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«Mi chiamo Ludmilla» disse Ludmilla.

«Incantata» disse graziosamente la Contessa Notfaroutoe, porgendo una mano che sarebbe stata sottile e pallida se non fosse stata rosea e paffuta. «È sempve un piaceve incontvave sangue nuovo. Se le va un biscotto pev cani, la nostva povta è sempve apevta».

Ludmilla si voltò verso Windows Poons.

«Ma ce l’ho scritto in fronte?» chiese.

«Queste sono persone speciali» rispose dolcemente Windle.

«Direi» replicò Ludmilla in tono pacato. «Non conosco molte persone che vanno in giro con tuba e mantello».

«Il mantello è obbligatorio» disse il Conte Arthur. «Per le ali, sa. Vede…?»

Aprì il mantello con un gesto teatrale. Ci fu un secco pop, e nell’aria apparve un piccolo pipistrello grassoccio. Guardò in basso, dette uno strillo furioso e si tuffò di testa sul selciato. Doreen lo raccolse per le zampe e lo spolverò.

«Quello che non mi va giù è dover dormire con la finestra aperta tutta la notte» disse in tono vago. «Vorrei che la piantassero con quella musica! Mi sta venendo il mal di testa».

Ci fu un altro pop. Arthur riapparve a testa in giù e atterrò sulla testa.

«È colpa della gravità» disse Doreen. «È come una specie di rincorsa. Se non parte da almeno un piano di altezza non prende la giusta velocità».

«Non prendo la giusta velocità» ripeté Arthur, rimettendosi faticosamente in piedi.

«Scusate» disse Windle, «la musica non ha effetto su di voi?»

«A me fa venire voglia di digrignare i denti» rispose Arthur. «E non è una buona cosa per un vampiro, non credo che ci sia bisogno che glielo dica».

«Il signor Poons crede che faccia qualcosa alle persone» disse Ludmilla.

«Fa digrignare i denti a tutti?» propose Arthur.

Windle guardò la folla. Nessuno faceva caso ai membri del Club Nuovo Inizio.

«Sembra che aspettino qualcosa» disse Doreen. «Sembva, cioè».

«Mette paura» disse Ludmilla.

«In quello non c’è niente di male» disse Doreen. «Anche noi mettiamo paura».

«Il signor Poons vuole entrare nel mucchio» spiegò Ludmilla.

«Buona idea. Gli faccia spegnere quella cavolo di musica» disse Arthur.

«Ma potrebbe essere ucciso!» disse Ludmilla.

Windle batté le mani, e se le fregò pensierosamente.

«Ah» disse, «è qui che siamo in vantaggio».

Entrò.

Non aveva mai visto una luce così forte. Sembrava emanare da ogni dove, scacciando senza pietà ogni singola ombra. Era molto più chiara della luce del giorno, senza per questo assomigliarle… aveva una nota di azzurro che tagliava la vista come un coltello.

«Tutto bene, Conte?» chiese.

«Bene, bene» disse Arthur.

Lupine ringhiò.

Ludmilla tirò un groviglio di metallo.

«C’è qualcosa qua sotto. Sembra… marmo. Marmo arancione». Ci passò la mano. «Però è caldo. Il marmo non dovrebbe essere caldo, vero?»

«Non può esseve mavmo. Non ci può esseve così tanto mavmo… al mondo» disse Doreen. «Volevamo il mavmo per la cvipta» assaporò la parola e annuì, «sì, pev la cvipta. Quei nani dovrebbevo esseve fucilati, con i pvezzi che fanno. È un disastvo».

«Non credo che siano stati i nani a costruire questo» disse Windle. Si chinò goffamente per esaminare il pavimento.

«Nemmeno io… i piccoli bastardi pigri. Volevano quasi settanta dollari per fare la nostra cripta. Vero, Arthur?»

«Quasi settanta dollari» confermò Arthur.

«Credo che nessuno l’abbia costruito» disse piano Windle. Fessure. Dovrebbero esserci delle fessure, pensò. I margini, le congiunzioni fra due lastre. Non dovrebbe essere un pezzo unico, e oltretutto leggermente appiccicoso.

«E così Arthur l’ha fatta lui».

«L’ho fatta io».

Ah. Ecco un bordo. Be’, non era esattamente un bordo. Il marmo diventava trasparente, come una finestra che dava su un altro spazio fortemente illuminato. Dentro c’erano delle cose, indistinte e apparentemente fuse, ma nessun modo per arrivarci.

Le chiacchiere dei Winkings gli passarono sopra la testa mentre avanzava lentamente.

«… è una piccola cripta, davvero. Ma c’è annessa anche una prigione sotterranea, anche se bisogna uscire in corridoio per chiudere bene la porta…»

La signorilità poteva significare un po’ di tutto, pensò Windle. Per certe persone voleva dire non essere un vampiro. Per altri era un set di pipistrelli volanti di gesso appesi al muro.

Passò le dita sul materiale trasparente. Il mondo lì era tutto un rettangolo. C’erano angoli, il corridoio era delimitato ai due lati da quel materiale trasparente. E la non-musica suonava incessantemente.

Non poteva essere vivo, vero? La vita era… più arrotondata.

«Che ne pensi, Lupine?» chiese.

Lupine abbaiò.

«Mmm, non sei di grande aiuto».

Ludmilla s’inginocchiò e posò la mano sulla spalla di Windle.

«Che intende dire, che nessuno l’ha costruito?» chiese.

Windle si grattò la testa.

«Non ne sono sicuro… ma credo che forse sia stato… secreto».

«Secreto? E da cosa? Da chi?»

Alzarono la testa. Un carrello uscì ronzando da un corridoio laterale e si infilò in un altro di fronte.

«Da loro?» disse Ludmilla.

«Secondo me no. Credo che siano più come dei servi. Come le formiche. O le api in un alveare, magari».

«Il miele quale sarebbe?»

«Non ne sono certo. Ma non è ancora maturo. Non credo che abbiano finito. Nessuno tocchi niente».

Avanzarono ancora. Il corridoio si apriva in un vasto spazio luminoso, a volta. C’erano rampe di scale che portavano ai diversi piani, una fontana e un gruppo di piante in vaso dall’aria troppo sana per essere vere.

«Carino, no?» disse Doreen.

«Continuo a pensare che dovrebbe esserci della gente» disse Ludmilla. «Un sacco di gente».

«Quanto meno dovrebbero esserci dei maghi» mormorò Windle Poons. «I maghi non spariscono così».

Il gruppetto avanzò. Corridoi come quello avrebbero potuto ospitare una coppia di elefanti a braccetto.

«Che ne dite di tornare indietro?» disse Doreen.

«E a che servirebbe?» chiese Windle.

«Ad andarcene da qui».

Windle si voltò, contando. Cinque corridoi equidistanti partivano dalla zona a volta.

«E presumibilmente è lo stesso, sopra e sotto» disse a voce alta.

«È tutto molto pulito, qui» disse nervosamente Doreen. «Vero Arthur?»

«È molto pulito».

«Cos’è questo rumore?» chiese Ludmilla.

«Che rumore?»

«Questo. Come di qualcuno che succhia qualcosa».

Arthur si guardò intorno con un certo interesse.

«Io non sono».

«Sono le scale» disse Windle.

«Non dica sciocchezze, signor Poons. Le scale non succhiano».

Windle guardò in basso.

«Queste sì».

Erano nere, come un fiume in salita. Uscendo da sotto il pavimento, la sostanza nera prendeva una forma a gradini, che salivano su per la pendenza prima di sparire sotto il pavimento, da qualche parte lassù. Quando emergevano, i gradini facevano un rumore ritmico, tipo shlup-shlup, come qualcuno che esplori una carie dentale particolarmente molesta.

«Sapete» disse Ludmilla, «forse è la cosa più sgradevole che abbia mai visto».

«Io ho visto di peggio» disse Windle. «Ma questa è parecchio brutta. Andiamo su o giù?»

«Ci vuole salire sopra?»

«No. Ma i maghi non sono su questo piano, quindi o ci saliamo o scivoliamo sul corrimano. Avete guardato bene il corrimano?»

Guardarono il corrimano.

«Credo» disse nervosamente Doreen, «che ‘giù’ per noi sia meglio».

Scesero in silenzio. Arthur cadde nel punto in cui le scale viaggianti venivano risucchiate dal pavimento.