NON CREDO. SONO SOLO COSE. NON SONO VIVI.
«Mmm. Be’, sono là da centinaia di anni. Magari la vita è una cosa che si acquista col tempo?»
SÌ.
Attesero in silenzio, a parte i piccoli colpi della lancetta dei minuti che si arrampicava su per la notte.
«È… stato un piacere averti qui, Bill Porta».
Lui non rispose.
«Per come mi hai aiutato con il raccolto e tutto».
È STATO… INTERESSANTE.
«Ho sbagliato a farti perdere tempo, solo per un mucchio di grano».
NO. IL RACCOLTO È IMPORTANTE.
Bill Porta aprì la mano. Apparve la clessidra.
«Ancora non capisco come fai».
NON È DIFFICILE.
Il sibilo della sabbia crebbe di intensità fino a riempire la piazza.
«Hai delle ultime parole da dire?»
SÌ. NON VOGLIO ANDARE.
«Be’. Stringato come sempre».
Bill Porta vide con sorpresa che lei cercava di tenergli la mano.
In alto, le due lancette della mezzanotte si unirono. Dall’orologio venne un ronzio. La porticina si aprì. Gli automi marciarono fuori. Si fermarono ai lati della campanella, si inchinarono l’uno all’altro e sollevarono i martelli.
Dong.
Poi si sentì un cavallo al galoppo.
I margini del campo visivo della signorina Flitworth si riempirono di chiazze rosse e blu, come i lampi del ricordo di un’immagine, ma senza l’immagine.
Se girava in fretta la testa, con la coda dell’occhio poteva vedere piccole figure ammantate di grigio che fluttuavano lungo i muri.
Il Fisco, pensò. Sono venuti a controllare che vada tutto come previsto.
«Bill?» disse.
Lui richiuse la mano sulla clessidra d’oro.
ORA COMINCIA.
Il galoppo si fece più forte, rimbombando tra gli edifici alle loro spalle.
RICORDI: NON CORRE NESSUN PERICOLO.
Bill Porta tornò nell’oscurità.
Poi riapparve momentaneamente.
FORSE, aggiunse, e si ritrasse nel buio.
La signorina Flitworth sedette sui gradini dell’orologio, cullando la bambina sulle ginocchia.
«Bill?» azzardò.
Una figura a cavallo entrò nella piazza.
Montava in effetti lo scheletro di un cavallo. Fiamme azzurre scoppiettavano sulle ossa della creatura mentre galoppava; la signorina Flitworth si ritrovò a chiedersi se fosse un vero scheletro, animato in qualche modo, qualcosa che un tempo era stato dentro un cavallo, oppure una creatura scheletrica nata così. Era un ragionamento ridicolo, ma era meglio che concentrarsi sulla spaventosa realtà che si stava avvicinando.
Lo strigliava, o gli dava solo una lucidata?
Il cavaliere smontò. Era molto più alto di Bill Porta, ma l’oscurità della veste nascondeva qualsiasi dettaglio. Aveva in mano qualcosa che non era esattamente una falce, ma che poteva aver avuto una falce tra i suoi antenati, allo stesso modo in cui anche il più sofisticato degli strumenti chirurgici ha nel suo passato un bastoncino. Era lontanissimo da qualsiasi cosa avesse mai toccato del fieno.
La figura avanzò a grandi passi verso la signorina Flitworth, con la falce appoggiata alla spalla, e si fermò.
Lui dov’è?
«Non so di che stai parlando» rispose la signorina Flitworth. «E se fossi in te, giovanotto, darei da mangiare a quel cavallo».
La figura parve avere dei problemi a digerire l’informazione, ma finalmente arrivò a una conclusione. Abbassò la falce e guardò la bambina.
Lo troverò, disse. Ma prima…
Si irrigidì.
Una voce alle sue spalle disse: BUTTA LA FALCE, E VOLTATI LENTAMENTE.
Qualcosa dentro la città, pensò Windle. Le città crescono piene di gente, ma sono anche piene di commercio, negozi, religioni e…
Che stupidaggine, si disse. Sono solo cose. Non sono vive.
Forse la vita è una cosa che si acquisisce.
Parassiti e predatori, ma non del genere che affligge animali e vegetali. Erano una specie di forma di vita grande, più lenta, metaforica, che viveva alle spalle delle città. Però l’incubazione avveniva nelle città. Ora ricordava, come poteva ricordare tutto, di aver letto da studente di certe creature che deponevano le uova all’interno di altre creature. Per mesi non aveva toccato né frittate né caviale, per precauzione.
E le uova… dovevano assomigliare alle città, in modo che i cittadini le portassero a casa. Come le uova di cuculo.
Chissà quante città sono morte in passato? Accerchiate da parassiti, come una barriera corallina circondata dalle stelle marine. Si erano svuotate, avevano perso qualsiasi spirito.
Si alzò.
«Dove sono andati tutti, Bibliotecario?»
«Oook oook».
«Proprio come loro. Avrei dovuto farlo anch’io, scappare senza pensare. Gli dei li benedicano e li aiutino, se mai riescono a trovare il tempo tra le loro eterne beghe famigliari».
E poi pensò: ‘E adesso? Ho pensato, e ora cosa faccio?’
’Scappo, naturalmente. Però piano’.
Il centro del mucchio di carrelli non era più visibile. Stava succedendo qualcosa. Una luce azzurrina aleggiava sull’enorme piramide di metallo contorto, e al centro del mucchio balenavano ogni tanto dei lampi di luce. I carrelli ci si schiantavano contro come asteroidi che si aggregavano attorno al nucleo di un nuovo pianeta, ma alcuni facevano una cosa diversa. Si infilavano in tunnel aperti nella struttura, e sparivano nel nucleo scintillante.
Poi ci fu un movimento in cima al cumulo, e qualcosa si fece strada attraverso il metallo rotto. Era una punta scintillante, che reggeva un globo del diametro di circa due metri. Per un paio di minuti non fece granché, poi quando il vento lo essiccò, si spaccò e finì in pezzi.
Ne caddero fuori oggetti bianchi, che furono trasportati dal vento e ricaddero a fontana su Ankh-Morpork e sulla folla degli spettatori.
Uno di quegli oggetti scese dolcemente, zigzagando tra i tetti, e atterrò ai piedi di Windle Poons che usciva barcollando dalla Biblioteca.
Era ancora umido, e c’era una scritta sopra. O perlomeno il tentativo di una scritta. Assomigliava a quelle strane iscrizioni organiche sulle palline di vetro, parole create da qualcosa che non aveva alcuna familiarità con le parole:
Saldi! saldi!! saldi!!
da domani!!!
Windle arrivò ai cancelli dell’Università. La gente passava a frotte.
Windle conosceva i suoi concittadini. Andavano a vedere qualsiasi cosa. Si rimbambivano per tutto ciò che era scritto con più di un punto esclamativo alla fine.
Si sentì osservato, e si voltò. Un carrello lo guardava da un vicolo; indietreggiò e schizzò via.
«Cosa succede, signor Poons?» chiese Ludmilla.
C’era qualcosa di irreale nell’espressione dei passanti. Era l’espressione di chi pregustava qualcosa.
Non occorreva essere un mago per capire che qualcosa non andava. E i sensi di Windle giravano come una dinamo.
Lupine afferrò con un balzo un foglio di carta volante e glielo portò.
eccezionali ribassi!!!!!
Windle scosse tristemente la testa. Cinque punti esclamativi erano il segno sicuro di una mente malata.
Poi sentì la musica.
Lupine si accovacciò e ululò.
Nella cantina sotto la casa della signora Torta, Schleppel l’uomonero si fermò a metà del terzo ratto e si mise in ascolto.
Poi finì la sua merenda e prese la porta.
Il Conte Arthur Winkings Notfaroutoe lavorava alla cripta.
Personalmente lui sarebbe potuto vivere, o ri-vivere, o non-vivere, o qualsiasi cosa stesse facendo, anche senza una cripta. Ma la cripta ci voleva. Doreen era stata inamovibile a questo proposito. Dava il giusto tono all’ambiente, diceva. Dovevi avere sia una cripta sia una catacomba, altrimenti il resto della società vampiresca ti avrebbe guardato dall’alto in basso.