C’era ancora molta speranza in quello sguardo, la speranza che avrebbe visto la Cathy di un tempo, la Cathy che s’era innamorata di lui. Sospirò… non teatralmente, non per gli orecchi di lei, ma per se stesso, una secca esalazione, come nel tentativo di espellere a forza la tristezza dal suo corpo.
Quel breve sguardo era bastato a Peter per fare l’inventario del suo aspetto. Cathy indossava una spiegazzata T shirt, un largo pullover color crema e jeans chiari piuttosto sformati. Niente makeup. Aveva i capelli appuntati con diverse spille, ma non pettinati, e due lunghe ciocche nere le ricadevano sulle spalle. Occhiali azzurrati invece delle lenti a contatto.
Un altro sospiro deluso. Sua moglie aveva un aspetto molto più attraente senza quei grossi occhiali appollaiati sul naso, ma lui non riusciva a ricordare da quanto tempo non metteva più le lenti a contatto.
Non facevano all’amore da sei settimane.
La media nazionale era 2,1 volte alla settimana. C’era scritto proprio lì su Time, in terza pagina.
Naturalmente Time era una rivista americana. Forse la media era un po’ diversa lì in Canada. Superiore.
Forse.
Quell’anno ricorreva il tredicesimo anniversario del loro matrimonio.
E non facevano all’amore da sei settimane. Sei fottute settimane.
Peter tornò a voltarsi. Cathy s’era fermata a controllare qualcosa nelle sue tasche, sull’ultimo gradino in fondo alle scale, vestita come un dannato ragazzo di strada.
Aveva quarantun anni, adesso. Il suo compleanno era stato in luglio. Poteva ancora vantare un gran bel corpo… non che Peter lo vedesse molto, ultimamente. Quelle T shirt antisudore, quei pullover larghi, quei jeans — quelle barche che s’infilava sui fianchi — nascondevano tutto.
Peter represse una smorfia, spinse il tasto PgAv e ricominciò a leggere il giornale. Una volta facevano all’amore per ore, il sabato pomeriggio. Ma Cristo, se girava per casa vestita in quel modo…
Lesse i primi tre paragrafi dell’articolo che aveva a schermo prima di accorgersi che non ne aveva capito una parola, non sapeva neanche di cosa trattasse.
Guardò ancora nell’atrio. Cathy era sempre ferma sull’ultimo scalino, girata verso di lui. I loro occhi s’incontrarono per un istante, ma subito lei poggiò una mano sulla balaustra di legno, continuò a scendere ed entrò in soggiorno.
Fissando la pagina della rivista Peter disse: — Cosa ti andrebbe per cena?
— Non lo so — rispose lei.
Non lo so. L’inno nazionale di Cathyland. Cristo, era stanco di sentirglielo dire. Cosa vorresti fare stasera? Cosa ti va per cena? Ti piacerebbe che ci prendessimo una vacanza?
Non lo so.
Non lo so.
Non lo so.
Fatti fottere.
— Io avrei voglia di frutti di mare — disse Peter, e premette di nuovo il pulsante PgAv.
— Certo. Per cambiare, se ti sta bene — disse lei.
Per cambiare, mi starebbe bene se tu parlassi un po’ con me pensò Peter. Per cambiare, mi starebbe bene se ogni tanto ti mettessi dei vestiti decenti.
— Forse faremmo prima a ordinare qualcosa — disse Peter. — Una pizza, magari. O un po’ di cucina cinese.
— Quello che vuoi.
Lui passò alla pagina successiva. Nuove parole riempirono lo schermo, anch’esse senza essere lette. Tredici anni di matrimonio.
— Forse dovrei chiamare Sarkar — disse lui, tastando il terreno. — Potremmo uscire con lui e mangiare un boccone da qualche parte.
— Se ne hai voglia.
Peter spense il lettore. — Ma per la miseria, non è questione di quello che ho voglia io. Tu cosa vorresti fare?
— Non lo so.
La cosa era cresciuta in silenzio per settimane, lui lo sapeva, ne aveva sentito prima la presenza e poi la pressione sempre crescente, anche se aveva cercato d’ignorare ciò che si accumulava fra loro. Sentiva che la cosa stava arrivando al punto di rottura. — Magari dovrei uscire io con Sarkar, e fare a meno di rientrare a casa.
Cathy era in piedi dall’altra parte della stanza, immobile e lontana da lui. Guardò l’alto scaffale pieno di libri, e a lui parve che le sue labbra tremassero un poco. Quando parlò, la sua voce era esile: — Se è questo che vuoi fare, sei libero di farlo.
Sta per esplodere pensò Peter. Sta arrivando al punto di rottura proprio adesso, qui.
D’istinto riaccese il lettore, come per allontanare quel momento, ma subito lo spense di nuovo. — È finita, non è vero? — disse.
Tredici anni…
Avrebbe dovuto alzarsi dal divano, immediatamente, lasciar perdere quel discorso e uscire.
Tredici anni…
— Gesù Cristo — sospirò Peter nel silenzio. Chiuse gli occhi.
— Peter…
Lui continuò a tenere gli occhi chiusi.
— Peter — disse Cathy, — io sono stata a letto con Hans Larsen.
Lui la fissò a bocca aperta, il cuore che gli batteva forte. Lei evitò il suo sguardo.
A passi esitanti Cathy si spostò nel centro del soggiorno. Per qualche minuto fra loro ci fu solo il silenzio. Peter si sentiva una morsa allo stomaco. Alla fine, con voce rauca e ansante come se non avesse più fiato nei polmoni, disse: — Voglio sapere i particolari.
Cathy continuò guardare altrove. — Hanno qualche importanza? — La sua voce era fioca.
— Sì, hanno importanza. È naturale che abbiano importanza. Da quanto tempo va avanti questa… — fece una pausa, — questa tresca fra te e quell’individuo? — Cristo, non s’era aspettato di poter usare quella parola in una discussione del genere.
Le labbra di lei stavano di nuovo tremando. Fece un passo dalla sua parte, come se intendesse sedersi accanto a lui sul divano, ma esitò quando vide l’espressione della sua faccia. Allora si mosse verso il tavolino e prese una sedia. Sedette, stancamente, come se quei pochi passi attraverso la stanza fossero stati la più lunga camminata della sua vita. Unì con cura le mani in grembo e abbassò lo sguardo su di esse. — Non è stata una tresca — disse sottovoce.
— Be’, come diavolo la chiameresti? — replicò Peter. Le parole erano irose, ma non così il tono. Era svuotato, senza vita.
— È stata… non si è trattato di una relazione — disse lei. — Non esattamente. È successo, e basta.
— Quando?
— Un venerdì sera, dopo il lavoro. Quella volta tu non eri venuto. Hans mi chiese un passaggio fino alla sotterranea. Scendemmo insieme nel parcheggio della ditta e poi salimmo sulla mia macchina. Il parcheggio era deserto, ed era piuttosto buio. Successe lì.
Peter scosse la testa. — Nella tua macchina? — chiese. Per alcuni lunghi secondi tacque, poi disse: — Tu… — e la parola successiva gli uscì lenta e a malincuore, ma aspra, come se andasse detta comunque. — Puttana.
Il volto di Cathy era arrossato, gli occhi gonfi, ma non stava piangendo. Scosse la testa più volte, quasi che cercasse di negare quella parola, una parola che nessuno aveva mai pensato di applicare a lei in passato; ma alla fine scrollò le spalle, non per ignorarla, forse perché la accettava.
— Cos’è successo? — chiese Peter. — Cos’avete fatto, di preciso?
— Abbiamo fatto del sesso. Tutto qui.
— Che genere di sesso?
— Sesso normale. Lui si è abbassato i pantaloni, e mi ha tirato su la gonna. Non ci… non mi ha toccato da altre parti.
— Ma eravate eccitati, no? Tu eri bagnata?
Lei arrossì. — Io… io avevo bevuto un po’ troppo. Peter annuì. — Tu non hai mai bevuto. Non prima di cominciare a lavorare con quella gente.