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Più lontano corri, più ti avvicini.

La nuova Morte uscì senza fretta dall’ombra Dovresti saperlo, aggiunse.

Bill Porta raddrizzò la schiena Sarà divertente.

DIVERTENTE?

La nuova Morte avanzò. Bill Porta indietreggiò.

Sì. Prendere una Morte è come guadagnare un miliardo di vite minori.

VITE MINORI? QUESTO NON È UN GIOCO!

La nuova Morte esitò.

Cos’è un gioco?

Bill Porta sentì tornare un briciolo di speranza.

TI FACCIO VEDERE…

Finì contro il muro, con l’estremità del manico della falce sotto il mento. Scivolò a terra.

Riconosciamo i trucchi. Non ascoltiamo. Il mietitore non ascolta il raccolto.

Bill Porta cercò di alzarsi.

Il manico colpì di nuovo.

Non ripeteremo gli stessi errori.

Bill Porta alzò lo sguardo. La nuova Morte reggeva la clessidra d’oro, la cui parte superiore era vuota. Tutto attorno il paesaggio oscillò, sfumò, si arrossò, cominciò ad assumere l’aspetto irreale della realtà vista dall’altra parte…

Tempo scaduto, signor Bill Porta.

La nuova Morte sollevò il cappuccio.

Non c’era alcun volto. Nemmeno un teschio. Il fumo saliva, privo di forma, tra la veste e una corona d’oro.

Bill Porta si sollevò sui gomiti.

UNA CORONA? La voce tremava dalla rabbia, IO NON HO MAI PORTATO CORONE!

Non hai mai voluto regnare.

Morte tirò indietro la falce.

Poi entrambe le Morti, la nuova e la vecchia, si accorsero che il sibilo del tempo non si era fermato.

La nuova Morte esitò, e prese di nuovo la clessidra d’oro.

La scosse.

Bill Porta guardò la faccia vuota sotto la corona. C’era un’aria di perplessità, anche se non c’erano fattezze: l’espressione era sospesa nel vuoto.

Vide la corona voltarsi.

La signorina Flitworth era in piedi, con le mani aperte e gli occhi chiusi. Nello spazio fra le mani fluttuava la vaga sagoma di una clessidra, con la sabbia che scorreva veloce.

Le Morti riuscirono a distinguere il nome sul vetro, in lettere sottilissime: Renata Flitworth.

L’espressione senza volto della nuova Morte passò alla perplessità estrema Si voltò verso Bill Porta.

Per TE?

Ma Bill Porta stava già sorgendo, come l’ira dei re. Allungò un braccio dietro di sé, ringhiando, vivo per un prestito di tempo, e la sua mano strinse il manico della falce.

La Morte incoronata la vide arrivare e sollevò la sua arma, ma era molto probabile che nulla al mondo potesse fermare la lama consunta che fendeva l’aria, con la rabbia e la vendetta che le davano un filo al di là di ogni definizione di acume. Passò attraverso il metallo senza rallentare.

NIENTE CORONA, disse Bill Porta guardando dritto nel fumo. NIENTE CORONA. SOLO IL RACCOLTO.

La veste si piegò attorno alla lama. Ci fu un flebile lamento, che salì di tono oltre il livello della percezione. Una colonna nera, come il negativo di un fulmine, scoccò dal terreno e sparì fra le nuvole.

Morte aspettò un istante, poi toccò la veste con il piede, esitando. La corona, leggermente piegata, rotolò per un breve tratto prima di dissolversi.

OH, disse in tono deprecatorio, TUTTA SCENA.

Si avvicinò alla signorina Flitworth e le accostò dolcemente le mani. L’immagine della clessidra scomparve. La nebbia azzurro-violacea svanì e la realtà tornò netta.

In paese, l’orologio finì di battere la mezzanotte.

L’anziana donna stava tremando. Morte schioccò le dita davanti ai suoi occhi.

SIGNORINA FLITWORTH? RENATA?

«Io… non sapevo cosa fare e tu dicevi che non era difficile e…»

Morte entrò nella stalla. Quando uscì, indossava la veste nera.

Lei era ancora lì.

«Non sapevo cosa fare» ripeté, magari nemmeno a lui. «Cos’è successo? È finita?»

Morte si guardò intorno. Le sagome grigie stavano arrivando nell’aia.

FORSE NO, disse.

Dietro la fila dei guerrieri apparvero altri carrelli. Sembravano i piccoli operai argentati, con una punta d’oro pallido di tanto in tanto.

«Dovvemmo tovnave alle scale» suggerì Doreen.

«Credo che sia lì che vogliono mandarci» disse Windle.

«Pev me va bene. E comunque, non cvedo che quelle votelle possano fave le scale, no?»

«E non possiamo combattere esattamente all’ultimo sangue» disse Ludmilla. Lupine le stava vicino, con gli occhi fissi sulle ruote che avanzavano.

«Sarebbe bello avere un’alternativa» disse Windle. Raggiunsero le scale semoventi. Lui guardò in su. I carrelli si erano concentrati in cima alla rampa in salita, ma la strada verso il piano inferiore sembrava libera.

«Magari riusciamo a trovare un’altra strada per salire?» disse Ludmilla, speranzosa.

Salirono sui gradini. Alle loro spalle, i carrelli si sistemarono in modo da bloccare loro il ritorno.

I maghi erano al piano inferiore. Erano così immobili, tra le piante in vaso e le fontane, che sulle prime Windle li superò, pensando che fossero statue o pezzi di mobilio esoterico.

L’Arcicancelliere aveva un naso rosso finto e reggeva dei palloncini. Accanto a lui, il Tesoriere faceva giocoleria con delle palline colorate, ma come un automa, con gli occhi fissi nel vuoto.

Il Sommo Algebrico era a poca distanza, con indosso un cartellosandwich. La scritta non era ancora matura, ma Windle ci avrebbe scommesso la bara che alla fine avrebbe detto qualcosa del tipo ‘SALDI!!!!’

Gli altri maghi erano raggruppati come pupazzi meccanici a cui non fosse stata data la corda. Ciascuno aveva un grosso distintivo sulla veste. La familiare grafia organica si stava sviluppando in una parola con quest’aspetto:

Sicurezza

anche se la ragione restava un mistero totale. Certamente i maghi non sembravano molto al sicuro.

Windle schioccò le dita davanti agli occhi pallidi del Decano. Nessuna reazione.

«Non è morto» disse Reg.

«Riposa» disse Windle. «È spento».

Reg dette una spinta al Decano. Il mago trotterellò in avanti, poi si fermò in equilibrio precario e ondeggiante.

«Non li tireremo mai fuori» disse Arthur. «Non in quello stato. Non può svegliarli?»

«Gli accenda una piuma sotto il naso» suggerì Doreen.

«Non credo che funzionerebbe» disse Windle. Basava la sua affermazione sul fatto che Reg Scarpa era molto vicino ai loro nasi, e una persona il cui dispositivo nasale non si accorgesse della presenza del signor Scarpa di certo non avrebbe reagito a una semplice piuma bruciata. Ma nemmeno a un macigno sulla testa, a quel punto.

«Signor Poons» disse Ludmilla.

«Una volta conoscevo un golem che gli somigliava» notò Reg Scarpa. «Tale e quale. Un omone, fatto di argilla. Insomma, il tipico golem. Bisognava solo scrivergli sopra una parola e partiva».

«Tipo ‘sicurezza’?»

«Boh, forse».

Windle guardò il Decano. «No» disse alla fine. «Nessuno ha così tanta argilla». Guardò intorno ai maghi. «Dobbiamo scoprire da dove viene quella maledetta musica».

«Dove sono nascosti i musicisti, vuol dire?»

«Non credo che ce ne siano».

«Devono esserci i musicisti, fratello» disse Reg. «È per quello che si chiama musica».

«In primo luogo, è diversa da tutta la musica che ho mai sentito, e in secondo luogo ho sempre pensato che ci volessero lampade a olio o candele per fare luce, e invece qui non ce ne sono ma c’è luce ovunque» disse Windle.