HO RICEVUTO LA NOTA DELLA BANSHEE, ANCHE SE SCRITTA MALE.
La signorina Flitworth lo guardò con la testa inclinata di lato.
«Ma… correggimi se sbaglio…»
LA NUOVA MORTE.
Bill Porta riprese la falce.
SARÀ TERRIBILE.
Rigirò la lama fra le mani. La luce blu scintillò sul taglio.
IO SARÒ IL PRIMO.
La signorina Flitworth guardò la luce, affascinata.
«Quanto terribile, esattamente?»
QUANTO RIESCE A IMMAGINARE?
«Ah».
ESATTAMENTE. COSÌ TERRIBILE.
La lama roteò.
«E anche per la bambina» disse la signorina Flitworth.
SÌ.
«Non credo di doverti favori, signor Porta. Non credo che ci sia qualcuno al mondo che ti deve un favore».
DIREI CHE HA RAGIONE.
«Bada bene, anche la vita ha due o tre cosette di cui rispondere. Quello che è giusto è giusto».
NON SAPREI DIRE.
La signorina Flitworth gli dette un’altra lunga occhiata di valutazione.
«C’è un’ottima mola nell’angolo» disse.
L’HO USATA.
«E c’è una pietra da cote nell’armadio».
HO USATO ANCHE QUELLA.
Lei credette di sentire un suono, simile a un gemito dell’aria, quando la lama si mosse.
«E non è ancora abbastanza affilata?»
Bill Porta sospirò.
POTREBBE NON ESSERLO MAI.
«Dai, amico. Non ha senso rinunciare» disse la signorina Flitworth. «Finché c’è vita… eh?»
FINCHÉ C’È VITA EH COSA?
«C’è speranza?»
C’È?
«Certo che c’è».
Bill Porta passò il dito ossuto lungo il taglio.
SPERANZA?
«Hai qualche altra idea?»
Bill scosse la testa. Aveva provato diverse emozioni, ma questa era nuova.
POTREBBE PRENDERMI L’AFFILATOIO?
Era passata un’ora.
La signorina Flitworth rovistava nella borsa degli stracci.
«E adesso?»
COSA ABBIAMO USATO FINORA?
«Vediamo… tela di sacco, cotonina, lino… che ne dici del raso? Eccone un pezzo».
Bill Porta prese la pezza e la passò delicatamente sulla lama.
La signorina Flitworth pescò in fondo al sacco e tirò fuori un campione di stoffa bianca.
SÌ?
«Seta» disse lei piano. «La miglior seta bianca. Roba autentica. Mai indossata».
Rimase a guardarla.
Dopo un po’ lui gliela tolse con garbo dalle mani.
GRAZIE.
«Bene» disse lei, riscuotendosi. «Abbiamo finito».
Quando lui roteò la lama, quella fece un rumore tipo whommmm. Il fuoco nella fucina era quasi spento, ma la lama splendeva di luce tagliente.
«Affilata sulla seta» disse la signorina Flitworth. «Chi ci crederebbe?»
EPPURE È ANCORA POCO AFFILATA.
Bill Porta si guardò intorno nell’officina buia, poi sfrecciò in un angolo.
«Cos’hai trovato?»
RAGNATELE.
Ci fu un lungo gemito acuto, come di formiche torturate.
«Funziona?»
ANCORA NON VA.
Vide Bill Porta uscire a grandi passi dall’officina, e gli corse dietro. Lui si fermò in mezzo all’aia, tenendo la falce con la lama contro la brezza leggera dell’alba.
Vibrò.
«Quanto si può affilare una lama, per la miseria?»
MOLTO PIÙ DI COSÌ.
Nel pollaio, Cyril il gallo si svegliò e guardò con occhi velati le parole traditrici scritte col gesso sulla lavagna. Respirò a fondo.
«Cuccuruccù!»
Bill Porta guardò l’orlo dell’orizzonte e poi, con occhio indagatore, la piccola collina dietro la casa.
Si lanciò in avanti, con le gambe che facevano clac sul terreno.
La luce del nuovo giorno inondò il mondo. La luce di Mondo Disco è vecchia, lenta e pesante; dilagò nel paesaggio come una carica di cavalleria. Di tanto in tanto una valle la rallentava per un momento; qua e là una catena montuosa la arginava finché non straripava dalla cima.
Attraversò il mare, invase la spiaggia e accelerò sulla pianura, guidata dal guinzaglio del sole.
Sul favoloso continente nascosto di Xxxx, da qualche parte vicino all’orlo, c’è una colonia perduta di maghi che porta tappi di sughero sulle punte dei cappelli e vive esclusivamente di gamberi. Là, la luce è ancora fresca e forte quando arriva dallo spazio, e i maghi scivolano come surfisti sull’interfaccia ribollente tra notte e giorno.
Se uno di loro fosse stato portato a migliaia di miglia nell’entroterra dall’alba, avrebbe potuto vedere, mentre la luce correva sulle pianure, una figura scheletrica che arrancava su per una piccola collina sulla via del mattino.
Raggiunse la cima proprio un istante prima dell’arrivo della luce, respirò e poi fece un giro su stessa, china, sorridendo.
Tra le braccia tese teneva una lunga lama.
La luce colpì… si divise… scivolò…
Non che il mago ci avrebbe fatto molto caso, preso com’era dal pensiero delle cinquemila miglia di cammino per tornare indietro.
La signorina Flitworth raggiunse ansimando la cima mentre il nuovo giorno arrivava. Bill Porta era assolutamente immobile, solo la lama si muoveva fra le sue dita mentre la rigirava controluce.
Finalmente sembrò soddisfatto.
Si voltò e menò qualche fendente di prova nell’aria.
La signorina Flitworth si piantò le mani sui fianchi. «Oh, dai» disse.
«Non si/ /niente con la/
/ può affilare / / luce».
Fece una pausa.
«Oh/ /buono».
/dio /
Giù nell’aia, Cyril tese il collo glabro per un altro round. Bill Porta sorrise, e tirò un fendente verso il suono.
«Schi/ /ccù!»
/ ccaru/
Poi abbassò la falce.
COSÌ È AFFILATA.
Il sorriso si spense, per quel che poteva.
La signorina Flitworth si voltò, seguendo lo sguardo di lui fino a incrociare una nebbia sui campi di grano.
Sembrava una veste grigio chiaro, vuota ma in qualche modo ancora sagomata su una forma umana, come un indumento appeso ad asciugare alla brezza.
«L’ho visto».
NON ERA LUI. ERANO LORO.
«Loro chi?»
SONO COME… (Bill Porta fece un gesto vago)… SERVI. OSSERVATORI. REVISORI. ISPETTORI.
La signorina Flitworth strinse gli occhi.
«Ispettori? Come quelli del Fisco?» disse.
IMMAGINO DI SÌ…
Lei si illuminò.
«Perché non l’hai detto?»
PREGO?
«Mio padre mi ha sempre fatto promettere di non aiutare mai quelli del Fisco. Anche solo a pensarci, diceva, gli veniva una testa così. Diceva che c’erano la morte e le tasse, ma le tasse erano peggio perché almeno la morte non veniva una volta l’anno. Dovevamo uscire dalla stanza quando attaccava con il Fisco. Creature cattive. Sempre a ficcanasare, a chiedere cosa avevi nascosto nella legnaia e dietro i pannelli segreti in cantina, e altre robe che non sono proprio affari di nessuno».
Tirò su col naso.
Bill Porta era colpito. La signorina Flitworth riusciva a dare alla parola ‘Fisco’ tutta la perentorietà della parola ‘feccia’.
«Avresti dovuto dirlo, che ti stavano alle costole» continuò lei. «Il Fisco non è molto popolare da queste parti, sai. Ai tempi di mio padre ogni volta che uno del Fisco veniva a ficcanasare qui da solo, gli legavano dei pesi alle caviglie e lo buttavano nello stagno».
MA LO STAGNO È PROFONDO SOLO UN PALMO, SIGNORINA FLITWORTH.
«Lo so, ma vedere loro che lo scoprivano era divertente. Avresti dovuto dirlo. Tutti qui pensavano che avessi a che fare con le tasse».