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«Naturalmente da ferma non si apprezza al suo meglio» disse Simnel. «C’è bisogno di un cavallo che la tiri, quanto meno al momento. Ho un paio di idee veramente radicali a quel riguardo» aggiunse con aria sognante.

È UNA SPECIE DI ATTREZZO?

Simnel parve vagamente offeso.

«Preferisco il termine macchina» rispose. «Rivoluzionerà l’agricoltura, e la trascinerà urlante e scalciante nel Secolo del Pipistrello Orecchione. La mia famiglia possiede quest’officina da trecento anni, ma Ned Simnel non intende passare il resto della sua vita a inchiodare pezzi di metallo ricurvi ai piedi dei cavalli, glielo assicuro».

Bill lo guardò con occhi vuoti. Poi si chinò a dare un’occhiata sotto la macchina C’erano una decina di falcetti avvitati a una grande ruota orizzontale. Ingegnosi collegamenti erano azionati dalle ruote, attraverso un assortimento di pulegge, fino a un assemblaggio girevole di bracci metallici.

Cominciò ad avere un’orribile sensazione sulla cosa che gli stava davanti, ma comunque chiese spiegazioni.

«Ecco, il cuore di tutto è questo albero a camme» disse Simnel, gratificato dall’interesse. «L’energia arriva attraverso questa puleggia, e le camme muovono i bracci ricurvi… sarebbero queste cose… e le barre rastrellatrici, che sono azionate da un meccanismo di collegamento alternativo, scendono giù proprio quando l’otturatore entra in questa fessura qui, e naturalmente allo stesso momento le due sfere di ottone cominciano a girare e le spatole impennanti portano via la paglia mentre i chicchi cadono grazie alla gravità attraverso il cunicolo a spirale fino nella tramoggia. Semplice».

E IL GRIPPOLO A TRE OTTAVI?

«Grazie per avermelo ricordato». Simnel pescò fra i detriti sul pavimento e prese un piccolo oggetto zigrinato e lo avvitò a una parte sporgente del meccanismo. «È molto importante. Impedisce che la camma ellittica scivoli gradualmente lungo l’albero principale e si impigli nella flangia, con gli effetti catastrofici che senza dubbio può immaginare».

Simnel fece un passo indietro e si pulì le mani su uno straccio, rendendole ancora un po’ più unte.

«La chiamerò Mietitrebbiatrice» disse.

Bill Porta si sentì molto vecchio. In effetti era molto vecchio, ma non ci si era mai sentito così tanto. Da qualche parte, nell’ombra della sua anima, sapeva a cosa serviva la Mietitrebbiatrice, anche senza la spiegazione del fabbro.

OH.

«Oggi pomeriggio la proviamo sul campo del vecchio Peedbury. Devo dire che mi sembra molto promettente. Signor Porta, quello che sta guardando è il futuro».

SÌ.

Bill Porta passò la mano sul macchinario.

E IL RACCOLTO?

«Mmm? Il raccolto cosa?»

CHE COSA NE PENSERÀ? LO SAPRÀ?

Simnel arricciò il naso. «Lo saprà? No, non saprà niente. Il grano è grano».

E SEI PENCE SONO SEI PENCE.

«Esatto». Simnel esitò. «Cos’è che voleva?»

La figura alta passò un dito sconsolato sulla macchina unta.

«Signor Porta?»

COME? AH. SÌ. HO UN LAVORO PER LEI…

Uscì a grandi passi dall’officina e tornò quasi immediatamente con qualcosa avvolto nella seta. Aprì l’involto con cautela.

Aveva fabbricato un nuovo manico per la falce: non uno dritto, come si usa sulle montagne, ma il pesante manico a doppia curva delle pianure.

«Vuole che gliela tempri? Un nuovo tirante? Vuole sostituire la lama?»

Bill Porta scosse la testa.

LA VOGLIO MORTA.

«Morta?»

SÌ. COMPLETAMENTE DISTRUTTA. IN MODO CHE SIA MORTA SENZA RIMEDIO.

«È una bella falce» osservò Simnel. «Sembra un peccato. Ha mantenuto un bel filo…»

NON LA TOCCHI!

Simnel si succhiò il dito.

«Strano» disse, «avrei giurato di non averla toccata. La mano era lontana. Be’, comunque taglia».

Menò un fendente nell’aria.

«Sì. Di/        /ta/

       /rei che/  /glia».

Fece una pausa, si ficcò il mignolo nell’orecchio e lo agitò un po’.

«Sicuro di sapere quello che vuole?» chiese.

Bill Porta ripeté solennemente la sua richiesta.

Simnel scrollò le spalle. «Be’, la posso fondere e bruciare il manico» disse.

SÌ.

«Va bene. La falce è sua. E fondamentalmente ha ragione, è chiaro. Questa ormai è tecnologia vecchia, inutile».

TEMO CHE ABBIA RAGIONE.

Simnel indicò con il pollice lercio la Mietitrebbiatrice. Bill Porta sapeva che era fatta solo di metallo e tela, e perciò non era possibile che stesse in agguato. Però era in agguato. Oltretutto stava in agguato con una sorta di compiacimento agghiacciante e metallico.

«Potrebbe convincere la signorina Flitworth a comprarne una, signor Porta. Sarebbe l’ideale per una fattoria come quella. Già me la vedo lassù nella brezza, con le cinghie che vanno e i bracci che oscillano…»

NO.

«Ma sì. Lei se la può permettere. Dicono che ha delle casse piene di tesori dai vecchi tempi».

NO!

«Ehm…» Simnel esitò. L’ultimo ‘no’ conteneva una minaccia più certa dello scricchiolio del ghiaccio sottile su un fiume profondo. Diceva che insistere poteva essere la cosa in assoluto più stupida che Simnel potesse mai fare.

«Sono sicuro che lei sa bene il fatto suo» mormorò.

SÌ.

«Ecco, per la falce facciamo un quarto di penny» balbettò Simnel. «Mi dispiace, ma servirà un sacco di carbone, e i nani continuano a tirare su il prezzo…»

ECCO. DEVE ESSERE PRONTA PER STASERA.

Simnel non rispose. Discutere avrebbe voluto dire che Bill Porta sarebbe rimasto nell’officina, e lui cominciava a desiderare piuttosto intensamente che se ne andasse.

«Bene, bene».

È CHIARO?

«Chiaro, chiaro».

ADDIO, disse solennemente Bill Porta, e se ne andò.

Simnel chiuse la porta e ci si appoggiò contro. Uff. Era un tipo simpatico, certo, tutti parlavano di lui; ma dopo un paio di minuti in sua presenza cominciavi ad avere la sgradevole sensazione che qualcuno stesse camminando sulla tua tomba, anche se non era stata ancora scavata.

Attraversò il pavimento unto di grasso, riempì il bollitore del tè, e lo piazzò su un angolo della fucina. Prese una chiave inglese per fare qualche aggiustamento finale alla Mietitrebbiatrice, e vide la falce appoggiata alla parete.

Si avvicinò in punta di piedi, poi si rese conto che era una cosa di una stupidità strabiliante. Non era mica viva. Non poteva sentire. Era solo molto affilata.

Sollevò la chiave inglese, sentendosi colpevole. Ma il signor Porta aveva detto… be’, il signor Porta aveva detto una cosa molto strana, usando le parole sbagliate per parlare di un semplice attrezzo. Ma difficilmente avrebbe potuto obiettare a questo.

Simnel abbassò con forza la chiave inglese.

Non ci fu resistenza. Anche stavolta, avrebbe potuto giurare che la chiave inglese si era divisa in due, come se fosse stata di pane, a diversi centimetri di distanza dal filo della lama.

Si domandò se un oggetto poteva essere così affilato da possedere non solo un filo, ma l’essenza stessa dell’affilatezza, una sorta di filo assoluto che si estendeva oltre gli ultimi atomi del metallo.

«Por/         /ria!»

    /ca mise/

Poi gli venne in mente che queste erano idee sciocche e superstiziose per un uomo che sapeva come avvitare un grippolo a tre ottavi. Con un collegamento alternato andavi sul sicuro. O funzionava o non funzionava. Certamente non aveva misteri.

Guardò con orgoglio la Mietitrebbiatrice. Naturalmente ci voleva un cavallo per tirarla. Questo guastava un po’ le cose. I cavalli appartenevano al passato; il futuro apparteneva alla Mietitrebbiatrice e alle sue discendenti, che avrebbero reso il mondo un posto migliore e più pulito. Bisognava soltanto togliere il cavallo dall’equazione. Aveva provato con un meccanismo a manovella, ma non era abbastanza potente. Forse azionando un…