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«’Sera, signor Poons».

Si voltò molto lentamente e vide la piccola sagoma di Modo, il nano giardiniere dell’Università, seduto nel crepuscolo a fumare la pipa.

«Oh. Salve, Modo».

«Ho sentito che è morto, signor Poons».

«Ehm. Sì. Ero morto».

«Vedo che è guarito, allora».

Poons annuì e guardò cupamente le mura. I cancelli dell’Università venivano chiusi tutti i giorni al tramonto, obbligando studenti e personale a scavalcare le mura. Dubitava molto di potercela fare.

Strinse le mani a pugno. Oh, be’…

«C’è qualche altro cancello da queste parti, Modo?» chiese.

«No, signor Poons».

«E dove ne mettiamo un altro?»

«Come dice, signor Poons?»

Ci fu un rumore di muratura torturata, seguito da una breccia vagamente a forma di Poons nel muro. Windle rinfilò dentro il braccio per recuperare il cappello.

Modo riaccese la pipa. Si vedono un sacco di cose interessanti in questo lavoro, pensò.

In un vicolo, temporaneamente fuori dalla vista dei passanti, qualcuno di nome Reg Shoe, che era morto, si guardò intorno, poi estrasse di tasca una lattina di vernice e dipinse sul muro le parole:

MORTI SÌ! SEPOLTI MAI!

… e corse via, o perlomeno barcollò via a gran velocità.

L’Arcicancelliere aprì una finestra sulla notte.

«Ascoltate».

I maghi ascoltarono.

Un cane abbaiò. Da qualche parte un ladro fischiò, e qualcuno gli rispose da un tetto vicino. In lontananza, una coppia stava avendo il genere di litigio che di solito spinge il quartiere ad aprire le finestre e prendere appunti. Ma erano solo motivi che spiccavano nel ronzio costante della città. Ankh-Morpork faceva le fusa nella notte, sulla via per l’alba, come un’enorme creatura vivente; anche se naturalmente questa era solo una metafora.

«Allora?» disse il Sommo Algebrico. «Non sento niente di speciale».

«Appunto. Decine di persone muoiono ad Ankh-Morpork ogni giorno. Se avessero cominciato tutti a tornare come il povero Windle, non credete che ne sapremmo qualcosa? La città sarebbe in subbuglio. Più in subbuglio del solito, cioè».

«Un paio di non-morti in giro ci sono sempre» disse il Decano, dubbioso. «Vampiri, zombi, banshee e così via».

«Sì, ma loro sono non-morti di natura» disse l’Arcicancelliere. «Sanno come gestire la cosa, ci sono nati».

«Non si può nascere non-morti» osservò il Sommo Algebrico.

«Voglio dire che è una tradizione» sbottò l’Arcicancelliere. «Dove sono nato io c’erano alcuni vampiri molto rispettabili. Erano nelle loro famiglie da secoli».

«Sì, ma bevono sangue» disse il Sommo Algebrico. «A me non pare una cosa molto rispettabile».

«Ho letto da qualche parte che non hanno veramente bisogno di sangue» disse il Decano, volenteroso, «ma di qualcosa che sta nel sangue. Credo che si chiamino Emogoblin».

Gli altri maghi lo guardarono.

Il Decano scrollò le spalle. «Non guardate me» disse. «Si chiamano Emogoblin. C’entra qualcosa il ferro che certi hanno nel sangue».

«Mi venga un colpo se ho dei goblin di ferro nel sangue» disse il Sommo Algebrico.

«Perlomeno sono meglio degli zombie» disse il Decano. «Molto più a modo. I vampiri non se ne vanno in giro trascinando i piedi».

«La gente viene trasformata in zombie, sapete» disse il professore di Rune Recenti in tono casuale. «Non c’è nemmeno bisogno della magia. Basta il fegato di un certo pesce raro e l’estratto di una particolare radice. Una cucchiaiata, e ti svegli zombie».

«Che tipo di pesce?» chiese il Sommo Algebrico.

«E io che ne so?»

«E allora chi lo sa?» disse il Sommo Algebrico in tono acido. «Qualcuno si è svegliato la mattina e ha detto: ‘Ehi, ho un’idea, mi sa che trasformo qualcuno in zombie, mi ci vuole solo il fegato di un pesce raro e un pezzo di radice, si tratta soltanto di trovare quella giusta. C’è la fila fuori dalla porta! Numero 94, fegato di guarracino rosso e radice di maniaco… non funziona. Numero 95, fegato di pesce palla e radice di dum-dum… non funziona. Numero 96…’»

«Ma che sta dicendo?» chiese l’Arcicancelliere.

«Stavo solo facendo notare l’intrinseca inverosimiglianza di…»

«Stia zitto» disse l’Arcicancelliere senza tanti complimenti. «A me sembra… insomma, la morte deve succedere, giusto? Deve esserci. È il presupposto della vita. Sei vivo, e poi muori. Non può smettere».

«Ma per Windle non si è presentato» osservò il Decano.

«Succede continuamente» disse Ridcully, ignorandolo. «Tutto muore. Anche le piante».

«Non credo che Morte arrivi per una patata» disse il Decano, dubbioso.

«Morte arriva per tutto» disse l’Arcicancelliere con fermezza.

I maghi annuirono saggiamente.

Dopo un po’ il Sommo Algebrico disse: «Sapete, ho letto l’altro giorno che ogni atomo del corpo cambia dopo sette anni. Quelli nuovi si attaccano e i vecchi cadono. Succede continuamente. È meraviglioso, davvero».

Il Sommo Algebrico riusciva a fare a una conversazione quello che solo una melassa particolarmente densa riusciva a fare alle lancette di un orologio di precisione.

«Ah sì? E quelli vecchi che fine fanno?» chiese Kidcully, curioso suo malgrado.

«Boh. Fluttuano nell’aria, credo, finché non si attaccano a qualcun altro».

L’Arcicancelliere parve offeso.

«Come, anche ai maghi?»

«Oh sì. A tutti. Fa parte del miracolo dell’esistenza».

«Ah sì? A me sembra solo poco igienico» disse l’Arcicancelliere. «Immagino che non ci sia modo di impedirlo?»

«Direi di no» disse il Sommo Algebrico, dubbioso. «Non credo che si possa impedire il miracolo dell’esistenza».

«Ma questo vuol dire che tutto quanto è fatto di tutto quanto» disse Ridcully.

«Esatto. Non è strabiliante?»

«È disgustoso, ecco cos’è» tagliò corto Ridcully. «A ogni modo, quello che voglio dire… quello che voglio dire…» Fece una pausa, cercando di ricordare. «Non si può abolire la morte, ecco cosa. La morte non può morire. È come chiedere a uno scorpione di pungersi da solo».

«In effetti» disse il Sommo Algebrico, sempre con un fatto pronto a portata di mano, «si può indurre uno scorpione a…»

«Stia zitto» disse l’Arcicancelliere.

«Ma non possiamo avere un mago non-morto che se ne va in giro» disse il Decano. «Chissà cosa potrebbe mettersi in testa di fare. Dobbiamo… fermarlo. Per il suo bene».

«Giusto» disse Ridcully. «Per il suo bene. Non dovrebbe essere troppo difficile. Devono esserci decine di modi per fermare un non-morto».

«Aglio» disse il Sommo Algebrico in tono neutro. «Ai non-morti non piace».

«Non posso dargli torto. Io non lo posso soffrire» disse il Decano.

«Non-morti! Non-morti!» disse il Tesoriere, puntando un indice accusatore. Lo ignorarono.

«Sì, poi ci sono gli oggetti sacri» disse il Sommo Algebrico. «Il nonmorto finisce in polvere non appena li guarda. E non amano la luce del giorno. E se nemmeno questo funziona, bisogna seppellirli ai crocevia. È infallibile. E poi gli conficchi un paletto così non si alzano più».

«Con l’aglio sopra» disse il Tesoriere.

«Be’, sì, magari ci puoi mettere l’aglio» concesse il Sommo Algebrico, riluttante.

«A me non piace mettere l’aglio dappertutto» disse il Decano. «Secondo me è meglio un po’ d’olio e qualche spezia».

«Il peperoncino è buono» disse allegramente il professore di Rune Recenti.