Le parole dei maghi sono potenti. E le imprecazioni sono potenti. E con la forza vitale che praticamente si cristallizzava nell’aria, dovevano trovare degli sbocchi ovunque fosse possibile.
città, disse Un-Secchio. secondo me sono uova di città.
I maghi anziani si riunirono di nuovo in Aula Magna. Perfino il Sommo Algebrico sentiva una certa eccitazione. Usare la magia contro dei colleghi era considerata maleducazione, e usarla contro i civili era antisportivo. Ma faceva bene ogni tanto una bella scarica di energia.
L’Arcicancelliere li guardò.
«Decano, perché avete tutti delle strisce in faccia?» domandò.
«Mimetismo, Arcicancelliere».
«Mimetismo, eh?»
«Yo, Arcicancelliere».
«Oh, be’. Contenti voi».
Si avviarono silenziosamente verso il pezzetto di terra che era stato il piccolo territorio di Modo. O meglio, quasi tutti avanzarono silenziosamente. Il Decano avanzava con una serie di saltelli, appiattendosi ogni tanto contro la parete e facendo: «Ha! Ha! Ha!»
Ci rimase malissimo quando scoprirono che gli altri mucchi erano ancora lì dove Modo li aveva fatti. Il giardiniere, che li seguiva e che aveva già rischiato due volte di finire schiacciato dal Decano, si affaccendò per un po’ intorno ai mucchi.
«Tengono un basso profilo» disse il Decano. «Io dico che li facciamo saltare in aria, quei maledettissimi…»
«Non sono ancora nemmeno caldi» osservò Modo. «Quello doveva essere il più vecchio».
«Vuoi dire che non abbiamo niente da combattere?» chiese l’Arcicancelliere.
La terra tremò sotto i loro piedi, e poi si sentì un debole tintinnio proveniente dai chiostri.
Ridcully si accigliò.
«Qualcuno porta ancora in giro quei dannati cestini di ferro» disse. «Stasera ce n’era uno nel mio ufficio».
«Uh» fece il Sommo Algebrico. «Ce n’era uno anche nella mia stanza da letto. Ho aperto l’armadio ed era là».
«Nell’armadio? E perché l’ha messo lì?» chiese Ridcully.
«Non ce l’ho messo io, gliel’ho detto. Probabilmente sono stati gli studenti. Loro si divertono così. Una volta uno mi ha messo una spazzola nel letto».
«Prima ci sono inciampato sopra, a uno di quei cosi» disse l’Arcicancelliere. «E quando mi sono voltato, qualcuno l’aveva portato via».
Il tintinnio si avvicinava.
«Bene, signor cosiddetto spiritosone dei miei stivali» disse Ridcully, battendosi in modo eloquente il bastone sul palmo della mano.
I maghi indietreggiarono fino al muro.
Il fantasma del carrello gli era quasi addosso.
Ridcully ringhiò, e saltò fuori dal suo nascondiglio.
«A-ha, giovanotto…! Miseria fottuta!»
«Non raccontare balle» disse la signora Torta. «Le città non sono cose vive. So che la gente dice il contrario, ma non è mica vero».
Windle Poons si rigirò fra le mani una delle palline di vetro.
«Ne sta deponendo a migliaia» disse. «Ma naturalmente non sopravviveranno tutte. Altrimenti avremmo città fino alle orecchie, no?»
«Ci stai dicendo che da queste piccole palline nascono dei posti enormi?» domandò Ludmilla.
non subito, prima c’è lo stadio mobile.
«Qualcosa con le ruote» disse Windle.
esatto, vedo che già lo sa.
«Credo di sì» disse Windle Poons, «e che cosa succede dopo lo stadio mobile?»
non lo so.
Windle si alzò.
«È ora di scoprirlo».
Guardò Ludmilla e Lupine. Ah. Sì. Perché no? Se puoi aiutare qualcuno mentre sei di passaggio, pensò Windle, allora la tua vita, o qualsiasi altra cosa, non sarà passata invano.
Si incurvò e disse con voce leggermente rotta: «Però in questi giorni non sono molto fermo sulle gambe» disse. «Se qualcuno mi aiutasse, mi farebbe davvero un gran piacere. Signorina, potrebbe accompagnarmi fino all’Università?»
«Ludmilla non esce molto in questi giorni, perché la sua salute…» cominciò la signora Torta in tono brusco.
«Non c’è nessun problema» rispose Ludmilla. «Mamma, lo sai che è passato un giorno intero dalla luna pie…»
«Ludmilla!»
«Be’, è così».
«Le strade non sono sicure per una ragazza, di questi tempi» disse la signora Torta.
«Ma il bellissimo cane del signor Poons spaventerebbe il più pericoloso dei criminali» replicò Ludmilla.
Lupine abbaiò volenterosamente e la guardò implorante. La signora Torta lo squadrò con occhio critico.
«Certo, è un animale molto obbediente» ammise riluttante.
«Allora siamo d’accordo» disse Ludmilla. «Prendo lo scialle».
Lupine si rotolò per terra. Windle lo toccò con il piede.
«Fa’ il bravo» lo ammonì.
Un-Secchio tossì in modo eloquente.
«Va bene, va bene» disse la signora Torta. Prese dei fiammiferi dal cassettone, ne accese distrattamente uno con le unghie, e lo lasciò cadere nel bicchiere di whisky. Bruciò con una fiamma blu, e da qualche parte nel mondo degli spiriti lo spettro di un doppio whisky liscio terminò la sua breve vita.
Uscendo, Windle Poons credette di sentire cantare una voce spettrale.
Il carrello si fermò. Ruotò da una parte all’altra, come per osservare bene i maghi. Poi fece una rapida inversione a tre tempi e si allontanò a gran velocità.
«Ce l’ho!» urlò l’Arcicancelliere.
Puntò il bastone e sparò una palla di fuoco che trasformò una piccola porzione di acciottolato in qualcosa di giallo e gorgogliante. Il carrello oscillò violentemente ma continuò la sua corsa, con una ruota che cigolava.
«Viene dalle Dimensioni Oscure!» esclamò il Decano. «Facciamolo a pezzi!»
L’Arcicancelliere lo fermò con una mano sulla spalla. «Non dica scemenze. Le Cose Oscure hanno un sacco di tentacoli e schifezze varie. Non sembrano fatte da qualcuno».
Si voltarono al rumore di un altro carrello. Percorreva spensieratamente un vialetto laterale; si fermò quando vide o comunque percepì i maghi, e si esibì nella credibile imitazione di un carrello lasciato lì per sbaglio da qualcuno.
Il Tesoriere si avvicinò con cautela.
«Non serve fare il vago. Sappiamo che ti sai spostare».
Il carrello mantenne un basso profilo.
«Non può pensare» disse il professore di Rune Recenti. «Non c’è spazio per un cervello».
«Chi dice che sta pensando?» disse l’Arcicancelliere. «Tutto quello che fa è spostarsi. Non c’è mica bisogno di un cervello per quello. Anche gli scampi si muovono».
Sfiorò il metallo con le dita.
«In realtà gli scampi sono molto intell…» cominciò il Sommo Algebrico.
«Silenzio» interruppe Ridcully. «Però è fatto, no?»
«È fil di ferro» rispose il Sommo Algebrico. «Il fil di ferro deve essere fatto. E ha le ruote. Non ci sono cose con le ruote in natura».
«È solo che visto così da vicino, sembra…»
«… un pezzo unico» completò il professore di Rune Recenti, che si era dolorosamente inginocchiato per esaminarlo meglio. «Fatto tutto insieme, come una macchina cresciuta. Ma è ridicolo».
«Forse. Non c’è un cuculo su nelle Ramtop che costruisce orologi per farci il nido?» domandò il Tesoriere.
«Sì, ma è solo un rituale di corteggiamento» rispose il professore di Rune Recenti in tono leggero. «Oltretutto, come orologi fanno schifo».
Il carrello saltò in uno spazio vuoto fra i maghi, e l’avrebbe fatta franca se lo spazio vuoto non fosse stato occupato dal Tesoriere, che dette un grido e fu catapultato in avanti dentro il cesto. Il carrello non si fermò ma continuò la sua corsa verso il portone.