Mamikonian chiese un altro bisturi e cominciò a incidere il pericardio. Proprio in quel momento, quando la lama affondò nella membrana che circondava il cuore…
Il torace di Enzo Bandello, donatore d’organi legalmente morto, si sollevò con energia.
Dalla valvola del tubo della ventilazione che gli usciva dalla bocca scaturì un respiro.
Pochi secondi dopo ci fu un secondo respiro altrettanto forte.
— Cristo… — mormorò Peter. — Che diavolo succede?
Mamikonian scosse il capo con aria irritata. Fece schioccare le dita guantate verso un’infermiera. — Altri venti cc di Myolock.
L’infermiera venne a somministrare una seconda dose.
La voce di Mamikonian suonò sarcastica. — Vediamo se possiamo finire questa dannata cosa senza che il donatore si alzi e se ne vada, d’accordo, signori?
Peter era rimasto stupefatto da quei respiri. Venti minuti dopo Mamikonian uscì dalla sala operatoria e andò via, insieme al cuore appena espiantato. A questo punto, dato che non poteva esserci più bisogno di un operatore all’elettrocardiografo, lui passò al piano di sopra e dalla galleria guardò il resto degli espianti. Quando tutto fu finito — quando il corpo svuotato di Enzo Bandello fu chiuso con una cucitura rapida e inviato alla camera mortuaria — Peter scese di nuovo nella stanza degli autoclave. Hwa si stava togliendo i guanti.
— Senti un po’, cos’è successo là dentro? — le chiese lui.
Hwa si massaggiò il collo con un mugolio; era sfinita. — Vuoi dire quei respiri? — Scrollò le spalle. — Succede, ogni tanto.
— Ma Enz… ma il donatore era morto.
— Naturalmente. Però era anche collegato a diverse apparecchiature di supporto. A volte c’è una reazione.
— E… e cosa significa quella somministrazione di Myolock? Che roba è?
Hwa cominciò a slacciarsi il camice. — È una sostanza paralizzante per la muscolatura. Devono fargliene almeno una dose. Se non lo fanno, può capitare che il donatore sollevi le ginocchia fin sul petto, mentre il chirurgo incide.
Peter era sbalordito. — Dici sul serio?
— Uh-huh. — Hwa gettò il camice in una cesta. — È soltanto una reazione muscolare. Oggi, anestetizzare il cadavere è una procedura di routine.
— Anestetizzare… il cadavere? — disse lentamente lui.
— Già. — La ragazza annuì. — Probabilmente Dianne avrebbe dovuto somministrare subito una dose completa di Myolock, ma è roba che costa e l’ospedale cerca sempre di risparmiare. — Fece una pausa. — A volte mi dà i brividi vedere che si muovono in quel modo. Ma… ehi, la chirurgia degli espianti è fatta così.
Peter aveva nel portafoglio una copia degli orari settimanali della sua ragazza, Cathy Churchill. Lui era già nel primo anno del corso di specializzazione, Cathy era all’ultimo anno di Chimica. Da lì a venti minuti avrebbe finito l’ultima lezione di quel giorno. Il giovane si affrettò a tornare al campus e andò a sedersi nell’atrio dell’edificio dove c’erano le aule di chimica.
La lezione ebbe termine e Cathy uscì in corridoio chiacchierando animatamente con la sua amica Jasmine. Fu quest’ultima ad accorgersi che Peter stava aspettando nell’atrio. — Oh-ho — disse, dando di gomito a Cathy — Guarda chi c’è qui. Mr. Rubacuori in persona.
Peter sorrise a Jasmine e scambiò un paio di battute con lei, ma in realtà aveva occhi soltanto per Cathy. La ragazza aveva un visetto a forma di cuore, lunghi capelli neri ed enormi occhi azzurri. Come sempre, nel vedere Peter s’era letteralmente illuminata in viso. E nonostante ciò che aveva visto in sala operatoria lui s’incantò a guardare i suoi occhi. Succedeva a ogni incontro: c’era elettricità fra loro… così era come Jasmine e altri amici commentavano la cosa.
— Bene, credo che ti lascerò sola con questo malintenzionato — disse Jasmine, sempre sogghignando. Gli altri due la salutarono e poi si spostarono dietro una colonna per baciarsi. Quei brevi momenti di contatto bastarono a Peter per sentirsi rinascere. Ormai si frequentavano da tre anni, ma in ogni loro abbraccio c’era ancora qualcosa di nuovo e meraviglioso.
Quando si furono separati, Peter domandò: — Che programmi hai per il resto della giornata?
— Stavo pensando di andare alla Facoltà di Belle Arti per vedere se riesco a farmi assegnare un forno. Vorrei cuocere alcune ceramiche. Ma questo può aspettare — disse lei, in tono malizioso. Sopra di loro quasi tutti i tubi fluorescenti erano stati tolti per economizzare, ma agli occhi di Peter il sorriso di Cathy illuminava l’atrio. — Hai qualche idea?
— Sì. Vorrei che tu venissi in biblioteca con me.
Di nuovo quell’espressione maliziosa. — Né tu né io siamo capaci di farlo in silenzio — disse Cathy. — Anche se andassimo a farlo in qualche sezione deserta, come dietro gli scaffali della letteratura canadese… sospetto che il rumore disturberebbe molto tutti gli altri.
Lui non potè fare a meno di sogghignare, e si piegò di nuovo a baciarla.
— Forse più tardi — disse, — ma prima avrei bisogno del tuo aiuto in una piccola ricerca, se non ti secca.
Si presero per mano e uscirono sul prato.
— Ricerca su che argomento?
— Sulla morte — disse Peter. Cathy spalancò gli occhi. — Perché?
— Oggi, poco fa, ero in sala operatoria per le mie ore di pratica. Mi sono occupato dell’ECG durante un’operazione per rimuovere un cuore destinato a un trapianto.
Gli occhi di lei si empirono di luce. — Una cosa affascinante, no?
— Sì, in effetti, ma…
— Ma cosa?
— Non credo che il donatore fosse morto, quando hanno cominciato a espiantare i suoi organi.
— Oh, avanti, non scherzare! — esclamò Cathy, lasciando andare la sua mano e prendendolo a braccetto.
— Non sto scherzando. La sua pressione sanguigna si è alzata quando il chirurgo ha cominciato a incidere, e le pulsazioni cardiache hanno accelerato. Questi sono sintomi classici di stress… o di dolore fisico. E la loro procedura richiede che anestetizzino il corpo. Pensaci un momento: devono anestetizzare una persona dichiarata morta.
— Sul serio?
— Sì. E quando il chirurgo ha tagliato il pericardio, il donatore ha ansimato con forza.
— Mio Dio. E il chirurgo cos’ha fatto?
— Ha ordinato di iniettare nel corpo una sostanza paralizzante, e poi si è limitato a continuare l’operazione. Tutti quanti sembravano convinti che quella fosse la cosa più normale e ragionevole del mondo. Naturalmente, prima che l’espianto fosse finito il donatore era del tutto morto.
Si lasciarono alle spalle il Lash Miller Building e girarono a nord verso Bloor Street. — E tu cosa cerchi di scoprire, adesso? — chiese Cathy.
— Voglio sapere come fanno a determinare che una persona è morta, prima di cominciare a espiantare i suoi organi.
Stavano facendo ricerche da circa un’ora quando Cathy tornò al tavolo dov’era seduto Peter. — Ho trovato qualcosa, qui — disse.
Lui la guardò con aria d’attesa.
La ragazza avvicinò una sedia e si poggiò sulle ginocchia un pesante volume rilegato.
— Questo è un libro sulle procedure dei trapianti, pubblicato l’anno scorso. Il problema coi trapianti, dice qui, è che non si può staccare il corpo del donatore dalle apparecchiature che lo mantenevano in vita senza incorrere in un grave inconveniente, perché una volta spente queste apparecchiature gli organi cominciano subito a deteriorarsi. Così, anche se il donatore è dichiarato morto, è probabile che il suo cuore non si sia mai fermato. Di conseguenza, almeno per quanto riguarda l’elettrocardiogramma, un donatore morto è vivo quanto lo siamo tu e io.