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Non ho capito ancora bene, si disse. Secondo Un-Secchio si parla della nascita di città. Ma non sembra corretto.

Una città è viva. Immaginiamo di essere un gigante lento, come un Pino Contatore, e di guardare una città? Vedremmo crescere gli edifici; vedremmo respingere i nemici, spegnere gli incendi. Vedremmo la vita della città ma non le persone, perché quelle si muovono troppo in fretta. La vita di una città, quello che la fa muovere, non è una forza misteriosa. È la gente.

Voltò distrattamente le pagine, senza leggere davvero…

Perciò abbiamo le città: grandi creature sedentarie, che crescono in un punto e non si muovono per migliaia di anni. Si riproducono mandando via la gente a colonizzare nuove terre. Ma loro rimangono lì. Sono vive, ma come si potrebbe dire di una medusa. O di un vegetale particolarmente brillante. Dopotutto Ankh-Morpork è detta la Grande Wahooni…

E dove ci sono grosse, lente cose viventi, ce ne sono di piccole e veloci che le mangiano…

Windle Poons sentì accendersi le cellule del cervello. Si stabilivano connessioni, il pensiero scorreva dentro canali nuovi. Aveva mai pensato davvero quando era vivo? Ne dubitava. Era stato solo un mucchio di complicate reazioni collegate a un mucchio di terminazioni nervose, con ogni cosa, dall’oziosa riflessione sul prossimo pasto a ricordi casuali e fuorvianti, a frapporsi tra lui e il vero pensiero.

Sarebbe cresciuto dentro la città, al caldo e al sicuro. E poi sarebbe esploso al di fuori, costruendo… qualcosa, non una vera città, ma una falsa… che attira la gente, la vita, fuori dall’ospite…

La parola che cerchiamo qui è predatore.

Il Decano guardò incredulo il bastone. Lo agitò, e prese di nuovo la mira.

Stavolta il suono fu una specie di pfut.

Alzò lo sguardo. Un’onda ricurva di carrelli, alta come una casa a un piano, stava per cadergli addosso.

«Oh… uffa» disse, piegando le braccia sopra la testa.

Qualcuno lo afferrò da dietro per la veste e lo tirò via nel momento in cui i carrelli rovinarono giù.

«Forza» disse Ridcully. «Se corriamo riusciamo ad arrivare prima di loro».

«Sono senza magia! Sono senza magia!»

«Se non si sbriga finirà anche senza qualcos’altro» disse l’Arcicancelliere.

Cercando di restare uniti e urtando l’uno contro l’altro, i maghi arrancarono davanti ai carrelli. Altri flussi uscivano dalla città e attraversavano i campi.

«Sapete cosa mi ricorda?» disse Ridcully, mentre si facevano strada a fatica.

«Dica» mormorò il Sommo Algebrico.

«La risalita dei salmoni» disse l’Arcicancelliere.

«Eh?»

«Non nell’Ankh, naturalmente» disse Ridcully. «Non credo che un salmone possa risalire la corrente nel nostro fiume…»

«A meno che non sappia camminare» disse il Sommo Algebrico.

«… ma in certi fiumi ne ho visti una folla così» disse Ridcully, «che lottavano per andare avanti. Il fiume era un’unica massa d’argento».

«Bello» disse il Sommo Algebrico. «E perché lo fanno?»

«Be’… è tutta una faccenda di riproduzione».

«Disgustoso. E pensare che noi dobbiamo bere l’acqua…» disse il Sommo Algebrico.

«Bene, ora siamo in uno spazio aperto. Qui li aggiriamo» disse Ridcully. «Appena raggiungiamo uno spazio libero…»

«Non credo proprio» disse il professore di Rune Recenti.

Masse sferraglianti e agitate di carrelli venivano da ogni direzione.

«Ci inseguono! Ci inseguono!» si lagnò il Tesoriere. Il Decano gli strappò il bastone.

«Ehi, quello è mio!»

Il Decano lo spinse da parte e fece saltare le ruote di un carrello in testa a una delle masse.

«È il mio bastone!»

I maghi si strinsero schiena contro schiena, al centro di un cerchio di metallo che si stringeva.

«Non vanno bene per questa città» osservò il professore di Rune Recenti.

«So cosa intende» disse Ridcully. «Alieni».

«Immagino che nessuno abbia un incantesimo di volo con sé oggi?» chiese il Sommo Algebrico.

Il Decano prese di nuovo la mira e squagliò un cesto.

«È il mio bastone che stai usando».

«Silenzio, Tesoriere» disse l’Arcicancelliere. «Decano, abbattendone uno alla volta non andiamo da nessuna parte.

Okay, ragazzi? Vogliamo fare più danni possibile. Ricordate… esplosioni selvagge e incontrollate…»

I carrelli avanzavano.

AHI. AHI.

La signorina Flitworth barcollò nell’oscurità umida e martellante, schiacciando sotto i piedi la grandine. I tuoni cannoneggiavano il cielo.

«Pizzicano, eh?» disse.

RISUONANO.

Bill Porta bloccò un covone che il vento portava via, e lo accatastò con gli altri. La signorina Flitworth gli passò accanto piegata in due sotto il peso di un carico di grano.[15] I due lavoravano incessantemente, attraversando il campo sotto la tempesta per spostare il raccolto prima che il vento e la grandine lo portassero via. I fulmini saettavano in cielo. Non era un normale temporale. Era una guerra.

«Tra un minuto verrà giù il diluvio» gridò la signorina Flitworth nel frastuono. «Non ce la faremo mai a portarlo nel fienile! Vai a prendere una cerata o qualcosa del genere, per stanotte basterà!»

Bill Porta annuì, e corse nell’oscurità fradicia verso il casolare. I lampi erano così frequenti che l’aria scintillava, e c’era un’aura luminosa tutt’intorno alla recinzione.

E c’era Morte.

La vide all’orizzonte, una sagoma scheletrica china e pronta al salto, con la veste che svolazzava e frusciava nel vento.

Una morsa lo attanagliò, forzandolo alla fuga e nello stesso tempo inchiodandolo al suo posto. Invase la sua mente e rimase lì, bloccando ogni pensiero tranne la vocina che nel profondo, e con una certa calma, disse: ALLORA È QUESTO IL TERRORE.

Poi Morte svanì quando la luce del lampo si spense, e riapparve quando una nuova saetta fu scoccata sulla collina.

Allora la tranquilla voce interiore disse: MA PERCHÉ NON SI MUOVE?

Bill Porta si avvicinò appena. Nessuna reazione dalla cosa accovacciata.

Poi si rese conto che la cosa dall’altra parte del recinto non era altro che un insieme vestito di costole, femori e vertebre se vista da un certo lato; ma se vista da un’angolazione leggermente diversa, poteva essere allo stesso modo un complesso insieme di bracci rotanti e leve alternate, coperte da una cerata che stava volando via.

Davanti a lui c’era la Mietitrebbiatrice.

Bill Porta ghignò orribilmente. Pensieri indegni-di-Bill-Porta nacquero nella sua mente. Fece un passo avanti.

La muraglia di carrelli circondava i maghi.

L’ultima fiamma da uno dei bastoni aprì una breccia che fu immediatamente riempita da altri carrelli.

Ridcully si voltò verso gli altri maghi. Erano paonazzi in faccia, le vesti strappate, e diversi spari entusiastici avevano avuto come risultato barbe ustionate e cappelli bruciati.

«Nessuno ha qualche altro incantesimo?» chiese.

Gli altri rifletterono febbrilmente.

«Credo di ricordarne uno» disse esitante il Tesoriere.

«Avanti, amico. Val la pena di tentare tutto in un momento come questo».

Il Tesoriere allungò una mano. Chiuse gli occhi e mormorò alcune sillabe fra i denti.

Ci fu una piccola scintilla di luce color ottarino e…

«Oh» fece l’Arcicancelliere. «Tutto qui?»

«‘Il Bouquet A Sorpresa di Eryngias’» disse il Tesoriere, fremente e con gli occhi lucidi. «Non so perché, ma mi è sempre riuscito. Ho proprio il tocco, direi».

Ridcully guardò l’enorme mazzo di fiori stretto nel pugno del Tesoriere.

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15

La capacità delle vecchine esili di portare carichi enormi è fenomenale. Studi scientifici hanno dimostrato che una formica riesce a portare un peso cento volte superiore al suo, ma non esistono limiti conosciuti alla capacità di sollevamento della media delle nonnine ottantenni nella Spagna rurale.