— Lo farò.
Lo feci davvero. Più tardi, però. E non rimasi deluso, dal momento che non m’aspettavo nulla. Ma, mentre me ne stavo seduto e cercavo con tutte le mie forze di origliare, caddi improvvisamente in preda ad una visione. Un dottore m’aveva detto una volta che si trattava d’una realizzazione pseudotelepatica di un desiderio. Funziona a questo modo:
voglio sapere cosa sta succedendo da qualche parte. Ho quasi i dati sufficienti per fare una supposizione. Di conseguenza la faccio. Soltanto che mi arriva come se la stessi vivendo e ascoltando attraverso gli occhi e gli orecchi di una delle parti in causa. Comunque non è vera telepatia, non lo credo, perché a volte posso sbagliare. Certo che sembra maledettamente reale. Il dottore riuscì a dirmi tutto sul fenomeno, tranne il perché.
E così io
me ne stavo nel mezzo della stanza,
fissavo Cort Myshtigo,
ero Dos Santos,
stavo dicendo:
— … verrò con lei, per la sua sicurezza. Non come Segretario della Radpol, ma come privato cittadino.
— Non ho sollecitato la sua protezione — stava dicendo il vegano, — comunque, la ringrazio. Accetterò la sua offerta di prevenire la mia morte per mano dei suoi camerati — e sorrideva dicendolo, — se dovessero cercare di fare qualcosa durante i miei viaggi. Dubito che ci proveranno, ma dovrei essere un pazzo per rifiutare l’aiuto di Dos Santos.
— Lei è saggio — dicemmo, chinando un po’ il capo.
— Indubbiamente — disse Myshtigo. — Adesso mi dica… — Accennò nella direzione di Ellen, che aveva appena finito di litigare con George e si stava allontanando da lui sbattendo forte i tacchi per terra. — Chi è quella?
— Ellen Emmet, la moglie di George Emmet, Direttore del Dipartimento per la Protezione degli Animali Selvatici.
— Qual è il suo prezzo?
— Non credo che ne abbia fissato uno, di recente.
— Be’, qual era prima?
— Non ne ha mai avuto.
— Sulla Terra tutto ha un prezzo.
— In questo caso, suppongo che dovrà scoprirlo da solo.
— Lo farò — disse.
Le femmine terrestri hanno sempre avuto una strana attrattiva sui Vegani. Un Veggy m’ha detto una volta che lo facevano sentire zoofilo. Il che è interessante, perché una ragazza di piacere al Coté d’Or, m’ha detto una volta, ridacchiando, che i Vegani la facevano sentire une zoophiliste. Immagino che la respirazione poderosa dei vegani debba fare il solletico o qualcosa del genere, e scatenare la bestia in entrambe le razze.
— Tanto per sapere — dicemmo, — ha smesso di picchiare sua moglie?
— Quale? — chiese Myshtigo.
Dissolvenza, e mi ritrovo nella poltrona.
— Cosa ne pensi? — stava chiedendo George Emmet.
Lo fissai. Un secondo prima non era lì. Era arrivato d’improvviso e s’era spaparanzato sul bracciolo libero della mia poltrona.
— Torna indietro, per piacere. Sonnecchiavo.
— Ho detto che abbiamo sconfitto i pipiragni. Cosa ne pensi?
— Suona bene — osservai. — Così raccontami com’è che abbiamo sconfitto i pipiragni.
Ma lui stava ridendo. È uno di quei tipi con cui una risata è un fenomeno imprevedibile. È capace di andarsene in giro per giorni con un’aria da funerale, e poi una cosa da niente lo fa scoppiare a ridere. Boccheggia un po’ quando ride, come un bambino, e questa impressione è aumentata dalla sua flaccidità rosa e dai suoi capelli radi. Così aspettai. Ellen stava insultando Lorel, e Diane s’era girata a leggere i titoli sugli scaffali dei libri.
Finalmente: — Ho sviluppato un nuovo ceppo di slishi - sbuffò confidenzialmente.
— Accidenti, è grande! Cosa sono gli slishi? — chiesi poi dolcemente.
— Lo slish è un parassita bakabiano — spiegò, — una specie di grossa zecca. I miei sono lunghi quasi un ottavo di centimetro — disse con orgoglio, — e penetrano in profondità nella pelle producendo un velenosissimo siero.
— Fatali?
— I miei sì.
— Puoi prestarmene uno? — gli chiesi.
— Perché?
— Voglio infilarlo nella schiena di qualcuno. Ripensandoci, fanne una mezza dozzina. Ho tanti amici.
— I miei non danno fastidio alla gente, solo ai pipiragni. Hanno discriminazioni contro la gente. Gli uomini avvelenerebbero i miei slishi — (Disse «I miei slishi» con tono molto possessivo).
— Il metabolismo ospite deve essere basato sul rame, non sul ferro — spiegò, — e i pipiragni ricadono in questa categoria. Ecco perché voglio venire con voi in questo viaggio.
— Vuoi che ti trovi un pipiragno e te lo tenga fermo mentre tu gli butti addosso gli slishi? È questo che stai cercando di dire?
— Be’, mi piacerebbe avere un paio di pipiragni sotto mano: i miei li ho usati tutti il mese scorso. Comunque sono già sicuro che gli slishi funzioneranno. Voglio solo dare il via all’epidemia.
— Quale epidemia?
— Tra i pipiragni. Gli slishi si moltiplicano molto rapidamente nel clima terrestre, se gli si dà l’ospite adatto, e dovrebbero essere estremamente contagiosi se li facciamo partire nella stagione adatta. Avevo in mente la stagione degli amori dei pipiragni, nel sudovest. Comincerà tra sei o otto settimane nel territorio della California, in un Vecchio Posto — comunque non più caldo — che si chiama Capistrano. Ho sentito che il vostro giro ci passerà più o meno in quel periodo. Quando i pipiragni ritornano a Capistrano, voglio essere lì con i miei slishi. Inoltre, mi farebbe bene una vacanza.
— Mm-Mm. Ne hai parlato con Lorel?
— Sì, e pensa che sia una buona idea. In effetti vuole che ci fermiamo un po’ a fare qualche ripresa. Può darsi che in futuro non ci saranno tante opportunità di rivederli. Sono anche un bello spettacolo: riempiono di nero il cielo coi loro voli, fanno i nidi nelle rovine, mangiano i maiali selvatici, sporcano di rifiuti verdi le strade.
— Uh-huh, una specie di Halloween. Cosa succederà a quei maiali selvatici se uccidiamo tutti i pipiragni?
— Oh, ce ne saranno di più in giro. Ma prevedo che i puma gli impediranno di moltiplicarsi come i conigli australiani. Comunque è sempre meglio avere maiali che pipiragni, no?
— Non è che vada matto per nessuno dei due, ma adesso che ci penso in effetti preferirei i maiali ai pipiragni. D’accordo, certo, puoi venire con noi.
— Grazie — disse. — Ero sicuro che mi avresti aiutato.
— Non pensarci nemmeno.
A quel punto Lorel produsse dal fondo della gola grugniti di scusa. Stava a fianco della grande scrivania nel centro della stanza, e l’ampio schermo posto dinanzi si stava srotolando da solo. Era un aggeggio stereometrico, e tutti dovevano mettersi a sedere comodamente e non muoversi più. Lorel schiacciò un bottone sul fianco della scrivania, e le luci s’abbassarono un poco.
— Uh, sto per proiettare una serie di mappe — spiegò — se riesco a sistemare questa sincro-cosa… Ecco. Ora è a posto.
Sullo schermo apparvero a colori la parte superiore dell’Africa e quasi tutto il bacino del Mediterraneo.
— Era questa che voleva per prima? — chiese a Myshtigo.
— Era questa, ma più tardi — rispose il grande vegano, abbandonando una sommessa discussione con Ellen, che aveva intrappolato nell’alcova della Storia Francese, sotto un busto di Voltaire.
Le luci si abbassarono ancora un po’ e Myshtigo si diresse alla scrivania. Guardò prima la mappa, e poi nessuno in particolare.
— Voglio visitare certi posti-chiave, che per una ragione o per l’altra sono importanti nella storia del vostro mondo — disse.
— Mi piacerebbe partire con l’Egitto, la Grecia e Roma. Poi mi piacerebbe passare velocemente per Madrid, Parigi e Londra. — Le mappe s’alternavano mentre lui parlava, ma non abbastanza velocemente da tenere il suo passo. — Poi voglio retrocedere su Berlino, dare un’occhiata a Bruxelles, visitare Pietroburgo e Mosca, riattraversare l’Atlantico e fermarmi a Boston, New York, Washington, Chicago — (a quel punto Lorel si stava facendo una bella sudata), — passare nello Yucatan, e ritornare al territorio della California.