e alle minute delle ultime tre sedute segrete della LCP (per non parlare del contenuto d’una piccola cassaforte murale). L’autore del tutto pare essere un tipo molto grosso, con gli occhi gialli, e i lineamenti lievemente orientali.
Giasone accudisce ancora le sue pecore dalle molte gambe nei luoghi alti, dove le dita di Aurora giungono per prime a tingere di rosa il cielo, e senza dubbio corrompe i giovinetti col suo canto.
Ellen è di nuovo incinta, tutta delicata e con la pancia grossa, e parla soltanto con George. George vuole tentare un piccolo esperimento di chirurgia embrionale adesso, prima che sia troppo tardi, e abituare suo figlio a respirare non solo l’aria ma anche l’acqua, per via della grande frontiera vergine che sta sotto il mare, dove i suoi discendenti potranno fare da pionieri, e per di più lui sarebbe il padre d’una nuova razza e potrebbe scrivere un interessante libro sull’argomento, e cose del genere. Comunque Ellen non è che vada matta per quest’idea, e così penso che gli oceani resteranno vergini ancora per un poco.
Oh sì, ho portato George a Capistrano qualche tempo fa, a vedere il ritorno dei pipiragni. Era davvero impressionante: riempivano di nero il cielo col loro volo, facevano i nidi nelle rovine, mangiavano i maiali selvatici, sporcavano di rifiuti verdi le strade. Lorel ha ore e ore di questo spettacolo su pellicola tre-di, e le proietta ad ogni festa dell’Ufficio. È una specie di documento storico, adesso che i pipiragni sono sulla via dell’estinzione. George ha tenuto fede alla parola, e ha dato il via ad un’epidemia slishi, e quelli cadono giù come mosche. Proprio la settimana scorsa me n’è caduto uno davanti ai piedi, con un gran tonfo, mentre me ne stavo andando da Mamma Julie con una bottiglia di rum e una scatola di cioccolatini. Quando ha toccato terra era bell’e morto. Gli slishi sono molto insidiosi. Il povero pipiragno ignora quello che sta accadendo; è lì che vola tutto contento, cercando qualcosa da mangiare, e poi zip!, lo slish lo frega, e quello vola giù nel bel mezzo d’una festa o nella piscina di qualcuno.