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«Certo che sono cose deprimenti» disse, con un’occhiata alla statua depredata. «Certi non sanno proprio come comportarsi nelle case degli dei».

Morte attraversò di corsa il mondo, atterrando di nuovo nell’aia. Il sole era sull’orizzonte quando bussò alla porta della cucina.

La signorina Flitworth aprì, pulendosi le mani sul grembiule. Fece una smorfia da miope, stringendo gli occhi, poi indietreggiò di un passo.

«Bill Porta? Mi hai fatto venire un colpo…»

LE HO PORTATO DEI FIORI.

Lei fissò gli steli secchi e morti.

E ANCHE UN ASSORTIMENTO DI CIOCCOLATINI, COME PIACE ALLE SIGNORE.

Lei fissò la scatola nera.

QUI C’È ANCHE UN DIAMANTE, PER FARCI AMICIZIA.

Il diamante catturò gli ultimi raggi del sole che calava.

La signorina Flitworth finalmente ritrovò la voce.

«Bill Porta, che cos’hai in mente?»

SONO VENUTO A PORTARLA VIA DA TUTTO QUESTO.

«Ah sì? E per andare dove?»

Morte a questo non aveva ancora pensato.

DOVE VORREBBE ANDARE?

«Io non ho altri piani se non quello di andare al ballo» disse fermamente la signorina.

Morte non aveva previsto nemmeno questo.

QUALE BALLO?

«La danza del raccolto. È una tradizione. Quando finisce la mietitura. È una specie di celebrazione, e anche un ringraziamento».

UN RINGRAZIAMENTO A CHI?

«Boh. A nessuno in particolare, mi sa. Un ringraziamento in genere».

AVEVO PENSATO DI MOSTRARLE MERAVIGLIE. BELLE CITTÀ. TUTTO QUELLO CHE VOLEVA.

«Tutto?»

SÌ.

«Allora si va al ballo, Bill Porta. Ci vado tutti gli anni. Contano su di me, sai com’è».

SÌ, SIGNORINA FLITWORTH.

La prese per mano.

«Che? Adesso?» disse lei. «Ma non sono pronta…»

GUARDI.

Lei guardò quello che improvvisamente aveva indosso.

«Questo non è il mio vestito. È tutto luccicante».

Morte sospirò. I grandi amanti della storia non conoscevano la signorina Flitworth. Casanunder avrebbe dato via la sua scala a pioli.

SONO DIAMANTI. È IL RISCATTO DI UN RE, IN DIAMANTI.

«Quale re?»

QUALSIASI RE.

«Uau».

Binky percorse con comodo la strada fino in paese. Dopo aver cavalcato nell’infinito, una semplice strada sterrata era un piccolo sollievo.

Seduta all’amazzone dietro Morte, la signorina Flitworth esplorò il contenuto della scatola nera.

«Ecco» disse, «qualcuno si è già preso tutte le praline al rum». Ci fu un altro fruscio di carta. «E oltretutto dallo strato di sotto. Odio quelli che cominciano lo strato di sotto prima che quello di sopra sia finito. E so che sei stato tu perché sul coperchio c’è una piccola mappa che dice dove dovrebbero stare le praline al rum. Bill Porta?»

CHIEDO SCUSA, SIGNORINA FLITWORTH.

«Questo diamante grosso è un po’ pesante. Carino, però» brontolò lei. «Dove l’hai preso?»

DA PERSONE CHE PENSAVANO FOSSE LA LACRIMA DI UN DIO.

«Ed è vero?»

NO. GLI DEI NON PIANGONO MAI. È SEMPLICE CARBONIO, SOTTOPOSTO A UNA GRANDE PRESSIONE E A UN INTENSO CALORE, ECCO TUTTO.

«Dentro ogni pezzo di carbone c’è un diamante che aspetta di uscire, quindi?»

SÌ, SIGNORINA.

Per un po’ si sentì solo il clop-clop degli zoccoli di Binky. Poi la signorina Flitworth disse, con aria maliziosa: «Io ho capito che cosa stai facendo, sai. Ho visto quanta sabbia c’era. E così hai pensato: ‘In fondo non è una vecchia insopportabile, le faccio passare qualche ora in allegria e poi, quando meno se lo aspetta, arriverà il momento di tirare le cuoia’, ho ragione?»

Morte non disse nulla.

«Ho ragione, non è vero?»

NON POSSO NASCONDERLE NULLA SIGNORINA «Ah. Immagino che dovrei sentirmi lusingata. Dico bene? Scommetto che hai un sacco da fare».

PIÙ DI QUANTO LEI POSSA IMMAGINARE, SIGNORINA.

«Allora, date le circostanze, tanto vale che mi chiami di nuovo Renata».

C’era un falò nel prato oltre il campo di tiro all’arco. Morte vide delle figure che si muovevano attorno al fuoco. Di tanto in tanto uno squittio agghiacciante suggeriva che qualcuno stava accordando un violino.

«Ci vengo sempre, al ballo della mietitura» disse la signorina Flitworth, in tono casuale. «Non per ballare, naturalmente. Di solito mi occupo del cibo e così via».

PERCHÉ?

«Be’, qualcuno deve pur pensare al cibo».

VOLEVO DIRE, PERCHÉ NON BALLA?

«Perché sono vecchia, che domande».

LEI È VECCHIA QUANTO CREDE DI ESSERLO.

«Eh? Davvero? Questa è proprio il genere di stupidaggine che dicono tutti. Dicono: ‘Parola mia, stai benissimo’. Dicono: ‘La vecchia matta è ancora in gamba. Gallina vecchia fa buon brodo’. Questo genere di fesserie. Tutte stupidaggini. Come se essere vecchi fosse qualcosa di cui rallegrarsi! Come se prenderla con filosofia ti facesse guadagnare dei punti! La mia testa sa benissimo come pensare da giovane, sono le mie ginocchia che non ci arrivano. E neanche la schiena. O i denti. Prova a dire alle mie ginocchia che hanno l’età che si sentono e vediamo che succede».

POTREBBE VALERE LA PENA DI PROVARE.

Altre figure si muovevano davanti al fuoco. Morte vide dei pali a strisce che reggevano delle bandiere.

«I ragazzi di solito portano un paio di portoni di stalla e li inchiodano insieme per fare una pista» osservò la signorina Flitworth, «così tutti possono unirsi alle danze».

DANZE POPOLARI?, disse Morte, preoccupato.

«No. Abbiamo anche noi il nostro orgoglio, sai».

SCUSI.

«Ehi, non è Bill Porta?» disse una figura dalla penombra.

«È il vecchio Bill!»

«Ehi, Bill!»

Morte guardò quel circolo di facce prive di malizia.

SALVE, AMICI MIEI.

«Avevamo sentito che te n’eri andato» disse Duca Bottomley. Lanciò un’occhiata alla signorina Flitworth, mentre Morte l’aiutava a scendere da cavallo. La voce esitò, mentre cercava di analizzare la situazione.

«È veramente molto… brillante… stasera, signorina Flitworth» terminò in tono galante.

L’aria profumava di erba calda e umida. Un’orchestra di dilettanti si stava ancora sistemando sotto un tendone.

C’erano tavoli su cavalletti carichi di ogni genere di cibo generalmente associato alla parola ‘pasto’: pasticci di carne di maiale simili a fortificazioni militari, tinozze di diaboliche cipolline sott’aceto, patate che navigavano in oceani di colesterolo fuso. Alcuni anziani si erano già sistemati sulle panche, e masticavano, sia pure senza denti, con l’aria stoica e determinata di chi è disposto a star lì anche tutta la notte, se necessario.

«È bello vedere i vecchietti che si divertono» disse la signorina Flitworth. Morte guardò i commensali. La maggior parte di loro era più giovane di lei.

Da qualche parte, nell’oscurità profumata oltre il falò, si sentì una risatina.

«E anche i giovani» aggiunse la signorina Flitworth. «Avevamo un detto, su questo periodo dell’anno. Aspetta… qualcosa del tipo ‘grano maturo, noci marroni, su le sottane e…’ qualcosa». Sospirò. «Il tempo vola, eh?»

SÌ.

«Sai, Bill Porta, forse avevi ragione sul potere del pensare positivo. Stasera mi sento molto meglio».

DAVVERO?

La signorina Flitworth guardò la pista da ballo con aria meditabonda. «Da ragazza ero una gran ballerina. Non mi batteva nessuno. Vedevo tramontare la luna e sorgere il sole».

Si tolse la fascia che le stringeva i capelli in una crocchia, e li lasciò ricadere in una cascata di bianco.

«Immagino che tu sappia ballare, signor Bill Porta?»

SONO FAMOSO PER QUESTO, SIGNORINA FLITWORTH.

Sotto il tendone dell’orchestra, il primo violino fece un cenno ai suoi colleghi musicisti, si ficcò lo strumento sotto il mento, e batté sulle assi con il piede.