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«No, ha deciso di rinunciare.»

«Sei sicura che non dirà nulla?»

«Sì.»

Non sono sicura di niente, a proposito di quell’uomo. E soprattutto è lui a non essere più sicuro di me…

Ma non era quello il momento di parlarne né tantomeno di pensarci. Il capitano aveva preso quell’abbandono come un buon segno. E all’eventualità di un arresto simile si era attivato con le pile di nuovo cariche.

«Allora, che devo fare? E soprattutto, che vuoi fare tu?»

«Devi mettere in allerta la Polizia del Bronx. Che si tengano pronti a comunicare da domani pomeriggio alle due su una lunghezza d’onda cifrata e che si attengano alle mie direttive.»

Di rimando ne ebbe una risposta senza alternative.

«Sai che una richiesta del genere è un biglietto di sola andata, vero? Il capo mi sta attaccato come una cozza a uno scoglio. Se la Polizia si muove e non otteniamo un risultato, dovrò dare molte spiegazioni molto imbarazzanti. E in quel caso le nostre teste salteranno di sicuro.»

«Ne sono consapevole. Ma è l’unica strada che abbiamo. La sola speranza a cui aggrapparci per cercare di fermarlo.»

«Va bene. Spero che tu sappia quello che fai.»

«Lo spero anche io. Grazie, Alan.»

Il capitano aveva riattaccato e lei era rimasta da sola a viaggiare verso un addio.

Esattamente come adesso, mentre stava tornando verso New York con una presenza in macchina che a poco a poco sarebbe sbiadita nel tempo ma non nel ricordo.

Attraversò il George Washington Bridge e proseguì fino al momento in cui prese a sinistra sulla Webster Avenue, in direzione di Laconia Street, dove c’era la sede del 47° Distretto. La percorse fino al 4111 e parcheggiò la macchina davanti all’edificio, fra le auto di servizio dove erano seduti agenti in attesa. Non appena scese dalla Volvo, la porta a vetri si aprì e ne uscì il capitano in compagnia di una persona in borghese che non conosceva. Con Bellew si erano accordati di trovarsi lì la sera del giorno precedente, quando lo aveva chiamato prima di spegnere…

Il telefono, cazzo.

Lo aveva disattivato subito dopo, per evitare che nel silenzio della clinica suonasse. Sapeva che durante la notte non avrebbe avuto nessuna chiamata importante. Se qualcosa fosse successo, sarebbe successo il giorno dopo. Voleva stare lì, con sua sorella, sola e isolata dal resto del mondo, per quella che si era rivelata poi essere la loro ultima notte insieme. E travolta dalla morte di Greta aveva dimenticato di accenderlo quando era partita da Cresskill. Si frugò nelle tasche del giubbotto e lo tirò fuori. Lo mise in funzione con dita frenetiche, sperando che nel frattempo non ci fossero state telefonate. La sua speranza durò poco. Non appena il cellulare trovò la rete, le arrivarono diversi messaggi di chiamate perse.

Russell.

Dopo, ora non ho tempo.

Sundance.

Dopo, tesoro mio. Ora non so che dire e non so come dirlo.

Bellew.

Cristo santo, perché non ho acceso questo dannato telefono?

Padre McKean.

Maledizione. Maledizione. Maledizione.

Controllò l’ora della chiamata e vide che era stata effettuata a mezzogiorno. Vivien guardò l’orologio. Le due e un quarto. Ignorava il motivo di quella telefonata ma a quell’ora non poteva richiamare, perché don Michael di certo era già nel confessionale. Se il telefono avesse suonato, poteva essere motivo di imbarazzo per un penitente qualunque o motivo di sospetto per l’uomo che stavano braccando, se per un caso del destino fosse stato già lì.

Nel frattempo Bellew e l’altro uomo l’avevano raggiunta nel parcheggio.

Era un uomo bene in carne, ma dal passo dimostrava di essere forte e agile nonostante non fosse dotato di una corporatura atletica.

«Vivien, ma dove ti eri cacciata?»

Il capitano vide l’espressione del suo viso e il suo tono cambiò di colpo.

«Scusami. Come sta tua sorella?»

Vivien rimase in silenzio, sperando che la pastiglia del dottor Savine l’aiutasse, oltre che a stare sveglia, anche a trattenere le lacrime. Le parole non dette furono più chiare di qualunque discorso.

Bellew le mise una mano sulla spalla.

«Mi dispiace molto. Davvero.»

Vivien si riscosse. Si accorse dell’imbarazzo dell’altro uomo. Aveva capito che qualcosa di poco bello era successo, qualcosa che poteva quantificare ma alla quale non sapeva come reagire. La detective lo trasse dal disagio e gli tese la mano.

«Detective Vivien Light. Grazie per l’aiuto.»

«Sono il commissario di Polizia William Codner. È un piacere. Spero che…»

Vivien non avrebbe mai saputo quello che Codner sperava, perché il telefono che ancora stringeva in pugno prese a squillare. Lo schermo si illuminò e sul display apparve il nome di padre McKean. Vivien sentì una vampa di calore partire dallo stomaco e diffondersi dappertutto. Rispose immediatamente, coprendo il microfono del cellulare con un dito, perché dall’altra parte non arrivasse alcun suono.

Alzò il viso verso i due uomini che erano con lei.

«Ci siamo.»

Il commissario fece un gesto con la mano e le auto si misero in moto.

Una venne verso di loro. Vivien si sedette sul sedile davanti. Bellew e Codner presero posto su quello posteriore.

«Ragazzi, siamo in gioco. A te la palla, Vivien.»

«Un attimo.»

Un voce che non conosceva, calma e profonda.

«…e come vede le promesse sono state mantenute.»

Poi la risposta di padre McKean.

«Ma a che prezzo. Quante vite è costata questa follia?»

Vivien allontanò leggermente il telefono dall’orecchio. Afferrò il ricetrasmettitore dal suo supporto sulla radio e diede istruzioni alle macchine in ascolto.

«A tutte le auto. Qui è la detective Light che parla. Convergere verso la zona di Country Club. Isolate il quadrilatero fra la Tremont, la Barkley, la Logan e il Bruckner Boulevard. Voglio un cordone di auto e di agenti in grado di controllare chiunque esca da quella zona, in auto o a piedi.»

«Follia? Sono forse state definite una follia le Piaghe d’Egitto? È stato chiamato follia il Diluvio Universale?»

Vivien sentì una mano stringerle il petto e il battito del cuore accelerare.

Quell’uomo era pazzo davvero. Pazzo furioso. Sentì la voce del sacerdote, venata di compassione, cercare di trasmettere la ragione a chi non era in grado di riceverla.

«Ma poi è venuto Gesù e il mondo è cambiato. Ha imparato il perdono.»

«Gesù ha fallito. Voi lo avete predicato ma non lo avete ascoltato. Voi lo avete ucciso…»

La voce aveva perso il suo tono basso per diventare leggermente stridula. Vivien cercò di immaginarsi il viso di quell’uomo nella penombra di un confessionale che per altri significava espiazione e remissione dei peccati e che per lui era solo un posto dove affiggere i suoi proclami di morte.

«Per questo hai deciso di indossare quella giacca verde? Per questo hai ucciso tanti innocenti? Per vendetta?»

Vivien capì che padre McKean le stava dando una indicazione, una conferma della descrizione di quell’uomo. E continuando a ribattere le stava dando il tempo di arrivare. Portò di nuovo alla bocca il microfono e parlò agli agenti in ascolto.

«Il sospetto è un soggetto di razza bianca, alto, con i capelli scuri.

Indossa una giacca verde, del tipo militare. Può essere armato e pericoloso.