Alle sue spalle l’acqua del bollitore traboccò e spense il fuoco.
Simnel attraversò l’officina in mezzo al vapore. Sempre il solito maledetto problema. Ogni volta che provavi a ragionare un po’ seriamente, c’era sempre qualche distrazione senza senso.
La signora Torta tirò le tendine.
«Chi è esattamente Un-Secchio?» chiese Windle.
Lei accese un paio di candele e si sedette.
«Apparteneva a una di quelle tribù pagane di Howondaland» tagliò corto.
«Che nome strano, Un-Secchio» osservò Windle.
«Non è il suo nome completo» disse misteriosa la signora Torta. «Ora dobbiamo prenderci per mano». Lo guardò, riflettendo. «Ci serve qualcun altro».
«Posso chiamare Schleppel» propose Windle.
«Non ho intenzione di avere un uomonero sotto il tavolo che mi guarda su per la gonna» replicò la signora Torta, e chiamò: «Ludmilla!» Poco dopo la tenda di perline che dava in cucina si aprì ed entrò la ragazza che aveva aperto la porta a Windle.
«Sì, mamma?»
«Siediti, bambina. Ci serve un’altra persona per la seduta».
«Sì, mamma».
La ragazza sorrise a Windle.
«Lei è Ludmilla» disse la signora Torta in tono sbrigativo.
«Incantato» disse Windle. Ludmilla gli rivolse il sorriso luminoso cristallino perfezionato da chi ha imparato da tempo a non mostrare i suoi sentimenti.
«Ci siamo già incontrati» disse Windle. Dev’essere passato almeno un giorno dalla luna piena, pensò. Tutti i segni sono quasi spariti. Bene, bene, bene…
«È la mia vergogna» dichiarò la signora Torta.
«Mamma, vai avanti» ribatté Ludmilla, senza rancore.
«Unite le mani» disse la signora Torta.
Sedettero in penombra. Poi Windle sentì che la signora Torta ritirava la mano.
«Ho dimenticato il bicchiere» disse.
«Signora Torta, pensavo che lei non usasse tavole ouija e cose del genere…» cominciò Windle.
Ci fu un glu-glu dalla mensola. La signora Torta tornò a sedersi e mise sul tavolo un bicchiere pieno.
«Infatti» disse.
Calò di nuovo il silenzio. Windle si schiarì la gola nervosamente.
Alla fine la signora Torta disse: «Va bene, Un-Secchio, so che ci sei».
Il bicchiere si mosse. Il liquido ambrato si agitò dolcemente.
Una voce incorporea tremolò: salute, visi pallidi, dai felici territori di caccia…
«Piantala» lo interruppe la signora Torta. «Lo sanno tutti che sei stato investito da un carro in via della Melassa perché eri ubriaco, Un-Secchio».
non è mica colpa mia. non è per niente colpa mia. è colpa mia se il mio bisnonno si è trasferito qui? sarebbe stato mio diritto finire sbranato da un leone di montagna o da un mammut gigante o roba del genere, mi è stato negato il mio diritto di morte.
«Il signor Poons vuole farti una domanda, Un-Secchio» disse la signora Torta.
lei è felice qui e aspetta di rincontrarti, disse Un-Secchio.
«Chi?» chiese Windle.
Un-Secchio parve sconcertato. Di solito quella frase bastava a non dover dare altre spiegazioni.
lei chi vorrebbe?, chiese cautamente, posso avere quel goccetto ora?
«Non ancora, Un-Secchio» rispose la signora Torta.
be’, ne ho bisogno, qua dentro c’è un bel po’ di folla.
«Cosa?» chiese in fretta Windle. «Di fantasmi, vuoi dire?»
ce ne sono centinaia, rispose la voce di Un-Secchio.
Windle era deluso.
«Solo centinaia? Non sembrano così tanti».
«Non tutti diventano fantasmi» spiegò la signora Torta. «Per diventare fantasmi bisogna avere, che so, seri affari in sospeso, una terribile vendetta da consumare, un piano cosmico in cui sei soltanto una pedina».
oppure una sete boia, disse Un-Secchio.
«Ma sentilo» replicò la signora Torta.
io volevo restare nel mondo degli spiriti, ma mi vanno bene anche vino o birra, ih ih ih.
«Allora, che cosa succede alla forza vitale quando le cose smettono di vivere?» chiese Windle. «È quello che sta provocando tutti questi guai?»
«Rispondi» ordinò la signora Torta, quando Un-Secchio sembrò riluttante a rispondere.
di quali guai sta parlando?
«Cose che si svitano. Vestiti che se ne vanno in giro da soli. Tutti che all’improvviso si sentono più vivi. Cose del genere».
quello? quella non è niente, la forza vitale trabocca dove può. Non c’è da preoccuparsi per quello.
Windle mise la mano sul bicchiere.
«Ma c’è qualcosa di cui bisogna preoccuparsi, non è vero?» disse in tono neutro. «Ha a che fare con quei piccoli souvenir di vetro».
non mi va di dirlo.
«Diglielo».
Era la voce di Ludmilla, profonda ma con una certa bellezza. Lupine la guardava intensamente. Windle sorrise. Uno dei vantaggi dell’essere morto era che vedevi cose che i vivi ignoravano.
Un-Secchio era diventato querulo e petulante.
e che cosa farà se glielo dico, allora? io posso finire in un mare di guai per una cosa del genere.
«Però puoi dirmi se indovino?» chiese Windle.
ss-ssì. magari sì.
«Non devi dire nulla» disse la signora Torta. «Batti due volte per il sì e una per il no, come ai vecchi tempi».
oh, va bene.
«Avanti, signor Poons» disse Ludmilla. Aveva il genere di voce che Windle avrebbe voluto accarezzare.
Si schiarì la gola.
«Secondo me» cominciò, «ecco, secondo me sono una specie di uova. Ho pensato… alla colazione, ma perché? E poi mi sono venute in mente… le uova».
Toc.
«Ah. Be’, forse era un’idea stupida…»
scusate, era una volta per il sì o due volte per il sì?
«Due volte!» sbottò la medium.
TOC TOC.
«Ah» disse Windle, «e si schiudono in una cosa con le ruote?»
due volte per il sì, eh?
«Sììì!»
TOC. TOC.
«Lo sapevo, lo sapevo! Ne ho trovata una sotto il mio pavimento e ha cercato di schiudersi ma non c’era abbastanza spazio!» esultò Windle. Poi si accigliò.
«Ma per diventare che?»
Mustrum Ridcully si affrettò verso il suo ufficio e prese il bastone da mago dalla rastrelliera sopra il caminetto. Si leccò le dita e toccò esitante la punta. Ci fu una scintilla color ottarino e un odore di lattina unta.
Si avviò di nuovo verso la porta.
Poi si voltò lentamente, perché il suo cervello aveva avuto giusto il tempo di analizzare il disordine nello studio e notare la stranezza.
«Che diavolo ci fa quel coso qui?» disse.
Lo toccò con la punta del bastone. Quello tintinnò e si spostò un po’ in avanti sulle ruote.
Assomigliava vagamente, ma non molto, a quelle cose che le cameriere trascinano in giro cariche di scope, asciugamani puliti e quell’altra roba che di solito le cameriere portano in giro. Ridcully prese mentalmente nota di parlarne con la governante. Poi se ne dimenticò.
«Questi maledetti cosi a rotelle spuntano dappertutto» mormorò.
Alla parola ‘maledetti’ qualcosa di simile a un grosso moscone della carne con la dentatura di un gatto apparve dal nulla, svolazzò in giro come un pazzo per valutare il nuovo ambiente, e poi inseguì l’ignaro Arcicancelliere.