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— Lo so. Ho intenzione di smettere.

— Cos’altro è successo?

— Niente.

— Ti ha baciato?

— Prima di farlo, sì. Dopo no.

Lui ebbe una smorfia sarcastica. — Ti ha detto che ti amava?

— Questo, Hans lo dice a tutte.

— E lo ha detto anche a te?

— Sì, ma… ma erano soltanto parole.

— Tu lo hai detto a lui?

— No, naturalmente.

— Mentre lo facevate, tu… tu sei venuta? La voce di Cathy fu un sussurro:

— No. — Poi una lacrima le scivolò lungo una guancia. — Lui… lui mi ha chiesto se io ero venuta, come se qualunque donna al mio posto avrebbe dovuto avere un orgasmo, lì sul sedile di un’auto. Io ho detto di no. E lui ha riso. Ha riso, e si è tirato su i pantaloni.

— Questo quando è successo?

— Ricordi quel venerdì che sono tornata a casa tardi e mi sono fatta subito la doccia?

— No. Aspetta… sì. Non avevi mai fatto la doccia prima di cena. Ma questo è stato mesi fa…

— In febbraio — disse Cathy.

Peter annuì gravemente. In qualche modo, il fatto che fosse accaduto tanto tempo prima lo rendeva più sopportabile. — Sei mesi fa — disse.

— Sì — mormorò lei. E le parole successive furono come tre lame di coltello nella carne di Peter: — La prima volta.

Nella sua mente rotearono domande stupide. Vuoi dire che ci sono state altre volte? Non soltanto lì nella tua macchina? Ma già, era proprio questo che gli stava dicendo. — Quante volte?

— Altre due.

— Per un totale di tre.

— Sì, soltanto tre.

Di nuovo la smorfia sarcastica. — Allora «tresca» non è la parola adatta? Preferisci «relazione»? Cathy mantenne il silenzio.

— Gesù Cristo — disse sottovoce Peter.

— Non è stata una relazione.

Peter annuì. Sapeva bene che genere di persona fosse Hans. Ovviamente non era stata una relazione. Era piuttosto chiaro che l’amore lì non c’entrava. — Soltanto sesso — mormorò.

Cathy, saggiamente, tacque.

— Cristo — disse ancora Peter. Aveva ancora lo schermo del lettore fra le mani. Lo guardò, pensando che avrebbe potuto scaraventarlo dall’altra parte della stanza e fracassarlo nel muro. Dopo un momento si limitò a gettarlo sul divano accanto a sé. L’oggetto rimbalzò mollemente su un cuscino. — Quando è stata l’ultima volta? — chiese.

— Tre mesi fa — rispose lei con voce debole. — Stavo cercando il coraggio di dirtelo. Io… io non credo che ci sarei riuscita. Ci ho provato un paio di volte, tempo fa. Ma non ho potuto farlo.

Peter non disse nulla. Non c’era una reazione appropriata, giusta, convenzionale. Né un modo per digerire la cosa. Niente. Un abisso.

— Io… ho pensato perfino di uccidermi — disse Cathy dopo una lunga pausa, con voce lontana. — Non avvelenandomi o tagliandomi i polsi, no… niente che sembrasse un suicidio. — Lo guardò, e subito abbassò gli occhi. — Un incidente d’auto. Andare a uccidermi contro un muro. Così tu avresti continuato ad amarmi. Non avresti mai saputo quel che avevo fatto, e… e mi avresti sempre ricordata con affetto. Ci ho provato. Ero pronta a farlo, ma quando è venuto il momento non sono stata capace di uscire di strada e ho tirato dritto. — Sulle sue guance scesero altre due lacrime. — Sono una codarda — disse infine.

Silenzio. Peter stava tentando di vedere un significato in quella situazione. Non serviva a niente chiederle se continuava a vedersi con Hans, o a parlargli. Hans Larsen non cercava una relazione, non una vera relazione, né con Cathy né con qualsiasi altra donna. Hans Larsen. Fottuto bastardo.

— Come hai potuto andare con un individuo così? Fra tutti quelli che conosci, perché proprio Hans? — chiese Peter. — Tu sai benissimo che tipo è.

Lei guardò il soffitto. — Sì, lo so — disse piano. — L’ho sempre saputo.

— Io ho cercato d’essere un buon marito — disse Peter. — Non puoi negarlo. Sono stato comprensivo per tutte le tue esigenze. Parliamo di tutto senza difficoltà. Fra noi non ci sono mai stati problemi di comunicazione, e non puoi dire che io non ti ascoltavo.

Per la prima volta nella voce di lei ci fu una nota aspra. — Non ti sei mai accorto che la notte piango a lungo prima di prendere sonno, da mesi e mesi?

Ai lati del letto avevano due ventilatori ad aria calda che usavano come generatori di rumore di fondo, sia per ammortizzare il disturbo del traffico esterno che per nascondere i loro saltuari piccoli rumori corporali. — Non avrei potuto accorgermene, senza accendere la luce — le rispose. Ogni tanto gli era parso di sentirla tremare, accanto a lui nel buio. Mezzo addormentato s’era figurato vagamente che si stesse masturbando, ma aveva tenuto quel pensiero per sé.

— Bisogna che ci rifletta — disse, pensosamente. — Non so proprio cosa fare.

Lei annuì.

Peter si appoggiò allo schienale del divano e fece un lungo sospiro. — Cristo, dovrò riscrivere gli ultimi sei mesi nella mia mente. La vacanza che abbiamo fatto a New Orleans. Questo è stato dopo che tu e Hans… e quella volta che Sarkar ci ha prestato il suo cottage per il weekend. Anche questo è stato dopo. Ora è tutto diverso. Nulla è più come lo ricordavo. Ogni momento felice, ogni immagine mentale che ho di quel periodo… è annebbiata, sporcata.

— Mi dispiace — disse Cathy con un fil di voce.

— Ti dispiace? — Il tono di Peter era gelido. — Potrebbe dispiacerti se fosse accaduto una volta e poi basta. Ma tre volte? Tre fottute volte?

Le labbra di lei tremavano. — Mi dispiace.

Peter sospirò ancora. — Chiamerò Sarkar e sentirò se è libero per cena, stasera.

Cathy rimase in silenzio.

— Preferirei che tu non venissi. Voglio parlargli da solo. Ci sono delle cose che devo risolvere.

Lei annuì.

Capitolo quinto

Peter conosceva Sarkar Muhammed da quando erano adolescenti. A quel tempo abitavano nella stessa strada, anche se Sarkar andava in una scuola privata. Chiunque avrebbe giudicato poco probabile che due come loro dovessero diventare amici. Sarkar aveva impegni pressanti con alcune attività sportive. Peter era sempre molto occupato con il giornale della scuola e con i compagni della redazione. Sarkar era un mussulmano devoto. Peter non era devoto a niente. Nonostante ciò avevano stretto amicizia subito dopo che la famiglia di Sarkar s’era trasferita in quella zona. Il loro senso dell’umorismo era uguale, entrambi leggevano romanzi gialli con preferenza per quelli di Agata Christie, e in quel periodo stavano sviluppando una certa passione per i vecchi video di fantascienza come Star Trek. Inoltre c’era il fatto che Peter non beveva neanche la birra, e questo riscuoteva l’approvazione di Sarkar. Anche se pranzava al ristorante del liceo, infatti, Sarkar evitava con grande accuratezza di sedere allo stesso tavolo di qualcuno che beveva alcolici.

Sarkar s’era iscritto all’Università di Waterloo per specializzarsi in scienza dei computer. Peter aveva studiato ingegneria biomedica all’Università di Toronto. Per tutto il periodo degli studi universitari s’erano tenuti in contatto con la posta elettronica, spedendosi lettere su Internet. In seguito, dopo un breve soggiorno a Vancouver, Sarkar era ritornato a Toronto per intraprendere la carriera di progettista di sistemi esperti software in una ditta all’avanguardia in quel settore. Benché Sarkar fosse sposato e avesse tre figli, lui e Peter trovavano spesso il tempo di cenare insieme, quasi sempre da soli.

Incongruamente, andavano sempre a cena al Sonny Gotlieb Restaurant, un locale nel cuore del quartiere ebraico di Toronto. Peter non riusciva a sopportare la cucina pakistana, nonostante i valorosi tentativi di Sarkar per ampliare i suoi gusti, e quest’ultimo doveva mangiare dove si cucinavano cibarie permesse dalle leggi dietetiche islamiche… cosa che la maggior parte dei cuochi ebrei sapeva fare alla perfezione. Così, anche quella sera i due amici sedettero in un séparé del Sonny Gotlieb Restaurant, circondati da zaydesh e bubbesh che parlavano in yiddish, ebraico e russo.