«Sì» disse un uomo che cercava di controllare una squadra che tirava un carro di legname, «che succede? Qui c’è gente che viene pagata all’ora, sapete?»
«Muovetevi, là davanti!»
Il conducente della legna si voltò verso la fila di carri dietro di lui. «Ci sto provando» disse. «Non è mica colpa mia! C’è un mucchio di maghi che scava tutta la strada del cavolo!»
La faccia fangosa dell’Arcicancelliere fece capolino dall’orlo della buca.
«Ma santo cielo, Decano» disse, «le avevo detto di sistemare la questione!»
«Sì, stavo dicendo a questo signore di indietreggiare e prendere un’altra strada» disse il Decano, che temeva di stare per soffocare.
Il fruttivendolo lo girò in modo che potesse vedere le strade intasate. «Mai provato a far indietreggiare sessanta carri tutti insieme?» domandò. «Non è facile. Specialmente se nessuno si può muovere perché voialtri avete fatto le cose in modo che ogni carro blocchi la strada all’altro!»
Il Decano cercò di annuire. Si era posto qualche dubbio circa l’opportunità di scavare la buca all’incrocio tra la Via dei Piccoli Dei e la Via Larga, due delle vie più trafficate di Ankh-Morpork. Al momento era sembrata una scelta logica. Anche il più pervicace dei non-morti sarebbe rimasto decorosamente sepolto sotto quel volume di traffico. L’unico problema era che nessuno aveva pensato seriamente alla difficoltà di fare degli scavi in due strade principali all’ora di punta.
«Va bene, va bene, che succede qui?»
La folla di spettatori si aprì per lasciar passare la figura massiccia del sergente Colon della Guardia. Si fece strada fra la folla, inarrestabile, con la pancia che lo precedeva. Quando vide i maghi, immersi fino alla vita in una buca in mezzo all’incrocio, il suo faccione rosso si illuminò.
«Che abbiamo qui?» disse. «Una banda di ladri internazionali di incroci?»
Era al settimo cielo. La sua politica a lungo termine stava pagando!
L’Arcicancelliere rovesciò una badilata di terriccio di Ankh-Morpork sui suoi stivali.
«Non faccia lo stupido» sbottò. «La cosa è di importanza vitale».
«Oh sì. Dicono tutti così» disse il sergente Colon, che non era il tipo d’uomo che si faceva distrarre da un percorso mentale, una volta che aveva preso l’avvio. «Scommetto che ci sono centinaia di paesi in posti pagani come Klatch che pagano una fortuna per un bell’incrocio di prestigio come questo, eh?»
Ridcully lo guardò a bocca aperta.
«Che sta farneticando, agente?» disse. Indicò il cappello a punta, irritato. «Non mi ha sentito? Siamo maghi. Queste sono faccende da maghi. Perciò faccia il bravo e diriga un po’ questo traffico…»
«… le pesche si ammaccano appena le guardi…» disse una voce alle spalle del sergente Colon.
«Quei vecchi scemi ci tengono qui da più di mezz’ora» disse un mandriano che aveva ormai perso il controllo di quaranta capi che vagavano senza meta nelle strade vicine. «Li deve arrestare».
Il sergente realizzò che si era messo inavvertitamente al centro di un dramma che coinvolgeva centinaia di persone, alcune delle quali erano maghi, e tutte molto nervose.
«Ma che state facendo?» domandò debolmente.
«Stiamo seppellendo il nostro collega. A lei cosa sembra?» disse Ridcully.
Gli occhi di Colon corsero a una bara aperta al lato della strada. Windle Poons gli fece un piccolo ciao con la mano.
«Ma… non è morto… vero?» disse, aggrottando la fronte nel tentativo di capire la situazione.
«Le apparenze ingannano» disse l’Arcicancelliere.
«Ma mi ha appena salutato» disse il sergente, perso.
«E allora?»
«Be’, non è normale per i…»
«Va tutto bene, sergente» disse Windle.
Il sergente Colon si avvicinò alla bara.
«Ma ieri notte non l’ho vista buttarsi nel fiume?» chiese a mezza bocca.
«Sì. È stato di grande aiuto» disse Windle.
«E poi è riemerso di nuovo» disse il sergente.
«Temo di sì».
«Ma è rimasto sotto un sacco di tempo».
«Sì, era molto buio. Non trovavo i gradini».
Il sergente Colon ammise che aveva senso.
«Allora immagino che sia morto» disse. «Nessuno che non fosse già morto poteva stare laggiù».
«Infatti» convenne Windle.
«Allora perché parla e saluta?» chiese Colon.
Il Sommo Algebrico fece capolino dalla buca.
«Non è strano che un morto si muova e produca dei suoni, sergente» disse, incoraggiante. «È tutta colpa degli spasmi muscolari involontari».
«Il Sommo Algebrico ha ragione» disse Windle Poons. «L’ho letto anch’io da qualche parte».
«Oh». Il sergente Colon si guardò intorno. «Bene» disse, incerto. «Bene… tutto a posto, direi…»
«Okay, siamo pronti» disse l’Arcicancelliere, arrampicandosi fuori dalla buca, «è abbastanza profonda. Avanti, Windle, si metta giù».
«Sono davvero commosso, sa» disse Windle sdraiandosi nella bara. Era di buona qualità, veniva dall’obitorio in Via Olmo. L’Arcicancelliere gliel’aveva lasciata scegliere.
Ridcully prese un mazzuolo.
Windle si alzò di nuovo a sedere.
«Vi date tutti tanto disturbo…»
«Sì, esatto» disse Ridcully, guardandosi intorno. «Chi ha il paletto?»
Tutti guardarono il Tesoriere.
Il Tesoriere era molto infelice.
Rovistò in una borsa.
«Non l’ho trovato» disse.
L’Arcicancelliere si coprì gli occhi con la mano.
«Ho capito» disse piano. «Non mi sorprende, sa? No, per niente. E che cosa ha trovato? Costolette d’agnello? Un bel pezzo di maiale?»
«Sedano» disse il Tesoriere.
«È colpa dei suoi nervi» si affrettò a dire il Decano.
«Sedano» ripeté l’Arcicancelliere, il cui autocontrollo era rigido tanto da riuscire a piegare un ferro di cavallo. «Ho capito».
Il Tesoriere gli porse un cespo verde e fradicio. Ridcully lo prese.
«E ora, Windle» disse, «vorrei che immaginasse che quello che ho in mano…»
«Non c’è problema» disse Windle.
«Non sono così sicuro di poter conficcare…»
«Gliel’assicuro, per me non è un problema» disse Windle.
«No?»
«Il principio è chiaro» disse Windle. «Se mi dà il sedano ma pensa di conficcare un paletto, probabilmente basterà».
«È molto gentile da parte sua» disse Ridcully. «Dimostra il giusto spirito».
«Spirito di salma» disse il Sommo Algebrico.
Ridcully lo fulminò con un’occhiata, poi tese il sedano a Windle con un gesto teatrale.
«Prenda qua!» disse.
«Grazie» disse Windle.
«Ora mettiamo su il coperchio e andiamo a pranzo» disse Ridcully. «Non si preoccupi, Windle. Deve funzionare per forza. Oggi è l’ultimo giorno del resto della sua vita».
Windle si distese al buio, ascoltando il martellamento. Ci fu un tonfo e un’imprecazione soffocata all’indirizzo del Decano per non aver sorretto bene l’estremità. Poi il terriccio sul coperchio, sempre più flebile e lontano.
Dopo un po’ un brontolio distante suggerì che il traffico cittadino era ripartito. Sentiva perfino delle voci indistinte.
Batté sul coperchio della bara.
«Volete fare silenzio?» disse. «Qui c’è gente che cerca di restare morta!»
Le voci smisero. Ci fu un rumore di passi che correvano via.
Windle rimase là per un po’. Non poteva dire quanto. Cercò di interrompere le sue funzioni, ma tutto diventava ancora più scomodo. Ma perché era tanto difficile morire? Gli altri sembravano riuscirci anche senza fare esercizio.
Oltretutto, gli prudeva una gamba.
Cercò di allungarsi per grattarla, e la sua mano toccò qualcosa di piccolo e dalla forma irregolare. Riuscì ad afferrarlo tra le dita.