«Jack,» disse lui.
Mi voltai. Si era fermato a mezza via lungo il pendio e guardava verso l’alto, come se avesse sentito qualcosa. Alzai gli occhi, temendo che i bombardieri fossero di ritorno, ma non sentii niente, a parte i cannoni della contraerea. Jack era immobile, adesso con la testa abbassata, e fissava le macerie.
«Che è successo?» gli chiesi.
Non rispose. Estrasse la lampada dalla tasca e cominciò a rotearla freneticamente all’intorno.
«Non puoi farlo!» urlai. «C’è l’oscuramento in atto!»
La spense. «Procurati qualcosa per scavare,» disse, mentre si inginocchiava. «Qui sotto c’è qualcuno ancora vivo.»
Divelse un pezzo di ringhiera e cominciò a scavare in mezzo ai frammenti con l’estremità spezzata.
Lo fissai stupidamente. «Come fai a saperlo?»
Continuò a picchiare nervosamente fra i calcinacci. «Trova un piccone. Quest’affare è duro come la roccia.» Mi guardò con aria impaziente. «Presto!»
Il responsabile addetto all’incidente era uno che non conoscevo. Ne fui felice. Nelson si sarebbe rifiutato di darmi un piccone senza la necessaria autorizzazione di servizio. Questo responsabile, che era più giovane di me e aveva la pelle coperta di macchie, sotto il velo della polvere di calcinaccio, non aveva picconi, ma mi diede due badili senza fare troppe storie.
Quando tornai verso il cumulo di rovine il fumo e la polvere si stavano diradando un po’, e una pioggia di razzi scese dal cielo nei pressi del fiume, illuminando ogni cosa di una luce vivida e sfrangiata, come fari nella nebbia. Vidi Jack accovacciato sulle ginocchia a metà del pendio, che continuava a scavare con il suo pezzo di ringhiera. Sembrava che stesse uccidendo qualcuno con un coltello, colpendo a più riprese il terreno.
Piovve un altro grappolo di razzi, stavolta molto più vicino. Mi piegai anch’io e corsi verso Jack, porgendogli uno dei badili.
«Non serve a niente,» disse, scansandolo.
«Che c’è che non va? Non senti più la voce?»
Continuò a colpire con il suo spezzone. «Che cosa?» disse, e fissò la luce abbagliante dei razzi come se non avesse la più pallida idea di quello che stavo dicendo.
«La voce che hai sentito,» dissi. «Ha smesso di chiamare?»
«È questa roba,» disse. «Non si riesce a infilarci la pala. Hai portato qualche cesto?»
Non ne avevo portati, ma poco più in basso avevo visto una grossa pentola metallica. L’andai a prendere e cominciai a scavare anch’io. Naturalmente aveva ragione. Presi una palata di pietrisco, poi urtai contro un blocco di pavimento e la lama del badile si spezzò. Cercai di infilarlo sotto il blocco per fare leva e sollevarlo, ma era incastrato sotto un grosso frammento di trave. Rinunciai, ruppi un altro pezzo di ringhiera e mi accucciai accanto a Jack.
Il trave non era l’unica cosa che bloccava il pezzo di pavimento. Le macerie non sembravano compatte — mattoni, frammenti di intonaco e pezzi di legno — ma erano dure come il cemento. Svvales, che spuntò dal nulla quando eravamo già arrivati quasi a un metro di profondità, disse. «È l’argilla. Tutta Londra è costruita sull’argilla. È dura come il marmo.» Aveva portato con sé due secchi e la notizia dell’arrivo di Nelson, il quale aveva avuto una discussione con il responsabile dalla pelle macchiata su chi dei due fosse competente a intervenire.
«“È il mio incidente”, dice Nelson, e tira fuori la mappa per dimostrargli che questa parte di King’s Road rientra nel suo distretto,» disse allegro Swales, «e l’altro dice, “Il suo incidente? Ma chi la vuole, questa cosa orrenda, dico io”.»
Anche con l’aiuto di Swales il lavoro procedeva a rilento, e chiunque si fosse trovato là sotto sarebbe probabilmente morto soffocato o per dissanguamento prima che potessimo raggiungerlo. Jack non si era mai fermato, anche quando le bombe erano proprio sopra la nostra testa. Sembrava sapere esattamente ciò che stava facendo, anche se nessuno di noi aveva sentito nulla in quei brevi intervalli di silenzio, e lui stesso non si preoccupava nemmeno di sentire qualcosa.
Il pezzo di ringhiera si ruppe contro l’argilla dura come il ferro, e lui prese il mio e continuò a scavare. Venne fuori un orologio rotto, e poi un portauovo. Arrivò Morris. Era stato impegnato a evacuare la gente da una zona in cui era caduta una bomba che si era infilata in mezzo alla strada senza esplodere. Swales gli raccontò l’episodio di Nelson e del giovane responsabile con le macchie, poi se ne andò per vedere di scoprire qualcosa sugli abitanti del palazzo.
Jack emerse dalla buca. «Mi servono dei sostegni,» disse. «Le pareti stanno cedendo.»
Trovai delle assi intatte di un letto proprio alla base della collinetta. Una di esse era troppo lunga. Jack la segò a metà e la spezzò.
Tornò Swales. «Non c’era nessuno in casa,» gridò verso il fondo della buca. «Il colonnello Godalming e sua moglie sono andati nel Surrey stamattina.» Il cessato allarme risuonò nell’aria, soffocando le sue parole.
«Jack,» disse Jack dalla buca.
«Jack,» disse di nuovo, con maggiore urgenza.
Mi chinai verso l’apertura.
«Che ora è?» chiese.
«Quasi le cinque,» risposi. «Hanno appena dato il segnale di cessato allarme.»
«Sta facendo giorno?»
«Non ancora,» dissi. «Hai trovato qualcosa?»
«Sì,» disse. «Datemi una mano.»
Mi infilai nella buca. Capivo la sua domanda; lì dentro era buio pesto. Accesi la lampada, che illuminò i nostri volti dal basso come spettri.
«Là dentro,» disse, e allungò la mano verso un pezzo di ringhiera simile a quello con cui aveva scavato.
«Si trova sotto una scala?» chiesi, e il pezzo di ringhiera gli abbrancò la mano.
Ci vollero solo un paio di minuti per tirarlo fuori. Jack afferrò il braccio che avevo scambiato per un pezzo di ringhiera, e io finii di scavare quei pochi centimetri di intonaco e terra nella piccola cavità in cui si trovava, formata da una ghiacciaia e da una porta che si appoggiavano l’una contro l’altra.
«Colonnello Godalming?» dissi, allungando la mano verso di lui.
Respinse la mano. «Dove diavolo eravate?» disse. «A prendere un tè?»
Era in abito da sera e i suoi grossi baffi erano ricoperti di polvere d’intonaco. «Che razza di paese è questo, in cui si lascia un uomo a scavare da solo?» strillò, agitando un cucchiaio da portata pieno di intonaco davanti alla faccia di Jack. «Avrei potuto scavare fino in Cina, nel tempo che voialtre canaglie avete impiegato per raggiungermi!»
Delle mani si protesero nella buca e lo aiutarono a uscire. «Dannati incompetenti!» gridò. Noi lo spingemmo dal basso, facendo leva sul fondo dei suoi pantaloni eleganti. «Fannulloni, tutti quanti! Non riuscireste a trovare il vostro stesso naso!»
In effetti il colonnello Godalming era partito per il Surrey il giorno prima, ma aveva deciso di tornare a prendere il suo fucile da caccia, in caso di invasione. «Non si può fare affidamento sulla maledetta Difesa Civile per bloccare i crucchi,» aveva detto mentre lo accompagnavo verso l’ambulanza.
Cominciava a fare giorno. L’incidente si era rivelato meno ampio di quanto avessi pensato, non più di un paio di isolati. Quello che io avevo scambiato per una collinetta, in direzione sud, era in effetti un basso palazzo di uffici, e al di là di esso la fila di case non aveva nemmeno avuto i vetri infranti.
L’ambulanza si era avvicinata quanto più possibile al mucchio di macerie. Lo aiutai a raggiungerla. «Come si chiama?» disse, ignorando lo sportello che avevo aperto per lui. «Ho intenzione di fare rapporto ai suoi superiori. E anche quell’altro. Praticamente mi ha staccato il braccio dalla spalla. Dov’è andato?»
«È andato al lavoro,» dissi. Subito dopo aver tirato fuori Godalming, Jack aveva acceso la lampada per guardare l’orologio e aveva detto: «Adesso devo andare.»