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«La bambina è ancora dentro» disse la signorina Flitworth. «Ha detto questo?»

SÌ.

Le fiamme avvolgevano tutte le finestre del piano superiore.

«Deve esserci un modo» disse la signorina Flitworth. «Forse se trovassimo una scala…»

NON DOBBIAMO.

«Cosa? Dobbiamo provare. Non possiamo lasciare là dentro della gente!»

LEI NON CAPISCE, disse Bill Porta. GIOCARE CON IL DESTINO DI UN SINGOLO PUÒ DISTRUGGERE IL MONDO INTERO.

Lei lo guardò come se fosse matto.

«Che cavolate stai dicendo?»

VOGLIO DIRE CHE PER TUTTI ARRIVA LA PROPRIA ORA.

Lei lo fissò. Poi prese lo slancio e gli mollò un ceffone in piena faccia.

Era più duro di quanto si aspettasse. Urlò e si portò le nocche alla bocca.

«Tu sparisci dalla mia fattoria stanotte, signor Porta» disse rabbiosamente. «Capito?» Poi girò sui tacchi e corse verso la pompa.

Alcuni uomini avevano portato dei lunghi ganci per tirare giù dal tetto la paglia in fiamme. La signorina Flitworth organizzò una squadra per portare una scala fino a una delle finestre delle camere da letto, ma quando riuscirono a convincere uno a salire, protetto da una coperta bagnata, la cima della scala era già in cenere.

Bill Porta guardava le fiamme.

Tirò fuori dalla tasca la clessidra d’oro. Il fuoco la faceva risplendere di rosso. La rimise in tasca.

Parte del tetto crollò.

SQUITT.

Bill Porta guardò in basso. Una piccola figura con un manto nero avanzò tra le sue gambe verso la porta in fiamme.

Qualcuno urlò a proposito di certi barili di brandy.

Bill Porta tirò fuori di nuovo la clessidra. Il suo sibilo sovrastava il fragore del fuoco. Il futuro scorreva nel passato, e c’era molto più passato che futuro, ma quello che scorreva era sempre ora.

La rimise in tasca.

Morte sapeva che giocare con il destino di un singolo poteva distruggere il mondo intero. Lo sapeva, e basta.

Per Bill Porta, invece, era tutto da vedere.

OH, PORCA MISERIA, disse.

Ed entrò nella casa in fiamme.

«Ehm. Sono io, Bibliotecario» disse Windle, cercando di gridare attraverso il buco della serratura. «Windle Poons».

Cercò di bussare ancora.

«Ma perché non risponde?»

«Non lo so» disse una voce alle sue spalle.

«Schleppel?»

«Perché mi stai dietro?»

«Io devo stare dietro a qualcosa, signor Poons. È questo che fa l’uomonero.»

«Bibliotecario?» disse Windle bussando ancora.

«Oook».

«Perché non mi fa entrare?»

«Oook».

«Ma devo fare una ricerca»

«Oook oook!»

«Be’, sì, è vero. E allora? Cosa c’entra?»

«Oook!»

«Ma non è giusto!»

«Che sta dicendo, signor Poons?»

«Non mi fa entrare perché sono morto!»

«È normale. È proprio il genere di cosa di cui Reg Scarpa parla sempre».

«C’è qualcun altro che capisce qualcosa di forza vitale?»

«C’è sempre la signora Torta, direi. Però è un po’ strana».

«Chi è la signora Torta?» Poi Windle si rese conto di ciò che l’altro aveva appena detto. «Ti ricordo che sei l’uomonero».

«Non conosce la signora Torta?»

«No».

«Non credo che le interessi la magia… e comunque il signor Scarpa dice che non dovremmo parlare con lei. Dice che sfrutta i morti».

«E come?»

«È una medium. Oddio, più una small».

«Davvero? Bene, andiamo a parlarle. E… Schleppel?»

«Sì?»

«È inquietante sapere che mi stai sempre alle spalle».

«Mi agito molto se non sto dietro qualcosa, signor Poons».

«Non ti puoi appostare dietro qualcos’altro?»

«Cosa suggerisce, signor Poons?»

Windle ci pensò su. «Sì, potrebbe funzionare» disse piano, «se trovo un cacciavite».

Modo il giardiniere era in ginocchio a pacciamare le dalie quando sentì un grattare e un battere ritmico alle sue spalle, come se qualcuno stesse cercando di spostare un oggetto pesante.

Si voltò.

«’Sera, signor Poons. Ancora morto, eh?»

«’Sera, Modo. L’hai proprio messo su bene, questo posto».

«C’è qualcuno che sposta una porta dietro di lei, signor Poons».

«Sì, lo so».

La porta avanzava cautamente lungo il vialetto. Passando accanto a Modo ruotò goffamente su se stessa, come se chiunque la stesse portando volesse nascondercisi dietro il più possibile.

«È una specie di porta di sicurezza» disse Windle.

Fece una pausa. Qualcosa non andava. Non era ben sicuro di cosa, ma all’improvviso sembrava tutto molto sbagliato, come una stonatura in un’orchestra. Si guardò intorno.

«Cos’è quella cosa in cui metti le erbacce?» chiese.

Modo lanciò un’occhiata all’oggetto che aveva accanto.

«Bello, eh?» disse. «L’ho trovato accanto ai mucchi del compost. La mia carriola si è rotta, ed ecco che è comparso…»

«Mai visto niente di simile prima» disse Windle. «Chi mai farebbe un cesto di fil di ferro così grande? E poi le ruote sembrano troppo piccole».

«Ma si spinge bene, per il manico» disse Modo. «È strano che qualcuno l’abbia buttato via. Chi butterebbe via una cosa del genere, signor Poons?»

Windle fissava il carrello. Non riusciva a togliersi la sensazione che il carrello stesse fissando lui.

Si sentì dire: «Forse è arrivato qui da solo».

«Esatto, signor Poons! Voleva un po’ di pace, secondo me!» disse Modo. «Lei è un fenomeno!»

«Sì» disse Windle, in tono infelice. «Sembra proprio che sia così».

Si avviò in città, conscio dei rumori alla porta dietro di lui.

Se qualcuno un mese fa mi avesse detto, pensò, che pochi giorni dopo la mia morte mi sarei ritrovato a camminare per strada seguito da un uomonero timido nascosto dietro una porta… gli avrei riso in faccia.

No, invece no. Avrei detto «Eh?» e «Cosa?» e «Parla più forte!» e non avrei capito niente comunque.

Accanto a lui, qualcuno abbaiò.

Un cane lo stava guardando. Era un cane molto grosso. In effetti, l’unica ragione per cui si poteva dire che era un cane e non un lupo era che tutti sanno che in città non ci sono lupi.

Il cane ammiccò. Windle pensò: ‘Non c’era luna piena ieri’.

«Lupine?» azzardò.

Il cane annuì.

«Sai parlare?»

Il cane scosse la testa.

«Allora cosa fai adesso?»

Lupine scrollò le spalle.

«Vuoi venire con me?»

Un’altra scrollata che quasi dette voce al pensiero: perché no? Che altro ho da fare?

Se qualcuno un mese fa mi avesse detto, pensò, che pochi giorni dopo la mia morte mi sarei ritrovato a camminare per strada seguito da un uomonero timido nascosto dietro una porta e accompagnato da una specie di negativo di un lupo mannaro… probabilmente gli avrei riso in faccia. Dopo essermi fatto ripetere tutto un paio di volte. A voce alta.

La Morte dei Ratti radunò gli ultimi clienti, molti dei quali venivano dal tetto di paglia, e li condusse attraverso le fiamme verso il posto in cui andavano i bravi ratti dopo morti.

Vide con sorpresa una figura in fiamme farsi strada nella massa incandescente di travi e assi crollate. Salendo le scale infuocate tolse qualcosa dai frammenti disintegrati dei suoi abiti e se lo mise con cura fra i denti.

La Morte dei Ratti non aspettò di vedere cosa succedeva dopo. Mentre, per certi versi, era antica quanto il primo protoratto, aveva anche meno di un giorno di vita e ancora stava cercando la sua strada come Morte; e avvertiva che quel rombo cupo che scuoteva l’edificio era il rumore del brandy che cominciava a bollire nei barili.