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Doreen e Arthur si scambiarono un’occhiata.

«Con Avtuv ha funzionato» osservò Doreen.

«Chiedo scusa» disse Windle, «non ho potuto fare a meno di chiedermi… voi due… siete per caso dei vampiri?»

«Esatto» disse Arthur. «Purtroppo».

«Non dovvesti pavlave così» disse Doreen in tono altezzoso. «Dovvesti esseve ovgoglioso delle tue vadici».

«Varici?» disse Arthur.

«Siete stati morsi da un pipistrello, o cose del genere?» aggiunse in fretta Windle, non volendo essere la causa di un conflitto familiare.

«No» disse Arthur. «Da un avvocato. Ho ricevuto una lettera, con tanto di ceralacca sopra e tutto. Blablabla… pro-prozio… blablabla… unico parente in vita… possiamo porgerle le più sincere blablabla… Insomma, un attimo prima ero Arthur Winkings, uomo nuovo del commercio degli ortaggi all’ingrosso, e un attimo dopo sono Arthur, conte Notfaroutoe, proprietario di cinquanta acri di dirupo che non ci salgono manco le capre, più un castello dove nemmeno gli scarafaggi volevano stare e un invito dal borgomastro per discutere di trecento anni di tasse arretrate».

«Io odio gli avvocati» disse la voce da sotto la sedia. Era un suono triste, cupo. Windle cercò di tirare un po’ indietro le gambe.

«Eva un bel castello» disse Doreen.

«Un fottuto mucchio di pietre ammuffite, ecco cos’era» replicò Arthur.

«Aveva una bella vista».

«Sì, da tutti i muri» ribatté Arthur, chiudendo la saracinesca su quella conversazione. «Avrei dovuto saperlo ancora prima di andarci. Perciò ho girato il mio carro, e ho pensato: ‘Ecco quattro giorni persi, proprio nel bel mezzo della stagione’. E non ci penso più. Poi basta, la prossima cosa che so è che mi sveglio al buio in una cassa, finalmente trovo i fiammiferi, ne accendo uno e mi vedo questo biglietto davanti al naso. Diceva…»

«‘Non dovresti dormirci sopra’» disse orgogliosamente Reg Scarpa. «È stato uno dei primi».

«Non è stata colpa mia» disse Doreen, rigida. «Sei stato lì steso per tve giovni».

«Al prete gli è venuto un colpo» disse Arthur.

«Ah! I preti!» disse Scarpa. «Sono tutti uguali. Ti dicono sempre che vivrai di nuovo dopo la morte, ma prova a guardare con che faccia te lo dicono!»

«Non mi piacciono manco i preti» disse la voce da sotto la sedia. Windle si domandò se era l’unico a sentirla.

«Non dimenticherò tanto presto l’espressione sulla faccia del Reverendo Welegare» disse Arthur in tono lugubre. «Sono andato in quel tempio per trent’anni. Ero rispettato, nella comunità. Ora se solo penso di mettere piede in una istituzione religiosa mi fa male tutta la gamba».

«Sì, non era proprio necessario che dicesse quello che ha detto quando hai aperto la bara» disse Doreen. «Ed è pure un prete. Non dovrebbero conoscerle, quelle parole».

«Mi piaceva, quel tempio» disse nostalgico Arthur. «Almeno era una cosa da fare di mercoledì».

Windle Poons si rese conto che Doreen aveva miracolosamente riacquistato l’uso della erre.

«E anche lei è un vampiro, signora Win… chiedo scusa-contessa Notfaroutoe?» domandò educatamente.

La Contessa sorrise. «Pavola mia, sì» disse.

«Per via matrimoniale» spiegò Arthur.

«Si può fare? Credevo che ci volesse un morso» disse Windle.

La voce sotto la sedia ridacchiò maliziosa.

«Non vedo perché dovrei andare in giro a mordere mia moglie dopo trent’anni di matrimonio, questo è sicuro» disse il Conte.

«Ogni donna dovvebbe condivideve l’hobby del mavito» disse Doreen. «Vende intevessante il matvimonio».

«E chi ha chiesto un matrimonio interessante? Io non ho mai detto che volevo un matrimonio interessante. Ecco cosa non va oggi nella gente, si aspettano che cose come il matrimonio siano interessanti. E non è un hobby, comunque» si lagnò Arthur. «’Sto vampirismo non è mica un granché. Non puoi uscire di giorno, non puoi mangiare l’aglio, non ti puoi fare una barba come si deve…»

«Perché non si può…» cominciò Windle.

«Non puoi usare gli specchi» disse Arthur. «E pensavo che la faccenda del diventare pipistrello fosse interessante, ma le civette da queste parti sono civette assassine. E per quanto riguarda… sì, insomma… il sangue… ecco…» la voce sfumò.

«Arvtuv non è mai stato bvavo a fave amicizia» disse Doreen.

«E il peggio è dover portare abiti da sera tutto il tempo» disse Arthur, lanciando a Doreen un’occhiata di traverso. «Io sono sicuro che non è veramente obbligatorio».

«È molto impovtante manteneve gli standavd» disse Doreen, che oltre a adottare un’ondivaga erre moscia, aveva deciso di intonarsi all’abito da sera di Arthur con quello che considerava appropriato per una vampira: abito nero attillato, lunghi capelli neri con attaccatura a punta, e trucco molto pallido. La Natura aveva previsto per lei una figura piccola e pienotta, con capelli ricci e crespi e un colorito rubicondo. La situazione era decisamente conflittuale.

«Sarei dovuto restare in quella bara» disse Arthur.

«Oh, no» disse Scarpa. «Così è troppo comodo. Il Movimento ha bisogno di persone come te, Arthur. Dobbiamo fare da esempio. Ricorda il nostro motto».

«Quale, Reg?» disse stancamente Lupine. «Ne abbiamo parecchi».

«Non-morti sì… non-persone no!» disse Reg.

«Vedi, lui è in buona fede» disse Lupine, dopo che la riunione si fu sciolta.

Lui e Windle stavano tornando a piedi nell’alba grigia. I Notfaroutoe erano andati via presto, per essere a casa prima che la luce del giorno caricasse altri guai sulle spalle di Arthur, e Scarpa era andato a un’altra riunione.

«Va al cimitero dietro il Tempio dei Piccoli Dei e grida» spiegò Lupine. «Lui la chiama coscientizzazione, ma non credo che ne sia tanto sicuro lui stesso».

«Chi c’era sotto la sedia?» chiese Windle.

«Quello era Schleppel» disse Lupine. «Pensiamo che sia un uomonero».

«Ma perché, l’uomonero è un non-morto?»

«Lui non ne parla».

«Non l’avete mai visto? Pensavo che si nascondessero sotto le cose e più o meno saltassero fuori, addosso alla gente».

«Lui non ha problemi a nascondersi. Non credo però che gli piaccia saltare fuori».

Windle ci pensò su. Un uomonero con l’agorafobia completava bene il quadretto.

«Ma pensa un po’» disse, vago.

«Continuiamo ad andare al club solo per far contento Reg» disse Lupine. «Doreen dice che se smettessimo gli spezzeremmo il cuore. E sai qual è la cosa peggiore?»

«Spara» disse Windle.

«A volte porta una chitarra e ci fa cantare cose come Le strade di Ankh Morpork e We Shall Overcome.[11] È terribile».

«Non sa cantare, eh?» disse Windle.

«Cantare? Magari fosse quello. Hai mai visto uno zombie che cerca di suonare la chitarra? La cosa imbarazzante è aiutarlo a cercare le dita dopo». Lupine sospirò. «A proposito, Sorella Drull è un ghoul. Se ti offre una polpetta non accettare».

Windle ricordò vagamente la figura di una anziana, timida signora in un abito grigio informe.

«Oh, cielo» disse. «Vuoi dire che le fa con la carne umana?»

«Cosa? Oh, no. È che non sa cucinare».

«Ah».

«E Fratello Isolite probabilmente è l’unica banshee al mondo con un difetto di pronuncia, perciò invece di starsene sui tetti a gridare quando la gente sta per morire, gli scrive un biglietto e lo passa sotto la porta…»

Windle ripensò a quella lunga faccia triste. «Ne ha dato uno anche a me».

«Noi cerchiamo di incoraggiarlo» disse Lupine. «È molto a disagio».

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11

Canzone che, in diverse lingue, è conosciuta in ogni mondo del multiverso. È cantata sempre dalle stesse persone, vale a dire quelle che, da grandi, si sentiranno cantare We Shall Overcome dalle generazioni successive.