«Però io azzarderei… che non è di grande utilità al momento» aggiunse.
Il Tesoriere guardò le pareti che si avvicinavano e il suo sorriso svanì.
«Immagino di no» disse.
«Qualche altra idea?» chiese Ridcully.
Nessuno rispose.
«Belle le rose, però» disse il Decano.
«Hai fatto presto» disse la signorina Flitworth quando Bill Porta arrivò al mucchio di covoni trascinandosi dietro una tela cerata.
EH SÌ, mormorò vago, mentre lei lo aiutava a sistemarla sopra il raccolto e a bloccarla con delle pietre. Il vento cercò di strappargliela dalle mani; tanto valeva tentare di rovesciare una montagna.
La pioggia spazzava i campi, tra frammenti di nebbia che scintillavano di elettricità azzurra.
«Mai vista una notte del genere» disse la signorina Flitworth.
Rimbombò un altro tuono. Fulmini sottili balenarono all’orizzonte.
La signorina Flitworth afferrò il braccio di Bill Porta.
«Non c’è… qualcuno, sulla collina?» disse. «Mi è sembrato di vedere una figura».
NO, È SOLO UN’APPARECCHIATURA MECCANICA.
Un altro lampo.
«A cavallo?» disse la signorina Flitworth.
Un terzo fulmine saettò in cielo. E stavolta non ci furono dubbi. Sulla cima della collina c’era una figura a cavallo. Incappucciata, E con una falce, impugnata con orgoglio come una lancia.
È IN POSA. Bill Porta si voltò verso la signorina Flitworth. IN POSA. IO NON HO MAI FATTO NIENTE DEL GENERE. CHE SENSO HA? A CHE SCOPO?
Aprì la mano. Apparve la clessidra d’oro.
«Quanto tempo hai ancora?»
FORSE UN’ORA. FORSE SOLO DEI MINUTI.
«Forza, allora!»
Bill Porta rimase dov’era, guardando la clessidra.
«Ho detto forza!»
NON FUNZIONERÀ. HO SBAGLIATO A PENSARE CHE AVREBBE FUNZIONATO. CI SONO COSE A CUI NON SI PUÒ SFUGGIRE. NON SI PUÒ VIVERE PER SEMPRE.
«Perché no?»
Bill Porta sembrò scioccato.
CHE INTENDE DIRE?
«Perché non si può vivere per sempre?»
NON LO SO. SAGGEZZA COSMICA?
«E la saggezza cosmica che ne sa? Allora, andiamo o no?»
La figura sulla collina non si era mossa.
La pioggia aveva trasformato la terra in fanghiglia. Scivolarono giù per il pendio e attraversarono di corsa l’aia fino a casa.
AVREI DOVUTO PREPARARMI MEGLIO. AVEVO DEI PIANI…
«Ma c’era il raccolto».
SÌ.
«C’è modo di sbarrare le porte o cose del genere?»
SI RENDE CONTO DI COSA DICE?
«Be’, fatti venire un’idea! Qualcosa ha mai funzionato contro di te?»
NO, disse Bill Porta con una puntina di orgoglio.
La signorina Flitworth sbirciò fuori dalla finestra e poi si appiattì contro la parete accanto.
«Lui se n’è andato!»
NON È ANCORA UN LUI, disse Bill Porta.
«Quella cosa se n’è andata. Potrebbe essere ovunque».
PUÒ PASSARE ATTRAVERSO I MURI.
Lei si scansò immediatamente, poi gli lanciò un’occhiataccia.
MOLTO BENE. PRENDA LA BAMBINA CREDO CHE SIA MEGLIO ANDARCENE. Gli venne un’idea. Si illuminò un poco. CE L’ABBIAMO, UN PO’ DI TEMPO. CHE ORA È?
«Non lo so. Non fai che fermare gli orologi».
MA NON È ANCORA MEZZANOTTE?
«Direi più le undici e qualcosa».
ALLORA ABBIAMO TRE QUARTI D’ORA.
«Come fai a esserne certo?»
PER VIA DELLA SCENA, SIGNORINA. IL GENERE DI MORTE CHE SI METTE IN POSA ALL’ORIZZONTE PER FARSI ILLUMINARE DAI LAMPI, disse Bill Porta in tono di disapprovazione, NON SI PRESENTA ALLE UNDICI E VENTICINQUE SE PUÒ COMPARIRE A MEZZANOTTE.
Lei annuì, pallida, e sparì di sopra. Dopo un paio di minuti tornò, con Sal avvolta in una coperta.
«Dorme ancora» disse.
QUELLO NON È SONNO.
Aveva smesso di piovere, ma la tempesta ancora incombeva sulle colline. L’aria restava elettrica, sembrava ancora incandescente.
Bill Porta la precedette fuori, oltre il pollaio, dove Cyril e il suo harem di galline anziane erano accoccolati nel buio, cercando di occupare tutti la stessa porzione di trespolo.
C’era una pallida luce verde che fluttuava attorno al comignolo della fattoria.
«Lo chiamiamo Fuoco di Mamma Carey» disse la signorina Flitworth. «È un presagio».
UN PRESAGIO DI COSA?
«Cosa? Oh, non ne ho idea. Un presagio e basta, mi sa. Presagistica di base. Dove andiamo?»
IN PAESE.
«Per essere vicini alla falce?»
SÌ.
Sparì nella stalla Dopo un po’ uscì conducendo Binky, sellato e imbrigliato. Montò in groppa, poi si chinò e sistemò la signorina e la bambina in sella davanti a lui.
SE FALLIRÒ, disse, QUESTO CAVALLO LA PORTERÀ OVUNQUE VOGLIA ANDARE.
«Io non voglio andare da nessuna parte, se non a casa mia!»
OVUNQUE.
Binky partì al galoppo quando presero la strada per il paese. Il vento strappava le foglie dagli alberi, che rotolavano sulla strada davanti a loro. Ogni tanto un fulmine sibilava ancora in cielo.
La signorina Flitworth guardò la collina oltre la fattoria.
«Bill…»
LO SO.
«…è di nuovo lì…»
LO SO.
«Perché non ci insegue?»
SIAMO AL SICURO, FINCHÉ LA SABBIA NON FINISCE.
«E quando finisce, tu muori?»
NO. QUANDO LA SABBIA FINIRÀ, È IL MOMENTO IN CUI DOVREI MORIRE. SARÒ NELLO SPAZIO TRA LA VITA E L’ALDILÀ.
«Bill, sembrava che quella cosa cavalcasse… credevo che fosse un cavallo, magari molto magro, ma…»
È UNO STALLONE SCHELETRICO. DI GRANDE IMPATTO MA POCO PRATICO. NE HO AVUTO UNO MA GLI È CADUTA LA TESTA.
«Un po’ come frustare un cavallo morto, direi».
AH, AH. MOLTO DIVERTENTE, SIGNORINA FLITWORTH.
«Credo che in un momento come questo tu possa smettere di chiamarmi signorina Flitworth» disse lei.
RENATA?
Lei trasalì. «Come fai a sapere il mio nome? Ah. Probabilmente l’hai visto scritto, no?»
INCISO.
«Su una di quelle clessidre?»
SÌ.
«Con tutta la sabbia del tempo che scorre?»
SÌ.
«Tutti ne hanno una?»
SÌ.
«Perciò tu sai quanto…»
SÌ.
«Dev’essere strano, sapere… le cose che sai tu…»
NON CHIEDA.
«Non è giusto, però. Se sapessimo quando moriremo, vivremmo molto meglio».
SE LA GENTE SAPESSE QUANDO MORIRÀ, CREDO CHE NON VIVREBBE AFFATTO.
«Oh, molto enigmatico. E che ne sai tu, Bill Porta?»
TUTTO.
Binky percorse una delle sparute strade del paese fino all’acciottolato della piazza. Non c’era nessuno in giro. In città come Ankh-Morpork la mezzanotte era solo sera tardi, perché non c’era una notte cittadina, solo la sera che svaniva nell’alba. Ma qui la gente regolava la propria vita su cose come il tramonto e chicchiricchì pronunciati male. Mezzanotte voleva dire mezzanotte.
Anche con la tempesta che infuriava sulle colline, la piazza era silenziosa. Il ticchettio dell’orologio nella torre, impercettibile di giorno, ora sembrava rimbombare tra gli edifici.
Mentre si avvicinavano, qualcosa vibrò nelle sue viscere di ruote dentate. La lancetta dei minuti si spostò con uno scatto, e si fermò sul 9. Sul quadrante si aprì uno sportellino e due figurine meccaniche uscirono, con aria di grande importanza, e batterono su una campanella con un grande sforzo apparente.
Ting-ting-ting.
Le figurine si misero in fila e tornarono ondeggiando nell’orologio.
«Sono lì da quando ero bambina. Li ha fatti il bis-bisnonno del signor Simnel» disse la signorina Flitworth. «Mi sono sempre chiesta cosa facevano tra un rintocco e l’altro. Pensavo che avessero una casetta o qualcosa del genere, là dentro».