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«Più vecchio? Più vecchio che morto?»

«Ha detto che rivuole la sua stanza da letto, e non vedo perché mi dovrei trasferire…»

«Ma hai visto i suoi occhi? Sembrano succhielli!»

«Eh? Chi è Succhielli?»

«Voglio dire che ti passano da parte a parte!»

«… Ha una bellissima vista sul giardino, e ho già portato lì tutta la mia roba e non è giusto…»

«È mai successo prima?»

«Be’, c’è stato il vecchio Teatar…»

«Sì, ma lui non è mai morto davvero, si dipingeva solo la faccia di verde e apriva il coperchio della bara gridando: ‘Sorpresa, sorpresa!’…»

«Zombie qui non ne abbiamo mai avuti».

«È uno zombie?»

«Credo di sì…»

«Vuol dire che suonerà i bonghi e ballerà tutta la notte il limbo?»

«Ah, fanno così?»

«Il vecchio Windle? Non mi sembra il tipo. Non gli è mai piaciuto molto ballare, nemmeno da vivo…»

«A ogni modo, non c’è da fidarsi di questi dei voodoo. Il mio motto è: mai fidarsi di un dio che sorride sempre e porta un cappello a cilindro».

«… che mi venga un colpo se lascerò la mia stanza a uno zombie dopo aver aspettato anni…»

«È il tuo motto? È buffo».

Windle Poons si aggirava di nuovo all’interno della sua testa.

Strano. Ora che era morto, o non era più vivo o quel che era, aveva le idee più chiare che mai.

E anche il controllo era diventato più facile. Quasi non doveva più preoccuparsi della faccenda della respirazione, la milza sembrava funzionare meglio, i sensi andavano a mille. L’apparato digerente era ancora un po’ un mistero, però.

Si specchiò in un piatto d’argento.

Sembrava ancora morto. Volto pallido, occhiaie rosse. Un corpo morto. Funzionante ma fondamentalmente morto. Era giustizia, questa? Era la giusta ricompensa per quasi centotrenta anni di fede nella reincarnazione? Tornare sotto forma di cadavere?

Non c’era da stupirsi se i non-morti erano noti per essere sempre molto irritati.

In una prospettiva a lungo termine, stava per succedere qualcosa di meraviglioso.

In una prospettiva a medio o a breve termine, stava per succedere qualcosa di orrendo.

È come la differenza tra osservare una splendida nuova stella nel cielo invernale ed essere effettivamente vicini a una supernova. È la differenza tra la bellezza della rugiada mattutina su una ragnatela ed essere una mosca.

Era una cosa che normalmente non succedeva da migliaia di anni.

E stava per succedere ora.

Stava per succedere in fondo a una credenza fuori uso in una cantina fatiscente nelle Ombre, la parte più antica e più malfamata di AnkhMorpork.

Plop.

Era un suono dolce, come la prima goccia di pioggia su un secolo di polvere.

«Forse potremmo far camminare un gatto nero sulla sua bara».

«Lui non ha una bara!» si lagnò il Tesoriere, il cui rapporto con la sanità mentale era sempre piuttosto interlocutorio.

«Va bene. Gli compriamo una bella bara nuova e ci facciamo camminare sopra un gatto nero?»

«No, è una stupidaggine. Dobbiamo fargli bere un sorso d’acqua».

«Cosa?»

«Bere un sorso d’acqua. I non-morti non lo possono fare».

I maghi, che si erano riuniti nello studio dell’Arcicancelliere, rivolsero la loro totale, affascinata attenzione a quell’ultima frase.

«Sicuro?» chiese il Decano.

«È risaputo» disse il professore di Rune Recenti, in tono neutro.

«Lo faceva spesso, da vivo».

«Da morto no, però».

«Ah sì? Be’, ha un senso».

«Un corso d’acqua» disse all’improvviso il professore di Rune Recenti. «Ecco com’era, scusate. Non possono attraversare un corso d’acqua».

«Be’, quello nemmeno io» disse il Decano.

«Non-morto! Non-morto!» Il Tesoriere cominciava a perdere la bussola.

«Oh, non prenderlo in giro» disse il professore, battendo sulla schiena del collega tremante.

«Oh, ma io dico sul serio» disse il Decano. «Affogherei».

«I non-morti non possono attraversare l’acqua nemmeno su un ponte».

«E lui è l’unico, poi? Non ci sarà un’invasione?» disse il professore.

L’Arcicancelliere tamburellò con le dita sulla scrivania.

«È poco igienico avere dei morti che se ne vanno in giro» disse.

Questo zittì tutti. Nessuno aveva mai visto la cosa da quel lato, ma Mustrum Ridcully era esattamente il tipo d’uomo che poteva farlo.

A seconda del punto di vista, Mustrum Ridcully era il peggiore, o il miglior Arcicancelliere che l’Università avesse avuto da un secolo a questa parte.

Tanto per cominciare, era troppo. Non che fosse particolarmente grosso, ma aveva il tipo di personalità debordante che occupa tutto lo spazio disponibile. Al termine della cena era fragorosamente ubriaco, e questo andava bene, era un accettabilissimo comportamento da mago. Ma poi tornava nella sua stanza e giocava a freccette per tutta la notte, poi usciva alle cinque per andare a caccia di anatre. Urlava agli altri. Cercava di tenerli allegri. E non metteva mai le vesti appropriate. Aveva convinto la signora Whidow, la temuta governante dell’Università, a cucirgli una specie di costume abbondante, di uno sgargiante blu e rosso; due volte al giorno i maghi lo guardavano confusi correre con impegno intorno agli edifici dell’Università, con il cappello a punta saldamente legato con uno spago. Lui li salutava con rumorosa allegria, perché un tratto fondamentale dei tipi come Mustrum Ridcully era la ferrea convinzione che tutti si sarebbero divertiti come lui, se ci avessero provato.

«Magari schiatta» si dicevano l’un l’altro speranzosi, guardandolo mentre cercava di spaccare la crosta di ghiaccio sul fiume Ankh per un tuffo mattutino. «Tutto questo esercizio salutare non può fargli bene».

All’Università arrivavano gli echi di diverse storie. L’Arcicancelliere aveva combattuto per due round a mani nude con Detritus, l’enorme troll tuttofare del Tamburo Riparato. L’Arcicancelliere aveva fatto a braccio di ferro con il Bibliotecario per scommessa, e anche se naturalmente non aveva vinto, aveva ancora il suo braccio. L’Arcicancelliere voleva che l’Università formasse una sua squadra di calcio per il grande derby del giorno di Hogswatch.

Dal punto di vista intellettuale, Ridcully manteneva il suo posto di lavoro per due ragioni. Una era che non cambiava opinione mai, in nessun caso, su nulla. L’altra era che gli ci volevano diversi minuti per comprendere qualsiasi nuova idea gli venisse proposta, e questa è una caratteristica fondamentale in un leader, perché se qualcuno insiste nel volerti spiegare qualcosa per più di due minuti probabilmente è importante, mentre se lascia perdere subito quasi certamente è una cosa con cui non valeva la pena disturbarti.

A quanto pareva, di Mustrum Ridcully ce n’era più di quanto un corpo potesse ragionevolmente contenere.

Plop. Plop.

Nella credenza buia in cantina, uno scaffale intero era già pieno.

Di Windle Poons ce n’era esattamente quanto un corpo ne potesse contenere, e lui lo guidava con attenzione nei corridoi.

Non me lo sarei mai aspettato, pensava. Non me lo merito. Dev’esserci un errore da qualche parte.

Sentì un vento fresco sul viso e capì di essere uscito all’aperto. Davanti a lui c’erano i cancelli dell’Università, chiusi a chiave.

All’improvviso Windle Poons provò un senso acuto di claustrofobia. Aveva aspettato di morire per anni, e ora che era morto si ritrovava bloccato in questo… mausoleo pieno di vecchi scemi, dove avrebbe dovuto passare il resto della vita a fare il morto. La prima cosa da fare era uscire e darsi una degna fine…