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Il cliente alto e scuro prese una scatola grande circa un metro quadro. Sul coperchio, simile a un cuscino di raso c’era l’immagine di una coppia di gattini disperatamente strabici che spuntavano da uno stivale.

PERCHÉ QUESTA SCATOLA È IMBOTTITA? CI SI SIEDE SOPRA? FORSE SONO AL GUSTO DI GATTO?, aggiunse, con una decisa minaccia nella voce; o meglio, con più minaccia di quanta ce ne fosse già.

«Ehm, no. Quello è il nostro assortimento Supreme».

Il cliente la mise via.

NO.

La negoziante guardò a destra e a sinistra e poi aprì un cassetto sotto il bancone, e con voce ridotta a un sussurro da cospiratrice disse: «Naturalmente, per un’occasione davvero speciale…»

Era una scatola piuttosto piccola Era anche completamente nera, a parte il nome del contenuto in piccoli caratteri bianchi; i gatti, sia pure con un flocco rosa, non sarebbero stati ammessi a meno di un miglio da quella scatola. Per consegnare una scatola di cioccolatini come quella, sconosciuti in nero si lanciavano dalle seggiovie e si calavano giù per gli edifici.

Lo sconosciuto in nero guardò le lettere.

’INCANTI NEL BUIO’, disse. Mi PIACE.

«Per i momenti intimi» disse la donna.

Il cliente sembrò riflettere sulla rilevanza dell’osservazione.

SÌ. MI SEMBRA APPROPRIATO.

La negoziante s’illuminò.

«Gliela incarto, allora?»

SÌ. CON UN NASTRO.

«Altro, signore?»

Il cliente parve preso dal panico.

ALTRO? DOVREBBE ESSERCI ALTRO? C’È ALTRO? COS’ALTRO BISOGNA FARE?

«Come, scusi?»

UN REGALO PER UNA SIGNORA.

La negoziante rimase un tantino spiazzata da questa improvvisa svolta nella conversazione. Si affidò a un collaudato cliché.

«Be’, dicono che i diamanti sono i migliori amici di una ragazza, no?» disse, allegra.

DIAMANTI? OH. I DIAMANTI. DAVVERO?

Scintillavano come pezzi di stelle su un cielo di velluto nero.

«Questa» disse il mercante, «è una pietra di grande eccellenza, non crede? Noti il fuoco, l’eccezionale…»

QUANTO È AMICHEVOLE?

Il mercante esitò. Sapeva tutto sui carati, sulla luce dei diamanti, sul taglio e sul fuoco, ma non gli era mai stato chiesto di giudicare una gemma sulla base della sua affabilità.

«Abbastanza ben disposta?»

NO.

Le dita del mercante strinsero un’altra scheggia di luce ghiacciata.

«Questa» disse, in tono di nuovo sicuro, «viene dalla famosa miniera di Shortshanks. Posso farle notare la squisita…»

Sentì lo sguardo penetrante trapassargli la testa.

«Ma devo ammettere che non è nota per la sua gentilezza» disse in tono mesto.

Il cliente in nero si guardò intorno con aria di disapprovazione. Nella penombra, dietro sbarre a prova di troll, le gemme splendevano come gli occhi di un drago in fondo a una caverna.

NESSUNA DI QUESTE È AMICHEVOLE?, disse.

«Signore, credo di poter affermare senza tema di essere contraddetto che non abbiamo mai basato la nostra politica di acquisti sull’amabilità delle pietre in questione» disse il mercante. Aveva la sgradevole sensazione che qualcosa non andasse, e di sapere, da qualche parte nella sua testa, che cosa non andava; ma c’era qualcosa nella sua mente che non gli permetteva di fare il collegamento finale. E la cosa gli stava dando sui nervi.

DOVE SI TROVA IL PIÙ GRANDE DIAMANTE DEL MONDO?

«Il più grande? Facile. È la Lacrima di Offler, nel santuario recondito del Perduto Tempio Ingioiellato del Destino di Offler, il dio Coccodrillo, nell’Howondaland oscuro, e pesa ottocentocinquanta carati. E per prevenire la sua prossima domanda, signore, le dico che personalmente ci andrei a letto insieme».

Una delle cose migliori dell’essere sacerdoti del Perduto Tempio Ingioiellato del Destino di Offler, il dio Coccodrillo, era che di solito si andava a casa presto nel pomeriggio. Questo perché era perduto. I fedeli non trovavano mai la strada per arrivarci. Quelli fortunati, cioè.

Tradizionalmente, solo due persone andavano al santuario recondito: il Sommo Sacerdote e l’altro, che non era Sommo. Erano lì da anni, e a turno facevano il Sommo. Era un lavoro di tutto riposo, visto che la maggior parte dei potenziali fedeli finiva impalata, spiaccicata, avvelenata o fatta a pezzi dalle trappole nascoste prima ancora di arrivare alla scatoletta e al disegnino del termometro[19] fuori dalla sagrestia.

Stavano giocando a Storpio Signor Cipolla sull’altare maggiore, all’ombra della statua tempestata di gemme di Offler medesimo, quando udirono il cigolio lontano della porta principale.

Il Sommo Sacerdote non alzò lo sguardo.

«Ehi» disse. «Eccone un altro pronto per la gigantesca palla rotolante».

Ci fu un tonfo e un rombo, seguito da uno scricchiolio. E poi uno schianto molto definitivo.

«Ecco» disse il Sommo Sacerdote. «Che c’era nel piatto?»

«Due sassolini» disse il Sacerdote non Sommo.

«Bene». Il Sommo Sacerdote guardò le proprie carte. «Vedo i tuoi due sassolini…»

Ci fu un debole rumore di passi.

«Il tizio con la frusta la settimana scorsa è arrivato fino alla lancia grande» disse il Sacerdote non Sommo.

Ci fu un rumore simile allo sciacquone di un bagno molto vecchio e asciutto. I passi si fermarono.

Il Sommo Sacerdote sorrise fra sé.

«Bene» disse. «Vedo i tuoi due sassolini e rilancio di due».

Il Sacerdote non Sommo scoprì le carte.

«Doppia Cipolla» disse.

Il Sommo Sacerdote controllò, sospettoso.

Il Sacerdote non Sommo consultò un foglietto.

«Con questi mi devi trecentomilanovecentosessantaquattro sassolini» disse.

Rumore di passi.

I Sacerdoti si scambiarono un’occhiata.

«È un bel po’ che nessuno arriva al corridoio delle frecce avvelenate» disse il Sommo Sacerdote.

«Cinque a uno che ce la fa» disse il Sacerdote non Sommo.

«Ci sto».

Si sentì un debole tintinnio di metallo sulla pietra.

«È un peccato toglierti così i tuoi sassolini».

Altri passi.

«Va bene, ma c’è ancora» uno scricchiolio, un rumore d’acqua, «la vasca del coccodrillo».

Passi.

«Nessuno ha mai superato il terribile guardiano del portale…»

I Sacerdoti si scambiarono uno sguardo terrorizzato.

«Ehi» disse quello non Sommo «non credi che possa essere…»

«Qui? Oh, ma dai. Siamo in mezzo a una cavolo di giungla». Il Sommo cercò di sorridere. «Non avrebbe modo di…»

I passi si avvicinarono.

I Sacerdoti si strinsero l’uno all’altro, terrorizzati.

«La signora Torta!»

Le porte esplosero verso l’interno. Un vento scuro entrò nella sala, spegnendo le candele e spargendo le carte come neve a pallini.

I sacerdoti sentirono il tintinnio di un diamante molto grosso che veniva scalzato dal suo castone.

GRAZIE.

Dopo un po’, quando sembrò che non succedesse più nulla, il Sacerdote non Sommo riuscì a trovare un acciarino, e dopo molti tentativi a vuoto, accese una candela.

I due Sacerdoti guardarono la statua tra le ombre danzanti, e il buco dove prima c’era un grosso diamante.

Dopo un po’ il Sommo Sacerdote sospirò e disse: «Be’, vediamola in questo modo: a parte noi, chi lo saprà mai?»

«Eh, non ci avevo pensato. Ehi, posso fare il Sommo Sacerdote domani?»

«Giovedì tocca a te».

«Oh, dai».

Il Sommo Sacerdote fece spallucce e si tolse il cappello da Sommo.

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19

‘Fondo per la riparazione del Perduto Tempio Ingioiellato del Destino di Offler! Mancano solo 6000 pezzi d’oro!! Siate generosi!! Grazie!!!’