La cosa particolare del brandy che bolle è che non bolle a lungo.
La sfera di fuoco lanciò pezzi di taverna a mezzo miglio di distanza. Fiamme incandescenti eruppero dai buchi che erano stati porte e finestre. Le mura esplosero. Travi infuocate mulinarono nell’aria. Qualcuna andò a seppellirsi sotto i tetti vicini, appiccando nuovi incendi.
Rimase solo una luce da far lacrimare gli occhi.
E poi piccole pozze d’ombra, nella luce.
Si riunirono a formare la sagoma di un’alta figura che correva in avanti, portando qualcosa.
Passò tra la folla coperta di vesciche e si avviò per la strada buia e fredda verso la fattoria. La gente la seguì, muovendosi nella penombra come la coda di una cometa scura.
Bill Porta salì nella stanza da letto della signorina Flitworth e posò la bambina sul letto.
HA DETTO CHE DA QUESTE PARTI C’È UN FARMACISTA.
La signorina Flitworth si fece strada tra la folla in cima alle scale.
«Ce n’è uno a Chambly» disse. «Ma c’è anche una strega sulla via di Lancre».
NIENTE STREGHE. NIENTE MAGIA. MANDATE A CHIAMARLO. E TUTTI GLI ALTRI, FUORI.
Non era un suggerimento. Non era nemmeno un ordine. Era semplicemente un’affermazione inconfutabile.
La signorina Flitworth agitò le braccia magre.
«Avanti, lo spettacolo è finito! Sciò! Siete nella mia camera da letto! Forza, tutti fuori!»
«Come ha fatto?» disse qualcuno, in fondo al gruppo. «Nessuno sarebbe potuto uscire vivo da lì! Abbiamo visto esplodere tutto!»
Bill Porta si voltò lentamente.
CI SIAMO NASCOSTI, disse. IN CANTINA.
«Ecco! Visto?» disse la signorina Flitworth. «In cantina. Si capisce».
«Ma la taverna non ha una…» iniziò il dubbioso, e s’interruppe. Bill Porta lo stava fulminando con lo sguardo.
«In cantina» si corresse. «Certo. Giusto. Astuto».
«Molto astuto» disse la signorina Flitworth. «Ora andatevene, tutti».
La sentì mandare tutti via, fuori di casa e nella notte. La porta sbatté. Non la sentì tornare su per le scale con una ciotola di acqua fredda e un panno. La signorina Flitworth riusciva ad avere un passo molto leggero, se ci si metteva.
Entrò e si chiuse la porta alle spalle.
«I suoi genitori vorranno vederla» disse. «Sua madre è svenuta e Big Henry il mugnaio ha steso suo padre che voleva entrare nella taverna, ma saranno qui subito».
Si chinò e passò il panno sulla fronte della bambina «Dov’era?»
SI ERA NASCOSTA IN UNA CREDENZA.
«Da un incendio?»
Bill Porta scrollò le spalle.
«È incredibile come tu possa averla trovata con quel calore e quel fumo» disse.
DICIAMO CHE HO AVUTO FORTUNA.
«E non ha nemmeno un graffio».
Bill Porta ignorò la domanda implicita.
HA MANDATO A CHIAMARE IL FARMACISTA?
«Sì».
NON DEVE PORTARE VIA NULLA.
«Che vuoi dire?»
RIMANGA QUI QUANDO ARRIVA. NON DOVETE PORTARE VIA NULLA DA QUESTA STANZA.
«Che stupidaggine. Perché dovrebbe portare via qualcosa?»
È MOLTO IMPORTANTE. ORALA DEVO LASCIARE.
«Dove vai?»
NELLA STALLA. CI SONO COSE CHE DEVO FARE. NON RIMANE MOLTO TEMPO.
La signorina Flitworth fissò la piccola figura sul suo letto. Sentiva di non avere piede in quelle acque, e di non poter fare altro che tenersi a galla.
«Sembra che stia dormendo» disse, impotente. «Ma che cos’ha?»
Bill Porta si fermò in cima alle scale.
STA VIVENDO UN TEMPO PRESO IN PRESTITO, disse.
C’era una vecchia fucina dietro la stalla. Non veniva utilizzata da anni. Ma ora scintille gialle e rosse pulsavano come un cuore nell’aia.
E c’era anche un battito regolare. A ogni colpo la luce splendeva di blu.
La signorina Flitworth entrò in silenzio dalla porta aperta. Se fosse stato il tipo di persona che giurava, avrebbe potuto giurare di non aver fatto alcun rumore udibile con lo scoppiettio del fuoco e i colpi del martello, ma Bill Porta si voltò, tenendo fra le mani una lama ricurva.
«Sono io!»
Lui si rilassò, o quanto meno passò a un diverso livello di tensione.
«Che diavolo stai facendo?»
Lui guardò la lama come se la vedesse per la prima volta.
HO PENSATO DI AFFILARE LA FALCE, SIGNORINA FLITWORTH.
«All’una del mattino?»
Lui la guardò con occhi vuoti.
È PUR SEMPRE SMUSSATA ANCHE ALL’UNA DEL MATTINO, SIGNORINA FLITWORTH.
E tornò a martellarla sull’incudine.
E NON RIESCO AD ARROTARLA COME SI DEVE!
«Credo che il calore ti abbia dato alla testa» disse lei, e gli prese il braccio.
«Oltretutto, a me sembra già…» cominciò, poi si interruppe. Le sue dita passarono sull’osso del braccio. Si ritrassero un istante, poi si chiusero di nuovo.
Bill Porta rabbrividì.
La signorina Flitworth non esitò a lungo. In settantacinque anni aveva affrontato guerre, carestie, innumerevoli animali malati, un paio di epidemie e migliaia di minuscole tragedie quotidiane. Uno scheletro depresso non rientrava nemmeno nella sua top ten del peggio.
«Allora sei davvero tu» disse.
SIGNORINA FLITWORTH, IO…
«Ho sempre saputo che saresti arrivato, un giorno».
CREDO CHE FORSE…
«Sai, ho passato la maggior parte della mia vita ad aspettare un cavaliere su un bianco destriero». La signorina Flitworth sorrise. «Bella figura da scema, eh?»
Bill Porta sedette sull’incudine.
«È venuto il farmacista» disse lei. «Ha detto che non poteva fare nulla. Ha detto che la bambina sta bene, ma non siamo riusciti a svegliarla. E sai, ci è voluta una vita a farle aprire la mano. La teneva così stretta».
HO DETTO CHE NON SI DOVEVA PORTARE VIA NULLA!
«Sì, lo so. Infatti gliel’abbiamo lasciata tenere».
BENE.
«Che cos’era?»
IL MIO TEMPO.
«Prego?»
IL MIO TEMPO. IL TEMPO DELLA MIA VITA.
«Assomiglia a un segnatempo per uova molto costose».
Bill Porta parve sorpreso.
IN UN CERTO SENSO, SÌ. LE HO DATO UN PO’ DEL MIO TEMPO.
«E com’è che tu hai bisogno di tempo?»
OGNI COSA VIVENTE HA BISOGNO DI TEMPO. E QUANDO FINISCE, SI MUORE. QUANDO QUEL TEMPO FINIRÀ, LEI MORIRÀ. E ANCHE IO, TRA POCHE ORE.
«Ma tu non puoi…»
INVECE SÌ. È DIFFICILE DA SPIEGARE.
«Fatti in là».
COSA?
«Spostati. Mi voglio sedere».
Bill Porta fece spazio sull’incudine, e lei si sedette.
«Perciò tu morirai» disse.
SÌ.
«E non ti va».
NO.
«Perché no?»
Lui la guardò come se fosse matta.
PERCHÉ DOPO NON CI SARÀ NIENTE. PERCHÉ NON ESISTERÒ.
«Anche per gli umani è così?»
NON CREDO. PER VOI È DIVERSO. È TUTTO ORGANIZZATO MOLTO MEGLIO.
Rimasero entrambi a guardare il fuoco che moriva nella fucina.
«Allora perché stavi affilando la falce?»
HO PENSATO CHE FORSE POTEVO… RESISTERE…
«Ha mai funzionato? Con te, intendo».
DI SOLITO NO. A VOLTE LA GENTE MI SFIDA A QUALCHE GIOCO, PER LA LORO VITA.
«E vincono?»
NO. L’ANNO SCORSO UNO HA PRESO TRE STRADE CON TUTTI GLI ALBERGHI.
«Eh? Che razza di gioco è?»
NON RICORDO. ‘POSSESSO ESCLUSIVO’, CREDO. IO ERO IL FUNGO.
«Un momento» disse la signorina Flitworth. «Se tu sei tu, chi verrà per te?»
MORTE. IERI SERA QUALCUNO HA PASSATO QUESTO SOTTO LA PORTA.
Morte aprì la mano e mostrò un pezzetto di carta sporco, su cui la signorina Flitworth lesse, con qualche difficoltà, la parola ‘OooooEEEeeOOOoooEEeeeOOOoooEEeee’.