NO. LE TASSE NO.
«Bene, bene. Non sapevo ci fosse un Fisco anche Lassù».
SÌ. IN UN CERTO SENSO.
Lei si avvicinò.
«Lui quando verrà?»
STANOTTE. NON POSSO ESSERE PIÙ PRECISO. CI SONO DUE PERSONE CHE VIVONO CON LO STESSO SEGNATEMPO, E QUESTO RENDE LE COSE INCERTE.
«Non sapevo che si potesse dare a qualcuno un po’ di vita».
SUCCEDE CONTINUAMENTE.
«Sei sicuro che sia stanotte?»
SÌ.
«E quella lama funzionerà, vero?»
NON LO SO. HO UNA POSSIBILITÀ SU UN MILIONE.
«Oh». Lei parve riflettere. «Perciò hai il resto della giornata libero, giusto?»
SÌ, PERCHÉ?
«Allora puoi cominciare con il raccolto».
COSA?
«Così ti distrai. Oltretutto ti pago sei pence a settimana E sei pence sono sei pence».
Anche la casa della signora Torta era in Via Olmo. Windle bussò alla porta.
Dopo un po’ una voce attutita disse: «C’è qualcuno?»
«Bussi una volta per il sì» disse Schleppel.
Windle aprì la fessura per le lettere.
«Ehm… signora Torta?»
La porta si aprì.
La signora Torta non era come Windle se l’era aspettata. Era grossa, ma non nel senso di grassa. Aveva solo delle proporzioni leggermente maggiori del normale; il tipo di persona che attraversa la vita chinandosi appena, con l’aria di scusarsi se inavvertitamente incombe su qualcuno. E poi aveva capelli magnifici. Le incoronavano la testa e le scendevano sulle spalle come un mantello. Aveva anche orecchie leggermente appuntite e denti che, pur bianchi e piuttosto belli, splendevano in modo inquietante. Windle rimase sbalordito dalla velocità con cui i suoi sensi acuiti di zombie giunsero a una conclusione. Guardò in basso.
Lupine si era seduto di scatto, troppo eccitato anche solo per scodinzolare.
«Non credo che lei sia la signora Torta» disse Windle.
«Lei cerca la mamma» disse la ragazza alta. «Mamma! C’è un signore!»
Un borbottio lontano divenne un borbottio più vicino, e poi la signora Torta apparve a fianco della figlia come una piccola luna che emerge dall’ombra di un pianeta.
«Cosa vuole?» chiese.
Windle fece un passo indietro. A differenza della figlia, la signora Torta era piuttosto bassa, e quasi perfettamente sferica. E ancora a differenza della figlia, la cui postura era interamente dedicata al tentativo di sembrare piccola, si notava moltissimo. Ciò era ampiamente dovuto al suo cappello, che come Windle scoprì in seguito, indossava sempre con la dedizione di un mago. Era enorme, nero, e con delle cose sopra, come ali di uccello, ciliegie finte e spilloni; Carmen Miranda avrebbe potuto indossarlo al funerale di un continente. La signora Torta viaggiava sotto il cappello come un cesto sotto una mongolfiera. Gli altri si ritrovavano spesso a parlare con il suo cappello.
«Signora Torta?» chiese Windle, affascinato.
«Sono quaggiù» disse una voce in tono di rimprovero.
Windle abbassò lo sguardo.
«Sono proprio io» ribadì la signora Torta.
«Parlo con la signora Torta in persona?» chiese Windle.
«Sì, lo so» disse la signora.
«Mi chiamo Windle Poons».
«So anche questo».
«Vede, io sono un mago…»
«Va bene, ma pulitevi i piedi».
«Posso entrare?»
Windle Poons s’interruppe. Riascoltò le battute della conversazione nella sala di controllo della sua mente. Poi sorrise.
«Esatto» disse la signora Torta.
«Per caso lei è una veggente naturale?»
«Di solito circa dieci secondi, signor Poons».
Windle esitò.
«Deve fare la domanda» aggiunse in fretta la signora Torta. «Mi viene l’emicrania se la gente lo fa apposta a non farmi domande che ho già previsto e a cui ho già risposto».
«Quanto riesce a vedere nel futuro, signora Torta?»
Lei annuì.
«Va bene» disse, apparentemente rabbonita, e fece strada verso un minuscolo salotto. «Anche l’uomonero può entrare, se però lascia la porta fuori e va in cantina. Non mi va di averne in giro per casa».
«Ehi, è una vita che non vado in una cantina vera» disse Schleppel.
«Ci sono i ragni» disse la signora Torta.
«Uau!»
«E lei gradisce un tè» disse la signora Torta a Windle. Un’altra avrebbe detto ‘Magari gradisce un tè’ oppure ‘Le va una tazza di tè?’ Ma quella invece era un’affermazione.
«Sì, grazie» disse Windle. «Molto volentieri».
«Non dovrebbe» disse la signora Torta. «Quella roba le fa marcire i denti».
Windle elaborò.
«Due zollette, grazie» disse.
«Non è male».
«Ha una bella casa, signora Torta» disse Windle, con la mente che andava a mille. L’abitudine della signora Torta di rispondere alle domande mentre ancora ti si formavano nella testa metteva alla prova anche i cervelli più attivi.
«È morto da dieci anni» disse la signora Torta.
«Ehm» disse Windle, ma la domanda era già lì nella sua laringe. «Il signor Torta gode di ottima salute, spero».
«Non è grave. Ogni tanto ci parliamo» disse la signora Torta.
«Oh, mi dispiace» disse Windle.
«Va bene, se la fa sentire meglio».
«Ehm… signora Torta? Mi sto un po’ confondendo. Potrebbe… spegnere… la premonizione?»
Lei annuì.
«Scusi. È che ormai mi sono abituata a lasciarla accesa» disse, «col fatto che qua ci siamo solo io e Ludmilla e Un-Secchio. Lui è uno spettro» aggiunse. «So che stava per chiederlo».
«Sì, ho sentito che i medium hanno uno spirito guida nativo» disse Windle.
«Chi, lui? No, ma che guida. È un fantasma occasionale» ribatté la signora Torta. «Io non mi ci trovo con quella roba di carte, trombette e tavole Ouija, badi bene. E l’ectoplasma mi fa schifo. In casa mia non ce lo voglio. Non lo togli dai tappeti manco con l’aceto».
«Ma pensa» commentò Windle.
«O i lamenti. Non li sopporto. O tutte quelle robe soprannaturali. Il soprannaturale non è naturale. Non fa per me».
«Ehm» disse cautamente Windle. «Secondo alcuni essere una medium è un po’… come dire… soprannaturale?»
«Che? Cosa? Non c’è niente di soprannaturale nei morti. Che sciocchezze. Tutti muoiono prima o poi».
«Lo spero proprio, signora Torta».
«Allora, signor Poons, cosa vuole? Non ho la premonizione accesa, perciò deve dirmelo».
«Voglio sapere cosa sta succedendo, signora Torta».
Ci fu un colpo sordo sotto i loro piedi e la voce lontana e felice di Schleppel.
«Oh, sì! Ci sono anche i topi!»
«Sono venuta su a dirvelo, a voi maghi» disse la signora Torta, in tono sostenuto. «E nessuno mi ha ascoltato. Lo sapevo che non mi avrebbero ascoltato, ma dovevo provare, altrimenti non l’avrei saputo».
«Con chi ha parlato?»
«Quello grosso col vestito rosso e dei baffi che pare che ha ingoiato un gatto».
«Ah. L’Arcicancelliere» disse Windle, sicuro.
«E ce n’era anche uno enorme, grasso. Cammina come una papera».
«È proprio vero. Quello è il Decano» approvò Windle.
«Mi hanno chiamato brava donna» proseguì la signora Torta. «Mi hanno detto di farmi i fatti miei. Perché mai devo andare ad aiutare dei maghi che mi chiamano brava donna, mentre io cercavo solo di dare una mano?»
«Temo che i maghi non stiano spesso a sentire» disse Windle. «Io non ho mai ascoltato nessuno, per centotrenta anni».
«Perché no?»
«Per paura di sentire le cavolate che dicevo, credo. Che sta succedendo, signora Torta? A me può dirlo. Magari sono un mago, ma sono anche morto».
«Ecco…»
«Schleppel ha detto che è una questione di forza vitale».