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Era incredibile quanti amici ti facevi facendo male le cose, ammesso che i tuoi errori fossero buffi.

Perciò poté sedersi sulla panca fuori dalla taverna, insieme agli anziani.

Nella casa accanto, le scintille uscivano dal camino dell’officina del fabbro del villaggio e salivano a spirale nella luce del tramonto. Da dietro le porte chiuse veniva un furioso martellare. Bill Porta si chiese come mai le porte fossero sempre chiuse. Di solito i fabbri lavoravano con la porta aperta, così che la loro bottega diventava la sala riunioni informale del paese. Questo invece era preso dal lavoro…

«Ciao, schelitro».

Bill Porta si voltò.

La bambina piccola della casa lo guardava con gli occhi più penetranti che avesse mai visto.

«Tu sei uno schelitro, vero» disse. «Si vede dalle ossa».

TI SBAGLI, PICCOLA.

«Invece no. Le persone diventano schelitri quando muoiono. E dopo non se ne vanno in giro».

AH, AH, AH. MA SENTILA, LA BIMBA.

«Tu perché vai in giro, allora?»

Bill Porta guardò gli anziani. Erano presi dal gioco.

SENTI UN PO’, disse disperatamente, SE TE NE VAI TI DO MEZZO PENNY.

«Io ho una maschera da schelitro per fare dolcetto-o-scherzetto la sera di Soul Cake» disse lei. «È di carta. Poi ti danno i dolci».

Bill Porta ripeté l’errore fatto da milioni di altre persone con i bambini piccoli in circostanze vagamente simili. Si affidò alla ragione.

ASCOLTA disse, SE FOSSI DAVVERO UNO SCHELETRO, BIMBA, SONO SICURO CHE QUESTI SIGNORI AVREBBERO QUALCOSA DA DIRE.

Lei guardò gli anziani all’altro capo della panca.

«Tanto sono quasi schelitri anche loro» disse. «Secondo me non ne vogliono vedere un altro».

Lui cedette.

DEVO AMMETTERE CHE SU QUESTO HAI RAGIONE.

«Perché non ti rompi?»

NON LO SO. NON MI SONO MAI ROTTO.

«Io ho visto schelitri di uccelli e altre cose, e si rompono».

FORSE PERCHÉ SONO QUALCOSA CHE ERA, MENTRE QUESTO È CIÒ CHE IO SONO.

«Il farmacista che fa le medicine da Chambly ha uno schelitro appeso a un gancio con tutti i fili che tengono insieme le ossa» disse la bambina, con l’aria di impartire informazioni ottenute dopo una minuziosa ricerca.

IO NON HO FILI.

«C’è differenza tra gli schelitri vivi e quelli morti?»

SÌ.

«Allora quello che ha lui è uno di quelli morti?»

SÌ.

«Stava dentro qualcuno?»

SÌ.

«Bleah».

La bambina guardò il paesaggio per un po’, poi disse: «Io ho i calzini nuovi».

SÌ?

«Puoi guardarli se vuoi».

Tese un piede sudicio per farlo esaminare.

BENE, BENE. MA GUARDA UN PO’. CALZINI NUOVI.

«Mamma me li ha fatti coi ferri. Dalla pecora».

MA PENSA.

Altra ispezione dell’orizzonte.

«Lo sai» disse. «Lo sai… che è venerdì?»

SÌ.

«Ho trovato un cucchiaio».

Bill Porta si ritrovò ad aspettare con una certa curiosità. Non era pratico dì persone in cui la durata dell’attenzione era inferiore a tre secondi.

«Tu lavori dalla signorina Flitworth?»

SÌ.

«Mio papà dice che ti sei piazzato come si deve».

Bill Porta non riuscì a pensare a una risposta, perché non aveva idea di cosa volesse dire. Era una di quelle affermazioni neutre che fanno gli umani, ma che in realtà nascondevano qualcosa di più sottile, spesso suggerito dal tono o da uno sguardo; ma nessuno di questi era il caso della bambina.

«Papà dice che ha delle casse di tesori».

DAVVERO?

«Io ho due pence».

SANTO CIELO.

«Sal!»

Guardarono tutti e due in su quando la signora Lifton apparve sulla soglia.

«È ora di dormire. Smettila di scocciare il signor Porta».

OH, LE ASSICURO CHE NON MI STA…

«Di’ buonanotte, ora».

«Come fanno gli schelitri a dormire? Mica possono chiudere gli occhi…»

Lui sentì le voci attutite nella taverna.

«Non devi chiamare il signor Porta in quel modo solo perché… è… molto magro…»

«Sì che posso. Non è uno di quelli morti».

La voce della signora Lifton aveva il familiare tono preoccupato di chi non riesce a credere all’evidenza. «Forse è stato molto malato».

«Secondo me più malato di così si muore».

Bill Porta s’incamminò verso casa, pensieroso.

C’era una luce accesa in cucina, ma lui andò dritto alla stalla, salì la scala a pioli del fienile, e si sdraiò.

Poteva rinviare il sogno, ma non sfuggire al ricordo.

Fissò il buio.

Dopo un po’ si accorse di un suono di passetti. Si voltò.

Una fila di pallidi spettri a forma di ratto corse lungo l’asse sopra la sua testa, svanendo mentre correvano, così che in breve rimase solo il suono.

Erano seguiti da… una forma.

Era alta circa quindici centimetri e indossava una veste nera. In una zampetta scheletrica teneva una piccola falce. Un naso bianco con aridi baffetti grigi sporgeva dal cappuccio nero.

Bill Porta allungò una mano e la sollevò. Non fece resistenza, ma lo guardò dal palmo della mano come un professionista che si rivolge a un collega.

Bill Porta disse: E TU SARESTI…?

La Morte dei Ratti annuì.

SQUITT.

MI RICORDO QUANDO ERI UNA PARTE DI ME, disse Bill Porta.

La Morte dei Ratti squittì di nuovo.

Bill Porta rovistò nelle tasche della tuta da lavoro. Ci aveva messo qualcosa da mangiare. Ah sì, ecco.

IMMAGINO, disse, CHE AZZANNERESTI UN PEZZO DI FORMAGGIO?

La Morte dei Ratti accettò con garbo.

Bill Porta ricordò di essere andato a troncare un uomo una volta (solo una volta) che aveva passato quasi tutta la sua vita rinchiuso nella cella di una torre per qualche presunto crimine, e aveva addestrato degli uccellini per avere compagnia durante la sua condanna a vita. Quelli defecavano sul suo letto e mangiavano il suo cibo, ma lui li tollerava e sorrideva guardandoli volare dentro e fuori dall’alta finestra con le sbarre. Morte all’epoca si era chiesto perché mai avesse fatto una cosa del genere.

NON VOGLIO TRATTENERTI, disse. IMMAGINO CHE TU ABBIA COSE DA FARE, RATTI DA VEDERE. SO COME FUNZIONA.

E ora capiva.

Posò di nuovo la figurina sulla trave, e si distese sulla paglia.

FERMATI QUANDO PASSI DI QUA.

Bill Porta tornò a fissare l’oscurità.

Sonno. Lo sentiva in agguato, con la sua manciata di sogni.

Resistette.

La signorina Flitworth lo fece sobbalzare con un urlo.

La porta della stalla si aprì di botto.

«Bill! Scendi giù subito!»

Lui appoggiò i piedi sulla scaletta.

CHE COSA SUCCEDE SIGNORINA FLITWORTH?

«Qualcosa sta bruciando!»

Attraversarono l’aia di corsa fino alla strada. Il cielo sul villaggio era rosso.

«Andiamo!»

MA NON È IL NOSTRO INCENDIO.

«Lo sarà presto! Sui tetti di paglia sarà qui in un lampo!»

Raggiunsero l’incrocio con ambizioni di piazza La taverna era già in fiamme, il tetto di paglia saliva verso le stelle in milioni di scintille.

«Guardali, se ne stanno tutti fermi» ringhiò la signorina Flitworth. «Lì c’è la pompa, ci sono secchi dappertutto, perché la gente non ragiona?»

Ci fu un po’ di subbuglio poco lontano, mentre un paio di clienti cercavano di impedire a Lifton di correre nell’edificio. Lui stava urlando.