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È come la differenza tra un abito su misura e uno comprato fatto.

I rumori metallici nel vicolo si fermarono.

Poi ci fu silenzio. Il silenzio particolarmente cauto di qualcosa che non fa rumore.

E infine, ci fu solo un tintinnio molto lieve, che svaniva in lontananza.

«Non restare sulla soglia, amico. Non bloccare il corridoio, entra».

Windle Poons sbatté le palpebre nell’oscurità.

Quando i suoi occhi si furono adattati, vide delle sedie disposte a semicerchio in una stanza altrimenti piuttosto spoglia e polverosa. Erano tutte occupate.

Al centro, nel punto focale del semicerchio, c’era un tavolino a cui era seduto qualcuno. Ora quella persona stava avanzando verso di lui, con la mano tesa e un gran sorriso.

«Non dirmelo, fammi indovinare» disse. «Sei uno zombie, giusto?»

«Ehm». Windle Poons non aveva mai visto nessuno con una pelle così pallida, o almeno quello che ne restava. O con degli abiti che sembravano lavati con delle lame di rasoio e che puzzavano non solo come se qualcuno ci fosse morto dentro, ma ci stesse ancora, dentro. O che avesse una spilletta con su scritto ‘Fiero di Essere Morto’.

«Non lo so» rispose. «Credo di sì. È solo che mi hanno seppellito, e c’era questo biglietto…» Lo sollevò come uno scudo.

«Certo, certo» disse la figura.

Ora vorrà stringermi la mano, pensò Windle. Se lo faccio mi ritrovo con più dita di prima, lo so. Oh, santo cielo. Finirò anch’io così?

«E sono morto» disse debolmente.

«E stufo di essere sballottato in giro, eh?» disse pelle-verdastra. Windle gli strinse la mano con grande cautela.

«Be’, non proprio…»

«Mi chiamo Scarpa. Reg Scarpa».

«Poons. Windle Poons» disse Windle. «Ehm…»

«Sempre la stessa storia» disse Reg Scarpa in tono amaro. «Una volta che sei morto, nessuno lo vuole sapere. Si comportano tutti come se avessi qualche malattia orrenda. Può succedere a chiunque di morire, no?»

«A tutti, pensavo io» disse Windle. «Ecco, io…»

«Sì, capisco perfettamente. Tu dici che sei morto e quelli ti guardano come se avessero visto un fantasma» proseguì il signor Scarpa.

Windle si rese conto che parlare con il signor Scarpa era come parlare con l’Arcicancelliere. Non importava cosa dicevi, tanto lui non ascoltava. La differenza era che a Mustrum Ridcully non interessava, mentre Reg Scarpa completava la tua parte di conversazione con qualcosa nella sua testa.

«Sì, è così» disse Windle, arrendendosi.

«Eravamo in conclusione, in effetti» disse Scarpa. «Ti presento agli altri. Gente, questo è…» esitò.

«Poons. Windle Poons».

«Fratello Windle» disse Scarpa. «Diamogli un bel benvenuto al Nuovo Inizio!»

Ci fu un coro imbarazzato di ‘Ciao’. Un giovanotto piuttosto grasso e peloso alla fine della fila incrociò lo sguardo di Windle e alzò gli occhi al cielo in una teatrale manifestazione di cameratismo.

«Quello è Fratello Arthur Winkings…»

«Conte Notfaroutoe» disse una voce femminile in tono tagliente.

«E Sorella Doreen… Cioè, Contessa Notfaroutoe, naturalmente».

«Incantata» disse la voce femminile, mentre la donnina grassoccia seduta accanto alla piccola sagoma grassoccia del Conte gli tendeva una mano inanellata. Il Conte stesso rivolse a Windle un sorriso preoccupato. Indossava abiti da serata all’opera che sembravano fatti per un uomo molto più grosso.

«E Fratello Schleppel…»

La sedia era vuota. Ma una voce profonda dal buio sotto la sedia disse: «’Sera».

«E Fratello Lupine». Il giovanotto peloso e muscoloso con i canini lunghi e le orecchie appuntite strinse calorosamente la mano di Windle.

«E Sorella Drull, Fratello Gorper e Fratello Isolite».

Windle strinse una serie di variazioni sul tema ‘mani’.

Fratello Isolite gli porse un pezzetto di carta gialla. Sopra c’era scritta una parola: ‘OoooEeeeOoooEeeeOoooEEEee’.

«Mi dispiace che non siamo di più» disse Scarpa. «Faccio del mio meglio, ma temo che la gente non sia preparata a fare uno sforzo in più».

«Ehm… gente morta?» disse Windle, che ancora fissava il bigliettino.

«Io la chiamo apatia» disse Scarpa, amaro. «Come fa il Movimento a progredire se la gente non fa altro che starsene distesa?»

Lupine cominciò a fare gesti frenetici del tipo ‘per carità, non farlo cominciare’ dietro la testa di Scarpa, ma Windle non riuscì a fermarsi in tempo.

«Quale Movimento?» chiese.

«Diritti dei Morti» rispose prontamente Scarpa. «Ti do uno dei miei opuscoli».

«Ma, ecco, i morti non possono avere diritti…?» disse Windle. Con la coda dell’occhio vide Lupine che si copriva gli occhi con la mano.

«Su questo ci puoi scommettere la vita» disse Lupine, con la faccia serissima. Scarpa lo fulminò con lo sguardo.

«Apatia» ripeté. «È sempre lo stesso. Fai del tuo meglio per gli altri, e loro ti ignorano. Ma lo sai che chiunque può dire ciò che vuole su di te e prendersi le tue proprietà solo perché sei morto? E poi…»

«Io pensavo che quando si moriva, ecco… si moriva» disse Windle.

«È solo pigrizia» disse Scarpa. «Non hanno voglia di sforzarsi».

Windle non aveva mai visto nessuno tanto abbattuto. Reg Scarpa sembrò avvizzire un bel po’.

«Da quanto tempo sei un non-movto, Vindle?» chiese Doreen, con freddo entusiasmo.

«Da pochissimo» disse Windle, sollevato dal cambiamento di tono. «Devo dire che è diverso da come lo immaginavo».

«Ti ci abituerai» disse cupamente Arthur Winkings, alias Conte Notfaroutoe. «È tipico dell’essere non-morti. È più facile che cadere giù da un burrone. Qui siamo tutti non-morti».

Lupine tossì.

«Tranne Lupine» disse Arthur.

«Io sono più un non-morto onorario, direi» disse Lupine.

«È un lupo mannaro» spiegò Arthur.

«L’ho pensato appena l’ho visto» disse Windle, annuendo.

«A ogni luna piena» disse Lupine. «Preciso».

«Cominci a ululare e ti crescono i peli» disse Windle.

Scossero tutti la testa.

«Ehm, no» disse Lupine. «Diciamo che invece smetto di ululare e perdo temporaneamente un po’ del mio pelo. Non ti dico quant’è imbarazzante».

«Ma pensavo che con la luna piena il lupo mannaro medio…»

«Il pvoblema di Lupine» disse Doreen, «è che appvoccia la faccenda dall’altvo lato».

«Tecnicamente io sono un lupo» disse Lupine. «È veramente una cosa ridicola. A ogni luna piena mi trasformo in un lupo mannaro. Altrimenti sono solo… un lupo».

«Dio buono» disse Windle. «Dev’essere un bel problema».

«La cosa peggiore sono i pantaloni» disse Lupine.

«Ehm… i pantaloni?»

«Oh, sì. Vedi, per i lupi mannari umani è facile. Si tengono addosso i vestiti e basta. Insomma, magari si strappano un po’, ma perlomeno li hanno addosso, no? Mentre io, appena vedo la luna piena mi ritrovo a camminare e a parlare, e in guai grossi sul versante pantaloni. Perciò devo tenerne un paio conservati da qualche parte. Il signor Scarpa…»

«… chiamami Reg…»

«… me ne lascia tenere un paio dove lavora».

«Io lavoro all’obitorio in Via Olmo» disse Scarpa. «Non mi vergogno. Ne vale la pena, per salvare un fratello o una sorella».

«Come, salvare?» chiese Windle.

«Sono io che attacco i bigliettini dentro i coperchi delle bare» disse Scarpa. «Non si sa mai. Tentar non nuoce».

«E funziona spesso?» chiese Windle. Si guardò intorno. Il suo tono doveva aver suggerito che la stanza era grande, per sole otto persone; nove, se si contava la voce da sotto la sedia, che presumibilmente apparteneva a una persona.