«Ma lui sta bene?»
«Respira ancora» rispose il Tesoriere.
«E con un po’ di fortuna, ha perso l’olfatto» aggiunse il Decano.
Il mucchio morse il cappello di Ridcully. Ci fu un glop, e la punta scomparve.
«Ehi, lì dentro c’era ancora mezza bottiglia!» ruggì Ridcully. Il Sommo Algebrico gli afferrò il braccio.
«Venga via, Arcicancelliere!»
Il mucchio si voltò e si lanciò verso il Tesoriere.
I maghi indietreggiarono.
«Non può essere intelligente, no?» disse il Tesoriere.
«Bighellona in giro e mangia, e basta» disse il Decano.
«Con un cappello a punta potrebbe essere un professore» disse l’Arcicancelliere.
Il mucchio partì alla carica.
«Io non lo definirei bighellonare» osservò il Decano.
Guardarono l’Arcicancelliere, in attesa.
«Via!»
Pur essendo corpulenti come la maggior parte dei membri della facoltà, presero una buona velocità fra i chiostri, si accapigliarono sulla porta, se la chiusero di schianto alle spalle e ci si appoggiarono contro. Quasi subito si sentì un colpo pesante e umido dall’altra parte.
«L’abbiamo seminata, quella cosa» disse il Tesoriere.
Il Decano guardò in basso.
«Credo che stia passando per la porta, Arcicancelliere» mugolò con voce piccina.
«Non faccia lo stupido, ci stiamo appoggiati sopra».
«Non dicevo dalla porta, dicevo per la porta…»
L’Arcicancelliere annusò.
«Cos’è che sta bruciando?»
«I suoi stivali, Arcicancelliere» rispose il Decano.
Ridcully guardò in basso. Una pozzanghera giallo-verdastra si stava espandendo sotto la porta. Il legno si stava carbonizzando, le pietre del pavimento friggevano, e le suole di cuoio dei suoi stivali erano in guai grossi. Sentiva che si stava abbassando lui stesso.
Cincischiò con i lacci, poi saltò su una pietra asciutta.
«Tesoriere!»
«Sì, Arcicancelliere?»
«Mi dia i suoi stivali!»
«Cosa?»
«Maledizione, le ordino di darmi i suoi dannatissimi stivali!»
Stavolta, una lunga creatura con quattro paia di ali, due a ogni estremità, e tre occhi, spuntò dal nulla sopra la testa di Ridcully e gli cadde sul cappello.
«Ma…»
«Io sono il suo Arcicancelliere!»
«Sì, ma…»
«Credo che i cardini stiano partendo» annunciò il professore di Rune Recenti.
Ridcully si guardò disperatamente attorno.
«Ci ritroviamo in Aula Magna» disse. «Ci… ritireremo strategicamente nelle posizioni prestabilite».
«Chi le ha stabilite?» chiese il Decano.
«Le stabiliremo quando arriviamo» rispose l’Arcicancelliere a denti stretti. «Tesoriere! I suoi stivali! Immediatamente!»
Raggiunsero le porte dell’Aula Magna mentre la porta alle loro spalle crollava, semidissolta. Le doppie porte dell’Aula Magna erano molto più robuste. Misero sbarre e paletti.
«Sgombrate i tavoli e metteteli davanti alla porta» ordinò Ridcully.
«Ma lo mangia, il legno» obiettò il Decano.
Dal piccolo corpo di Modo, che avevano appoggiato su una sedia, venne un gemito. Aprì gli occhi.
«Presto!» esclamò Ridcully. «Come facciamo a uccidere un mucchio di compost?»
«Eh. Non credo che si possa, signor Ridcully, signore» rispose il giardiniere.
«E il fuoco? Probabilmente riesco a produrre una piccola palla di fuoco» disse il Decano.
«Non funzionerebbe. Troppo umido» sentenziò Ridcully.
«È qua fuori! Sta mangiando la porta! Sta mangiando la porta» cantilenò il professore di Rune Recenti.
I maghi indietreggiarono ancora per tutta la lunghezza della sala.
«Spero che non mangi troppo legno» disse un confuso Modo, con genuina preoccupazione. «Diventano dei diavoli, scusate il klatchiano, se gli si dà troppo carbonio. Scalda troppo».
«Sai, è proprio il momento adatto per una lezione su come si fa il compost, Modo» disse il Decano.
I nani non conoscono il senso della parola ‘ironia’.
«Bene, ecco. Ehm. L’equilibrio giusto tra i materiali, stratificati correttamente secondo…»
«Ecco la porta» disse il professore di Rune Recenti, arrancando verso il resto del gruppo.
La montagna di mobili cominciò a spostarsi in avanti.
L’Arcicancelliere si guardò disperatamente intorno. Poi il suo sguardo fu attratto da una pesante bottiglia, dall’aria familiare, su uno degli scaffali.
«Carbonio» disse. «È come dire carbone, giusto?»
«Che ne so? Non sono mica un alchimista» piagnucolò il Decano.
L’Arcicancelliere guardò con desiderio la bottiglia di salsa Wow-Wow. La stappò e inalò profondamente.
«I cuochi di qui non la sanno preparare come si deve» disse. «Ci vorranno settimane prima che me ne arrivi un’altra da casa».
Lanciò la bottiglia verso il mucchio che avanzava.
Scomparve nella massa ribollente.
«L’ortica è sempre utile» disse Modo dietro di lui, «aggiunge ferro. E la consolida, di quella non ce n’è mai abbastanza. Per i minerali. Per quanto mi riguarda ho sempre pensato che una piccola quantità di achillea selvatica…»
I maghi sbirciarono da sopra il tavolo rovesciato.
Il mucchio si era fermato.
«È una mia impressione, o sta diventando più grande?» chiese il Sommo Algebrico.
«E sembra anche più contento» osservò il Decano.
«Puzza da fare schifo» disse il Tesoriere.
«Be’. Quella era anche una bottiglia quasi piena» disse tristemente l’Arcicancelliere. «L’avevo a malapena aperta».
«La natura è una cosa meravigliosa, se ci pensi» considerò il Sommo Algebrico. «Non c’è bisogno che mi guardi così male. Facevo solo un’osservazione».
«Ci sono delle volte in cui…» cominciò Ridcully, e in quel momento il mucchio di compost esplose.
Non fu un botto. Fu la più molliccia e corpulenta eruzione nella storia delle flatulenze terminali. Fiamme rosso scuro bordate di nero si innalzarono fino al soffitto. Pezzi del mucchio attraversarono come razzi la sala e si spiaccicarono sulle pareti.
I maghi fecero capolino dalla loro barricata, ora ricoperta di foglie di tè.
Un gambo di cavolfiore atterrò dolcemente sulla testa del Decano.
Lui guardò una piccola chiazza ribollente sul pavimento.
Sulla sua faccia si allargò lentamente un sorriso.
«Uau» disse.
Gli altri maghi si srotolarono dalla loro posizione. La risacca dell’adrenalina agì con la sua seduzione. Sorrisero anche, e cominciarono a darsi amichevoli pacche sulle spalle.
«Beccati ’sta salsa piccante!» ruggì l’Arcicancelliere.
«Tornatene nella siepe, spazzatura fermentata!»
«Siamo o non siamo dei maghi?» gongolò il Decano.
«Be’, e che domanda è?» obiettò il Sommo Algebrico, ma l’ondata di entusiasmo era contro di lui.
«Ecco un compost che non farà più il furbo con dei maghi» disse il Decano, che si stava lasciando trascinare. «Siamo forti, siamo cattivi e…»
«Ce ne sono altri tre là fuori, dice Modo» intervenne il Tesoriere.
Cadde il silenzio.
«Possiamo andare a prendere i nostri bastoni, no?» disse il Decano.
L’Arcicancelliere toccò con la punta dello stivale un pezzo di compost esploso.
«Cose morte che prendono vita. Non mi piace per niente. Cosa verrà dopo? Statue che camminano?»
I maghi guardarono le statue degli Arcicancellieri morti allineate lungo le pareti dell’Aula Magna e anche nella maggior parte dei corridoi dell’Università. Dal momento che l’Università esisteva da migliaia di anni e che gli Arcicancellieri restavano in carica in media undici mesi, c’era una gran quantità di statue.