Ciò Che La Guerra Ha Fatto Per Noi, Numero Due. Ha creato lavori che prima non esistevano. Piloti della RAF, per esempio. Guardiani di postazione. Segugi.
«Hanno trovato il corpo di Jack?» chiesi, anche se già sapevo la risposta. No, mi avrebbe detto Quincy, non sono riusciti a trovarlo, oppure non c’era niente da trovare.
«Papà non ti ha detto niente?» replicò Quincy osservando preoccupato la sacca trasfusionale che penzolava sopra il letto. «Hanno dovuto scavare sotto di lui per trovare la bambina. Una cosa orribile, ha detto papà. È rimasto trafitto in pieno petto dalla zampa di una sedia scagliata dall’esplosione della bomba a scoppio ritardato.»
E così ero riuscito a ucciderlo, dopotutto. Nelson e Hitler e io.
«Non dovevo dirtelo,» aggiunse Quincy, osservando il sangue che sgocciolava dalla sacca dentro le mie vene come se fosse un brutto segno. «So che eravate amici. Non te ne avrei parlato, ma papà mi ha detto di dirti che il tuo è stato l’ultimo nome che ha pronunciato prima di morire. Subito prima che la bomba esplodesse. “Jack,” ha detto, come se sapesse ciò che stava per succedere, mi ha raccontato papà, e ha pronunciato il tuo nome.»
E invece non lo sapeva, pensai. E “quel sanguinario assassino di Nelson” non si era rifiutato di farlo andare via. Jack era semplicemente tornato al suo lavoro, incurante di Nelson e della bomba a scoppio ritardato, infilzando il terreno come se volesse ucciderlo, gridando “sega” e “tenaglie per cavi” e “sostegni”. Gridando “martinetto”. Incurante di tutto meno che di tirarli fuori prima che il gas li uccidesse, prima che morissero dissanguati. Incurante di tutto meno che del suo lavoro.
Mi ero sbagliato sul perché avesse aderito al Servizio di Pronto Intervento Antiaereo, e perché fosse venuto a Londra. La sua vita nello Yorkshire doveva essere stata tremenda, piena di oscurità e di odio contro se stesso e di uccisioni. Quando era giunta la guerra, e lui aveva cominciato a leggere di gente sepolta sotto le macerie, di addetti al soccorso che cercavano di recuperarla alla cieca, doveva essergli sembrata un dono di Dio. Una benedizione.
Non credo che la sua intenzione fosse quella di espiare per ciò che aveva fatto, per ciò che era. È impossibile, in ogni caso. Io avevo ucciso solo dieci persone, contando Jack, e avevo contribuito a salvarne quasi venti, ma una cosa non cancella l’altra. Non credo che fosse ciò che voleva. Ciò che voleva era solo rendersi utile.
“Al meglio che si può ricavare da un brutto lavoro,” aveva detto la signora Lucy, e quello era ciò che tutti avevano fatto: Swales con le sue battute e con le sue chiacchiere. E Twickenham, e Jack, e se avevano anche trovato l’amicizia, o l’amore, o l’espiazione, non era meno di ciò che meritavano. Ed era ancora un brutto lavoro.
«È ora di andare.» disse Quincy, guardandomi preoccupato. «Tu hai bisogno di riposare, e io devo tornare al lavoro. L’esercito tedesco è sulla via del Cairo e la Jugoslavia è entrata nell’Asse.» Sembrava eccitato, felice. «Tu devi riposare e guarire. Abbiamo bisogno di te, in questa guerra.»
«Sono contento che tu sia venuto,» dissi.
«Sì, be’, papà voleva che ti dicessi che Jack ha chiamato il tuo nome.» Si alzò. «Una iella nera, esserti ridotto così.» Sbatté il cappello da pilota contro la gamba. «Odio questa guerra,» disse, ma stava mentendo.
«Anch’io,» dissi.
«Ti rimetteranno presto in grado di far fuori i crucchi,» disse.
«Sì.»
Si mise il cappello con un’angolatura un po’ sfacciata e se ne andò, pronto a bombardare lascivi colonnelli in pensione, bambini e vedove che non erano ancora riuscite a ottenere dei travi di rinforzo dalla Difesa Civile di Amburgo, e a dipingere violette sul suo aeroplano. A fare il suo dovere.
Una suora portò un vassoio. Aveva una grossa croce rossa cucita sulla pettorina del grembiule.
«No, grazie, non ho fame,» dissi.
«Deve rimettersi in forze,» disse lei. Posò il vassoio accanto al letto e se ne andò.
«Per la nostra Vi la guerra è stata proprio una benedizione,» avevo detto a Jack, e forse era vero. Ma non per la maggior parte della gente. Non per le ragazze che lavoravano da John Lewis, per vecchie streghe che non le facevano mai uscire prima, nemmeno quando suonavano le sirene. Non per coloro che scoprivano tendenze nascoste alla pazzia, o al tradimento, o alla morte per dissanguamento. O all’omicidio.
Suonarono le sirene. L’infermiera venne a controllare la mia sacca trasfusionale e a portare via il vassoio. Giacqui lì a lungo, guardando il sangue che mi sgocciolava dentro il braccio.
«Jack,» dissi, senza sapere a chi mi fossi rivolto, né se avessi davvero pronunciato quella parola.