Il contorto aneddoto dell’Arcicancelliere arrivò tortuosamente alla fine. I maghi riuniti risero educatamente, cercando di capire la barzelletta.
Il Tesoriere guardò l’orologio, di nascosto. Le nove erano passate da venti minuti.
Windle Poons fece un discorso. Lungo, divagante e inarticolato, sui vecchi tempi; sembrava convinto che la maggior parte delle persone intorno a lui fossero morte da circa cinquant’anni, ma non importava, perché a non stare a sentire il vecchio Windle ci eri abituato.
Il Tesoriere non riusciva a staccare gli occhi dall’orologio. Dall’interno veniva il cigolio prodotto dal demone che pedalava per l’eternità.
Le nove e venticinque.
Il Tesoriere si chiese come sarebbe successo. Sentivi magari (Credo che stia per arrivare un ospite speciale) un rumore di zoccoli?
La porta si sarebbe aperta o Lui ci sarebbe passato attraverso? Domanda scema. Lui era noto per la sua capacità di entrare nei posti più sigillati… specialmente in quelli sigillati, se ci pensavi con un po’ di logica. Chiuditi da qualche parte e sarà solo questione di tempo.
Il Tesoriere sperava che usasse la porta nel modo normale. I suoi nervi erano già abbastanza scossi.
Il livello della conversazione stava calando. Diversi altri maghi, notò il Tesoriere, stavano guardando la porta.
Windle era al centro di un circolo in discreto allargamento. Nessuno lo evitava in senso stretto; era come se un moto browniano apparentemente casuale stesse dolcemente allontanando tutti da lui.
I maghi potevano vedere Morte. E quando un mago muore, arriva Morte in persona a guidarlo verso l’Oltre. Il Tesoriere si chiese come mai questo fosse considerato un privilegio…
«Ma che state guardando tutti?» disse allegramente Windle.
Il Tesoriere aprì l’orologio.
L’oblò sotto il 12 si aprì.
«La pianti di scuotere?» squittì il demone. «Così perdo il conto».
«Scusa» sussurrò il Tesoriere. Erano le nove e ventinove.
L’Arcicancelliere fece un passo avanti.
«Allora addio, Windle» disse, stringendo la mano incartapecorita del vecchio. «Questo posto non sarà più lo stesso senza di te».
«Non so come faremo» disse il Tesoriere, sollevato.
«Buona fortuna per la prossima vita» disse il Decano. «Passa a fare un saluto, se ti ricordi chi eri».
«Non sparire, eh?» disse l’Arcicancelliere.
Windle Poons annuì gentilmente. Non aveva sentito ciò che avevano detto. Annuiva come principio generale.
I maghi, come un sol uomo, si voltarono verso la porta.
L’oblò sotto il 12 si aprì.
«Bing bing bong bing» disse il demone. «Binghi binghi bong bing bing».
«Cosa?» trasalì il Tesoriere.
«Nove e mezzo» disse il demone.
I maghi si voltarono verso Windle Poons, con aria vagamente accusatoria.
«Che avete da guardare?» chiese lui.
La lancetta dei secondi sull’orologio continuava a cigolare.
«Come ti senti?» chiese il Decano, a voce ben alta.
«Mai stato meglio» rispose Windle. «Ehm, ce n’è ancora di quel rum?»
I maghi riuniti lo videro versarsi una dose generosa.
«Meglio andarci piano con quella roba» disse nervosamente il Decano.
«Alla salute!» disse Windle Poons.
L’Arcicancelliere tamburellò con le dita sul tavolo.
«Poons» disse, «ma ne sei sicuro?»
Windle era partito per la tangente. «Qualche altra tuterilla? Non le definirei vero cibo» disse, «che c’è di tanto speciale nell’intingere gallette dure nella melma? Quello che mi ci vorrebbe ora è uno dei famosi pasticci di carne di Dibbler…»
E poi morì.
L’Arcicancelliere lanciò un’occhiata ai suoi colleghi, poi si avvicinò in punta di piedi alla sedia a rotelle e sollevò un polso dalle vene bluastre per sentire il battito. Scosse la testa.
«È così che me ne voglio andare» disse il Decano.
«Come, borbottando sui pasticci di carne?» chiese il Tesoriere.
«No. Tardi».
«Un momento, un momento» disse l’Arcicancelliere. «Questo non va bene. Secondo la tradizione, Morte in persona interviene per la morte di un ma…»
«Forse aveva da fare» si affrettò a dire il Tesoriere.
«Sì, esatto» disse il Decano. «C’è un’epidemia di influenza abbastanza grave sulla via di Quirm, a quanto mi dicono».
«E c’è stata anche una bella tempesta ieri notte. Un sacco di naufragi, penserei» disse il Docente di Rune Recenti.
«E naturalmente è primavera, e sulle montagne ci sono un sacco di valanghe».
«E la peste».
L’Arcicancelliere si accarezzò la barba, pensieroso.
«Mmm» disse.
Unici fra tutte le creature del mondo, i troll credono che tutti gli esseri viventi vadano all’indietro nel tempo. Se il passato è visibile e il futuro è nascosto, dicono, significa che stai guardando nella direzione sbagliata. Tutti gli esseri viventi attraversano la vita dal retro verso il davanti. Un’idea molto interessante, considerando che è stata elaborata da una specie i cui membri passano la maggior parte del tempo a picchiarsi l’un l’altro sulla testa con dei sassi.
Qualunque sia il senso di marcia, il Tempo è una di quelle cose che le creature viventi possiedono.
Morte galoppava tra incombenti nuvole nere.
Ora anche lui aveva Tempo.
Tempo prezioso.
Windle Poons sbirciò nell’oscurità.
«Ehi?» disse. «C’è nessuno? Oi!»
Ci fu un sussurro lontano e sconsolato, come il vento in fondo a un tunnel.
«Vieni fuori, vieni fuori, chiunque tu sia» disse Windle, con voce tremante di folle allegria. «Non ti preoccupare. A dire il vero, non vedo l’ora».
Batté le sue mani spirituali e se le fregò con entusiasmo forzato.
«Dai, datti una mossa. Qui c’è gente che ha nuove vite da vivere».
Il buio rimase inerte. Nessuna figura, nessun suono. Era vuoto, senza forma. Lo spirito di Windle Poons si mosse a fronteggiare il buio.
Scosse la testa. «Che gran casino» mormorò. «Non va bene per niente».
Bazzicò in giro per un po’ ma poi, visto che non sembrava esserci altro da fare, si diresse verso l’unica casa che avesse mai avuto.
La casa che aveva occupato per centotrenta anni. Non lo aspettava e oppose molta resistenza. Bisogna essere molto determinati o molto potenti per vincere una resistenza del genere, ma Windle Poons era stato un mago per oltre un secolo. Oltretutto era come forzare la porta di casa propria, quella vecchia casa in cui hai vissuto per anni. Sapevi dov’era quella finestra metaforica che non chiudeva bene.
A farla breve, Windle Poons tornò da Windle Poons.
I maghi non credono negli dei, così come la maggior parte delle persone non ritiene necessario, per esempio, credere nei tavoli. Sanno che esistono, che sono lì per uno scopo, probabilmente pensano che abbiano un posto in un universo bene organizzato, ma non vedono il motivo di crederci, di andare in giro a dire: «O grande tavolo, senza il quale siamo uno zero». Comunque, o gli dei ci sono, che ci si creda o no, oppure esistono solo in funzione della fede, per cui in entrambi i casi tanto vale ignorare tutta la faccenda e, per così dire, mettersi l’animo in pace.
Ciò nondimeno, c’è una piccola cappella accanto all’Aula Magna dell’Università, poiché non si diventa maghi di successo facendo saltare la mosca al naso agli dei, anche se quei nasi esistono solo in senso etereo o metaforico. I maghi non credono negli dei, ma sanno per certo che gli dei credono negli dei.
In quella cappella giaceva la salma di Windle Poons. L’Università aveva istituito l’esposizione di ventiquattro ore da quella storia imbarazzante, trent’anni prima, con il defunto Prissal ‘Mattacchione’ Teatar.