Poi si distese sul letto.
Dormire. Be’, stanco lo era. Perlomeno era un inizio. Ma dormire significava mollare i controlli, e non era sicuro che il sistema fosse del tutto operativo.
Ma poi, in fondo, aveva bisogno di dormire? Dopotutto era morto. Era un po’ come dormire, solo molto di più. Dicevano che morire era un po’ come dormire, anche se naturalmente se non ci stavi attento potevi marcire e perderti i pezzi.
E comunque cos’è che si faceva, nel sonno? Sognare… Non c’entrava in qualche modo il mettere ordine fra i ricordi? Come funzionava?
Fissò il soffitto.
«Non avrei mai pensato che essere morto fosse una tale rogna» disse a voce alta.
Dopo un po’ un debole ma insistente cigolio lo fece voltare.
Sul caminetto c’era un candelabro ornamentale, fissato con delle staffe al muro. Era un oggetto talmente familiare che Windle non lo vedeva veramente da cinquant’anni.
Si stava svitando. Girava lentamente, un cigolio ogni giro. Dopo cinque o sei giri cadde sul pavimento.
I fenomeni inspiegabili non erano di per sé insoliti su Mondo Disco.[6] Era solo che normalmente avevano un senso, o quanto meno erano un po’ più interessanti.
Niente altro sembrava intenzionato a muoversi. Windle si rilassò e tornò a mettere in ordine i suoi ricordi. C’erano cose di cui si era completamente dimenticato.
Ci fu un breve mormorio fuori, poi la porta si spalancò…
«Le gambe! Prendigli le gambe!»
«Tienigli le braccia!»
Windle cercò di sedersi. «Oh, ciao» disse. «Che succede?»
L’Arcicancelliere, ai piedi del letto, rovistò in un sacco e tirò fuori un grosso oggetto pesante.
Lo tenne in alto.
«Ah-ha!» disse.
Windle lo guardò.
«Sì?» disse, volenteroso.
«Ah-ha» ripeté l’Arcicancelliere, con un filo meno di convinzione.
«È un’ascia simbolica a doppio manico del culto di Io Cieco» disse Windle.
L’Arcicancelliere lo guardò con occhi vuoti.
«Ehm, sì» disse, «esatto». Se la gettò al di sopra della spalla, mancando per un pelo l’orecchio sinistro del Decano, e pescò di nuovo nel sacco.
«Ah-ha!»
«Quello è un bell’esempio del Dente Mistico di Offler il Dio Coccodrillo» disse Windle.
«Ah-ha!»
«E quello… vediamo… sì, è il set delle Sacre Anatre Volanti di Ordpor il Dozzinale. Divertente, il gioco!»
«Ah-ha».
«Quello… aspetta, non me lo dire, non me lo dire… è il sacro linglong del famigerato culto Sootee, non è vero?»
«Ah-ha?»
«Secondo me quello è il pesce a tre teste della religione del pesce a tre teste degli Howanda» disse Windle.
«Questo è ridicolo» disse l’Arcicancelliere, lasciando cadere il pesce.
I maghi incurvarono le spalle. Gli oggetti sacri non erano poi una cura così infallibile.
«Mi dispiace davvero di dare tanto disturbo» disse Windle.
Il Decano s’illuminò all’improvviso.
«La luce!» disse, eccitato. «La luce del giorno funzionerà!»
«Acchiappa la tenda!»
«Acchiappa l’altra tenda!»
«Uno, due, tre… ora!»
Windle sbatté le palpebre alla luce del sole.
I maghi trattennero il respiro.
«Mi dispiace» disse. «Pare che non funzioni».
I maghi si afflosciarono di nuovo.
«Non senti nulla?» chiese Ridcully.
«Nessuna sensazione di ridurti in polvere ed essere spazzato via?» disse il Sommo Algebrico, speranzoso.
«Il naso mi si spella se sto troppo al sole» disse Windle. «Ma non so se può servire». Cercò di sorridere.
I maghi si scambiarono un’occhiata, stringendosi nelle spalle.
«Fuori» disse l’Arcicancelliere. Uscirono in fila.
Ridcully li seguì. Si fermò sulla soglia e agitò un dito all’indirizzo di Windle.
«Questo atteggiamento non collaborativo, Windle, non le giova per nulla» disse, chiudendosi la porta alle spalle con uno schianto.
Dopo qualche secondo le quattro viti che tenevano la maniglia si svitarono molto lentamente. Si alzarono in volo, orbitando vicine al soffitto per un po’, poi caddero.
Windle ci pensò su per un po’.
Ricordi. Ne aveva tanti. Centotrenta anni di ricordi. Quando era vivo non riusciva a ricordare nemmeno un centesimo delle cose che sapeva, ma ora che era morto, e la mente era sgombra da ogni cosa a parte il filo argenteo dei pensieri, le sentiva tutte lì, presenti. Tutto quello che aveva letto, tutto quello che aveva visto, tutto quello che aveva sentito. Era tutto lì, schierato in ranghi ordinati. Nulla era dimenticato, ogni cosa era al suo posto.
Tre fenomeni inesplicabili in un giorno. Quattro, se si contava anche la sua perdurante esistenza. Quella era veramente inspiegabile.
E richiedeva una spiegazione.
Be’, che ci pensasse qualcun altro. Ormai niente più era affar suo.
I maghi si accoccolarono fuori dalla porta della stanza di Windle.
«Avete tutto?» chiese Ridcully.
«Ma perché non lo facciamo fare ai domestici?» mormorò il Sommo Algebrico. «Non è dignitoso».
«Perché voglio che sia fatto bene e con dignità» sbottò l’Arcicancelliere. «Se bisogna conficcare un paletto dentro un mago e seppellirlo a un crocevia, allora che siano dei maghi a farlo. Dopotutto siamo suoi amici».
«Cos’è questo?» chiese il Decano, esaminando l’aggeggio che aveva in mano.
«Si chiama badile» disse il Sommo Algebrico. «L’ho visto usare dai giardinieri. Si pianta nel terreno la parte appuntita. Poi la cosa diventa un po’ più tecnica».
Ridcully sbirciò dal buco della serratura.
«Si è steso di nuovo» disse. Si alzò, spolverandosi le ginocchia, e afferrò la maniglia. «Bene» disse. «Al mio via. Uno… due…»
Modo il giardiniere stava spingendo un carretto pieno di potature di siepe verso un falò dietro il nuovo edificio dei laboratori di Magia a Elevata Energia, quando una mezza dozzina di maghi passò a una velocità che, per dei maghi, era sostenuta. Windle Poons era portato in alto in mezzo a loro.
Modo lo sentì dire: «Arcicancelliere, è proprio sicuro che stavolta funzionerà…?»
«Abbiamo molto a cuore i suoi interessi» disse Ridcully.
«Ne sono certo, ma…»
«Presto ti faremo sentire meglio» disse il Tesoriere.
«No, invece» sibilò il Decano. «È proprio questo il punto!»
«Presto non ti faremo sentire meglio, è proprio questo il punto» balbettò il Tesoriere mentre giravano l’angolo.
Modo riprese i manici del carretto e lo spinse pensierosamente verso il luogo appartato dove faceva i falò e teneva il compost, il pacciame, e la capannina dove si riparava quando pioveva.
Una volta era aiutogiardiniere a Palazzo, ma questo lavoro era molto più interessante. Si viveva sul serio, qui.
Quella di Ankh-Morpork è una società di strada. Succede sempre qualcosa di interessante. Al momento, il conducente di un carretto di frutta a due cavalli stava tenendo sollevato il Decano per il colletto a venti centimetri da terra, e stava minacciando di rigirargli la testa al contrario.
«Sono pesche, è chiaro?» continuava a urlare. «Lo sai cosa succede alle pesche che rimangono lì per troppo tempo? Si ammaccano. E qui stanno per ammaccarsi un sacco di altre cose».
«Sono un mago, sa» disse il Decano, con il cappello a punta penzoloni. «Se non fosse che usare la magia per scopi non puramente difensivi sarebbe contro le regole, lei sarebbe decisamente in guai grossi».
«Ma che state facendo?» disse il carrettiere, posando a terra il Decano in modo da poter guardare sospettosamente oltre la sua spalla.
6
Le piogge di pesce, per esempio, erano talmente comuni nel paesino pedemontano di Pine Dressers che era nata una fiorente industria per l’affumicatura, inscatolamento e sfilettatura dell’aringa. E nella regione montana di Syrrit molte pecore, lasciate al pascolo durante la notte, venivano trovate la mattina dopo