SÌ, SIGNORINA FLITWORTH.
«Non ho spesso l’occasione di aprire il salotto, di questi tempi».
NO.
«Non da quando ho perso mio padre».
Per un momento Bill Porta si chiese se avesse perso il defunto signor Flitworth in quel salotto. Forse aveva preso una strada sbagliata tra le suppellettili. Poi ricordò che gli umani hanno modi buffi di dire certe cose.
AH.
«Si sedeva proprio su quella poltrona, a leggere l’almanacco».
Bill Porta frugò nella memoria.
UN UOMO ALTO, azzardò. CON I BAFFI? GLI MANCAVA LA PUNTA DEL MIGNOLO DELLA MANO SINISTRA?
La signorina Flitworth lo fissò da sopra la tazza di tè.
«Lo conoscevi?» chiese.
L’HO INCONTRATO UNA VOLTA «Non ha mai parlato di te» disse in tono malizioso. «Non per nome. Non come Bill Porta».
NON CREDO CHE AVREBBE PARLATO DI ME, disse lentamente Bill Porta.
«Non c’è problema» disse la signorina Flitworth. «So tutto. Papà faceva anche un po’ di contrabbando. Sì, insomma, non è una grande fattoria. Non dà proprio da vivere. Lui diceva sempre che uno deve fare quello che può. Credo che tu fossi nel suo stesso ramo. Ti ho osservato, e ne sono sicura».
Bill Porta pensò intensamente.
SETTORE TRASPORTI, disse.
«Direi che ci siamo. Hai famiglia, Bill?»
UNA FIGLIA.
«Che bello».
PURTROPPO ABBIAMO PERSO I CONTATTI.
«È un peccato» disse la signorina Flitworth, e diceva sul serio. «Qui si stava bene, ai vecchi tempi. Quando il mio ragazzo era vivo, naturalmente».
HA UN FIGLIO?, chiese Bill Porta, che stava perdendo il filo.
Lei gli lanciò un’occhiata tagliente.
«Ti invito a riflettere bene sulla parola ‘signorina’» disse. «Qui prendiamo molto sul serio certe cose».
DOMANDO SCUSA.
«Si chiamava Rufus. Era un contrabbandiere, come papà. Non altrettanto bravo, però, lo devo ammettere. Era più un tipo artistico. Mi portava un sacco di regali dai paesi stranieri. Gioielli e cose del genere. Andavamo a ballare, mi ricordo che aveva ottimi polpacci. Mi piacciono gli uomini con delle buone gambe».
Fissò il fuoco per un po’.
«E un giorno… non è tornato. Poco prima che ci sposassimo. Papà diceva che non avrebbe mai dovuto tentare di oltrepassare le montagne con l’inverno alle porte, ma io sapevo che voleva farlo per portarmi un regalo come si deve. Voleva fare soldi e fare colpo su papà, che era contrario…»
Prese l’attizzatoio e sferrò al fuoco un colpo molto più feroce di quanto meritasse.
«Insomma, certi dissero che era scappato a Farferee o ad Ankh-Morpork o chissà dove, ma io so che non avrebbe mai fatto niente del genere».
Lanciò a Bill Porta un’occhiata penetrante che lo inchiodò alla sedia.
«Tu che ne pensi, Bill Porta?» chiese, in tono secco.
Bill Porta si sentì molto fiero per aver capito la domanda nella domanda.
SIGNORINA FLITWORTH, LE MONTAGNE POSSONO ESSERE TRADITRICI IN INVERNO.
Lei parve sollevata. «È quello che dico sempre anch’io» disse. «E sai una cosa, Bill Porta? Sai cosa ho pensato allora?»
NO, SIGNORINA FLITWORTH.
«Come ho detto, era il giorno prima del nostro matrimonio. E uno dei suoi cavalli è tornato da solo, e gli uomini sono partiti e hanno trovato la valanga… e sai cosa ho pensato? Ho pensato che era ridicolo. E stupido. Tremendo, no? Oh, naturalmente dopo ho pensato anche altre cose, ma la prima è stata che il mondo non doveva funzionare come una specie di romanzo. Non è terribile aver pensato una cosa così?»
NEMMENO IO MI SONO MAI FIDATO DEI ROMANZI, SIGNORINA FLITWORTH.
Lei non stava ascoltando.
«E ho pensato: ‘Ora la vita si aspetta da me che vada in giro per anni a fare la matta con l’abito da sposa addosso ed esca di testa. Vuole proprio questo’. Ah! Invece ho messo il vestito da parte per fare stracci e abbiamo comunque invitato tutti al pranzo di nozze, perché sprecare tutto quel cibo era un delitto».
Tornò ad attaccare il fuoco, poi gli rivolse un altro sguardo al fulmicotone.
«Secondo me è sempre importante capire cosa è reale e cosa no, tu che dici?»
SIGNORINA FLITWORTH?
«Sì?»
LE DISPIACE SE FERMO L’OROLOGIO?
Lei guardò il gufo con gli occhi in fuori.
«Cosa? Ah. Perché?»
TEMO CHE MI DIA SUI NERVI.
«Ma non è tanto forte, no?»
Bill Porta voleva dire che ogni tic era come un colpo di mazza ferrata su una colonna di bronzo.
È SOLO PIUTTOSTO FASTIDIOSO, SIGNORINA FLITWORTH.
«Be’, fermalo se vuoi, lo tengo carico solo per compagnia».
Bill Porta si alzò, avanzò cautamente nella foresta di suppellettili e afferrò il pendolo a forma di pigna. Il gufo di legno lo guardò malissimo e il ticchettio si fermò, perlomeno nel regno del suono. Era consapevole del fatto che altrove il pulsare del Tempo continuava. Come faceva la gente a tollerarlo? Accoglievano il Tempo nelle loro case, come un amico.
Tornò a sedersi.
La signorina Flitworth aveva cominciato a sferruzzare furiosamente.
Il fuoco scoppiettava nel camino.
Bill Porta si appoggiò allo schienale della poltrona e fissò il soffitto.
«Si diverte il tuo cavallo?»
PREGO?
«Il tuo cavallo. Sembra che si diverta sui prati» suggerì la signorina Flitworth.
OH. SÌ.
«Corre come un matto, come se non avesse mai visto l’erba prima».
GLI PIACE L’ERBA.
«E a te piacciono gli animali. Si vede».
Bill Porta annuì. Le sue riserve di conversazione, mai molto fornite, erano a zero.
Rimase in silenzio per le successive due ore, stringendo i braccioli della poltrona, finché la signorina Flitworth non annunciò che andava a letto. Allora tornò alla stalla, e dormì.
Bill Porta non l’aveva sentita arrivare. Ma eccola là, una figura grigia che fluttuava nell’oscurità della stalla.
In qualche modo si era impadronita della clessidra d’oro.
Gli disse: Bill Porta, c’è stato un errore.
Il vetro andò in frantumi. Fini secondi d’oro scintillarono in aria per un istante, poi si posarono.
Gli disse: Ritorna. C’è del lavoro da fare. C’è stato un errore.
La figura svanì.
Bill Porta annuì. Certo che c’era stato un errore. Chiunque poteva vederlo. Lui lo sapeva fin dall’inizio, che c’era stato un errore.
Gettò gli indumenti da lavoro in un angolo e riprese la veste di nero assoluto.
Be’, era stata un’esperienza. E, doveva ammetterlo, del genere che non aveva voglia di ripetere. Si sentiva come liberato da un grosso peso.
Era così che ci si sentiva davvero a essere vivi? La sensazione dell’oscurità che ti trascina in avanti?
Come facevano a conviverci? Eppure lo facevano, e sembravano anche divertirsi, mentre l’unica reazione ragionevole sarebbe stata di disperarsi. Straordinario. Sentire che eri solo una piccola cosa viva, stretta fra due abissi di oscurità. Come facevano a sopportarlo?
Ovviamente bisognava esserci nati.
Morte sellò il cavallo e cavalcò oltre i campi. Il grano ondeggiava, come il mare. La signorina Flitworth avrebbe dovuto trovare qualcun altro che l’aiutasse nel raccolto.
Che strano. C’era una sensazione. Rimpianto? Era quello? Ma era un sentimento di Bill Porta, e Bill Porta era… morto. Non era mai vissuto. Era di nuovo se stesso, al sicuro in un luogo senza emozioni e senza rimpianti.
Mai nessun rimpianto.
E ora era nel suo studio, ed era strano, perché non ricordava come ci era arrivato. Un minuto prima a cavallo, e un minuto dopo nello studio, con i suoi libri mastri e i segnatempo.