Il sergente Colon si rigirò l’oggetto fra le mani.
«Non li ho mai visti prima» disse. Lo agitò e fece un gran sorriso. «Carini, no?»
«La porta era chiusa a chiave» disse Rovina. «E pago la Gilda dei Ladri».
Colon agitò di nuovo l’oggetto.
«Bello» disse.
«Fred?»
Colon, affascinato, guardò i piccoli fiocchi di neve ricadere all’interno del minuscolo globo di vetro. «Mmm?»
«Che cosa devo fare?»
«Boh. Secondo me sono tuoi, Rovina. Non capisco proprio perché buttarli via, però».
Si voltò verso la porta. Rovina gli si parò davanti.
«Allora fanno dodici pence» disse dolcemente.
«Cosa?»
«Per quello che ti sei appena messo in tasca, Fred».
Colon tirò fuori il globo.
«Ma dai!» protestò. «Li hai trovati qua! Non ti sono costati un soldo!»
«Sì, ma c’è lo stoccaggio… la confezione… la manutenzione…»
«Due pence» disse disperatamente Colon.
«Dieci».
«Tre».
«Sette… mi voglio rovinare».
«Affare fatto» disse il sergente con riluttanza. Agitò di nuovo il globo.
«Carini, eh?» disse.
«Valgono ogni penny» disse Dibbler. Si fregò le mani speranzoso. «Dovrebbero vendersi come il pane» disse, prendendone una manciata e mettendoli in una scatola.
Quando uscirono chiuse a chiave la porta.
Nell’oscurità qualcosa fece plop.
Ankh-Morpork aveva sempre avuto una buona tradizione di accoglienza nei confronti di gente di ogni razza, colore e forma, purché avesse soldi da spendere e il biglietto di ritorno.
Secondo la famosa pubblicazione a cura della Gilda dei Mercanti, AnkhMorpork, La Città Delle Mille Sorprese, ‘allo visitatore è garantita la calda accoglienza nelle molteplici locande e negli ostelli di quest’Antica Città, indove molti sono esperti nel gusto de li forestieri. Perciò che tu sia Uomo, Trollo, Nano, Gobelin o Gnomo, Ankh-Morpork brinderà alla tua salute! Da questa parte, ragazzo! Su le chiappe!’
Windle Poons non sapeva dove andavano a divertirsi i non-morti. L’unica cosa che sapeva con certezza era che se potevano divertirsi da qualche parte, quel posto era Ankh-Morpork.
I suoi passi faticosi lo portarono nei meandri delle Ombre. Solo che ora non erano più tanto faticosi.
Per oltre un secolo Windle Poons era vissuto all’interno delle mura dell’Università Invisibile. In termini di numero di anni, era anche vissuto a lungo. In termini di esperienza, aveva più o meno tredici anni.
Ora vedeva, sentiva e annusava cose che mai aveva visto, sentito o annusato.
Le Ombre erano la parte più antica della città. Se si fosse potuta fare una mappa in rilievo della peccaminosità, della cattiveria e dell’immoralità a tutto tondo, come quelle rappresentazioni dei campi gravitazionali attorno a un buco nero, perfino ad Ankh-Morpork le Ombre sarebbero state rappresentate da un picco. In effetti quella zona della città assomigliava molto al suddetto ben noto fenomeno astronomico: aveva una forte capacità di attrazione, la luce non ne usciva, e in effetti poteva diventare una porta verso un altro mondo. L’altro mondo, appunto.
Le Ombre erano una città nella città.
Le strade brulicavano di folla. Figure infagottate sgattaiolavano furtive verso misteriosi affari. Strane musiche affioravano da ripide rampe di scale, così come aromi pungenti ed eccitanti.
Poons superò rosticcerie goblin e bar di nani, da cui provenivano suoni di canti e risse, attività che per tradizione i nani svolgono contemporaneamente. E c’erano troll, che si muovevano tra la folla come… come tipi molto grossi tra tipi molto piccoli. E non trascinavano nemmeno i piedi.
Windle aveva visto finora i troll nelle zone più esclusive della città,[5] dove si muovevano con cautela esagerata per evitare di pestare accidentalmente a morte qualche passante per poi mangiarlo. Nelle Ombre camminavano spavaldi a grandi passi, con le teste talmente alte che quasi spuntavano al di sopra delle scapole.
Windle Poons vagava tra la folla come una pallina da flipper. Qui un fragore fumoso da un bar lo respingeva in strada, là una porticina discreta che prometteva delizie insolite e proibite lo attirava come una calamita. Nella vita di Windle Poons non c’erano nemmeno mai state molte delizie comuni e autorizzate. Non era nemmeno sicuro di sapere cosa fossero. Alcuni disegni fuori da una porta illuminata di rosa lo lasciarono ancora più perplesso, ma con una voglia incredibile di saperne di più.
Girò su se stesso, piacevolmente sbalordito.
Quel posto era solo a dieci minuti di cammino (quindici se barcollavi) dall’Università! E lui non l’aveva mai saputo! Tutta quella gente! Tutto quel rumore! Tutta quella vita!
Molte persone, di varie forme e specie, lo urtarono. Una o due fecero per dire qualcosa, poi chiusero in fretta la bocca e corsero via.
Pensavano… quegli occhi! Parevano succhielli.
E poi una voce dall’ombra disse: «Ciao, ragazzone. Ti va di divertirti?»
«Oh sì!» disse Windle Poons, perso nei suoi pensieri. «Oh, sì! Sì!»
Si voltò.
«Porca miseria!» Si udirono dei passi in fuga nel vicolo.
Windle si intristì.
Ovviamente la vita era solo per i vivi. Forse tutta quella faccenda di tornare al proprio corpo era stata un errore. Era stato uno stupido a pensare il contrario.
Girò sui tacchi, e badando a malapena a far battere il cuore, tornò all’Università.
Windle scarpinò attraverso il cortile verso l’Aula Magna. L’Arcicancelliere avrebbe saputo cosa fare…
«Eccolo là!»
«È lui!»
«Prendetelo!»
Il treno dei pensieri di Windle cadde in un precipizio. Si guardò intorno e vide cinque facce arrossate, preoccupate e soprattutto familiari.
«Oh, salve, Decano» disse in tono infelice. «E quello è il Sommo Algebrico? Oh, e c’è anche l’Arcicancelliere, questa sì che…»
«Acchiappagli il braccio!»
«Non guardatelo negli occhi!»
«Acchiappagli l’altro braccio!»
«È per il tuo bene, Windle!»
«Non è Windle! È una creatura della Notte!»
«Vi assicuro…»
«Prese le gambe?»
«Afferra la gamba!»
«Afferra l’altra gamba!»
«Avete tutto?» tuonò l’Arcicancelliere.
I maghi annuirono.
Mustrum Ridcully pescò nei pesanti recessi dei suoi abiti.
«Va bene, orrore in forma umana» ruggì, «che te ne pare di questo, eh? Ah-ha!»
Windle sbatté le palpebre per vedere meglio l’oggetto che l’altro gli aveva messo trionfante sotto il naso.
«Ehm, sì…» disse con diffidenza. «Direi… sì… mmm… sì, l’odore è inconfondibile… sì, non c’è dubbio. Allium sativum. Aglio comune. Giusto?»
I maghi lo fissarono. Poi fissarono il piccolo spicchio bianco. Poi di nuovo Windle.
«Ho indovinato, giusto?» disse, facendo un tentativo di sorriso.
«Ehm» disse l’Arcicancelliere. «Sì. Sì, è esatto». Ridcully si guardò intorno in cerca di qualcosa da aggiungere. «Ben fatto» disse.
«Grazie per il tentativo» disse Windle. «Lo apprezzo molto». Fece un passo avanti. I maghi avrebbero avuto più successo cercando di trattenere un ghiacciaio.
«Ora vado a fare un riposino» disse. «È stata una giornata lunga».
Barcollò nell’edificio e cigolò fin nella sua stanza. A quanto pareva qualcun altro aveva trasferito lì la propria roba, ma Windle rimediò raccogliendo tutto in una bracciata e gettandolo nel corridoio.